Il giovane passionista che visse con eroica serenità le più tremende prove
di Simona Marino
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“VOGLIO FARE SOLO LA VOLONTÀ DI DIO, NON LA MIA”
“Voglio fare solo la volontà di Dio, non la mia. Possa essere sempre fatta l’adorabile, amabile, più perfetta volontà di Dio”, in tal modo pensava, affermava, scriveva, viveva san Gabriele dell’Addolorata, al secolo Francesco Possenti, il giovane passionista nato ad Assisi il 1° marzo 1838, battezzato il giorno stesso della sua nascita nella medesima fonte in cui lo fu San Francesco d’Assisi, di cui ricevette lo stesso nome. Già tre anni dopo però, la famiglia Possenti si trasferì a Spoleto dove Francesco visse tutta la sua vita di giovane laico. Era figlio di un governatore dello Stato Pontificio ai tempi di Papa Gregorio XVI e in seguito di Papa Pio IX, l’avvocato Sante Possenti sposato dal 1823 con Agnese Frisciotti, morta ad appena 41 anni di età quando Francesco, l’undicesimo di tredici figli, aveva soltanto 4 anni. Il giovane Francesco, già orfano di madre, all’età di 17 anni perde anche la sorella Maria Luisa che ne aveva assunto il ruolo. Da quel momento, alla ricerca di un affetto che non lo abbandoni, si lega indissolubilmente alla Madre di Gesù. Sarà lei il suo incoraggiamento e lo stimolo per il suo progresso spirituale spinto dal desiderio di compiacere Maria. Lui diceva sempre: “il mio Paradiso è meditare i dolori della Madonna”.
Il padre, uomo integerrimo e forte nella fede che esprimeva con la Santa Messa giornaliera e la preghiera del Rosario, affidò il piccolo Francesco all’età di sei anni ai Fratelli delle Scuole Cristiane di Giovan Battista de La Salle, e nel 1850, a dodici anni, entra nel collegio dei Gesuiti. Profondamente devoto della Madonna Addolorata, promette di farsi religioso se fosse guarito da una malattia, ma rimanda il suo impegno fino a quando, il 22 agosto 1856, durante una processione dell’icona mariana bizantina del Duomo di Spoleto, riceve una locuzione della Madonna che gli disse: “tu non sei fatto per il mondo: che fai nel mondo? Presto, fatti religioso”! Dopo una prima richiesta di essere ammesso nella Compagnia di Gesù, nello stesso anno su consiglio del suo confessore scelse di entrare nella congregazione della santissima Croce e Passione fondata da San Paolo della Croce. Aveva 18 anni quando chiese di essere ammesso al noviziato di Morrovalle, nei pressi di Macerata, dove vestì l’abito passionista assumendo il nuovo nome di Gabriele di Maria Addolorata. Scriveva il 23 ottobre 1856, dopo poco più di un mese di noviziato: “la contentezza e la gioia che provo entro queste sacre mura è quasi indicibile, a paragone dei vani e leggeri passatempi che si gustano nel mondo. Assicuratevi pure, o papà mio, e credete ad un figlio vostro che vi parla col cuore alle labbra, che non baratterei un quarto d’ora di stare innanzi alla nostra consolatrice e speranza nostra, Maria Santissima, con un anno e quanto tempo volete con gli spettacoli e divertimenti del secolo”.
Al termine del noviziato pronunciò il voto di diffondere la devozione a Cristo Crocifisso; ma più tardi emise anche quello di diffondere la devozione alla Vergine Addolorata. La sua ardente pietà mariana che aveva nutrito con gli scritti di sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696-1787) e di san Luigi Grignion da Montfort (1673-1716), in particolare grazie al suo “Trattato della vera devozione alla Santa Vergine” scoperto nel 1842, Gabriele scrisse di suo pugno un “Simbolo Mariano”, una sorta di “credo” del giovane santo articolato in 49 affermazioni che portava appeso al collo come fosse uno scapolare per esprimere non solo la sua devozione, ma il suo essere figlio di Maria per volontà di Cristo Crocifisso. Evidentemente Gabriele comprendeva il mistero di Maria, la madre penetrata dalla spada della misericordia ai piedi della Croce. Vive con entusiasmo la rigidità della Regola, compie austere penitenze e mortificazioni, seguendo un percorso di formazione incentrato sulla meditazione della Passione di Cristo. Per completare gli studi in vista dell’ordinazione sacerdotale, viene inviato nel piccolo convento dell’Immacolata Concezione di Isola, ai piedi del Gran Sasso. Qui Gabriele moltiplica le pratiche ascetiche e le devozioni mariane, esercita la carità verso i poveri della zona, mentre va crescendo la stima di cui gode presso i superiori. I testimoni ci tramandano il ricordo di un giovane allegro, sereno, dedito all’ascolto dell’altro. Nel maggio del 1861 nella cattedrale di Penne (Pescara) riceve gli ordini minori. Non riuscì a coronare il desiderio di abbracciare il sacerdozio a causa della sua salute e delle drammatiche scelte politiche risorgimentali, persecutrici della Chiesa, che impedivano nuove ordinazioni. Gabriele morì il 27 febbraio 1862, e il suo corpo fu seppellito nella cripta della chiesa annessa al convento. Prima di spirare, fissando gli occhi al cielo disse: “fa presto, Mamma mia”. Quindi pregò: “Maria Mater gratiae, Mater misericordiae, Tu nos ab hoste protege et mortis hora suscipe”. Tutti pensarono che avesse avuto una visione di Maria Santissima, verso la quale aveva tenuto fissi gli occhi negli ultimi istanti della vita. La morte del giovane passionista fu ben presto ritenuta quella di un santo, in particolare il santo dei giovani perché morì a soli 24 anni a causa della tubercolosi ossea, che visse in eroica serenità, tanto che i confratelli desideravano stare al suo capezzale per riceverne beneficio. Fino a due mesi prima di spirare riuscì, con grandi sofferenze, a seguire le celebrazioni liturgiche.
Sono innumerevoli i miracoli avvenuti per sua intercessione: a migliaia si contano gli ex voto portati dai devoti in segno di riconoscenza al Santuario a lui intitolato, che si trova ai piedi del Gran Sasso, (Isola del Gran Sasso d’Italia). Proprio qui, secondo una tradizione mai smentita, nel 1215 san Francesco d’Assisi fondò un convento per il suo ordine francescano che vi rimase fino al tempo delle soppressioni napoleoniche degli ordini religiosi; in seguito il luogo divenne convento e santuario dei Passionisti che nel 1847 erano subentrati ai Francescani. Ma nel 1866, in seguito ai decreti di soppressione degli ordini religiosi emanati dal governo italiano, la comunità passionista fu costretta ad abbandonare il convento di Isola che fu definitivamente riaperto nel 1894. La tomba di Gabriele sembra abbandonata per sempre, ma non è così. Qui si chiude solo la prima fase della sua storia. La seconda fase inizia nel 1892, a trent’anni dalla morte di Gabriele, quando sulla sua tomba accadono i primi prodigi. Resterà definitivamente in Abruzzo e da allora ha inizio una catena ininterrotta di grazie e miracoli operati per sua intercessione. Al riguardo, ricordiamo il suo rapporto d’elezione con santa Gemma Galgani (1878-1903) la quale leggendo la sua biografia, rimane folgorata dalle virtù del giovane passionista. San Gabriele le appare, la conforta, la guida in un cammino mistico di straordinaria portata. Gemma lo sceglie quale suo patrono, contro le tentazioni diaboliche e a modello della sua esistenza. Mediante la sua intercessione, Gemma guarisce da una grave malattia e in una delle sue apparizioni, egli pone lo stemma passionista sul suo fianco, dicendole: “tu sarai passionista”.
Chi è dunque San Gabriele nel disegno eterno di Dio? Una risposta plausibile può trovarsi fra le righe della lettera che Papa Francesco ha inviato al Vescovo di Teramo Atri S. E. Lorenzo Leuzzi, in occasione dell’apertura del Giubileo per il centenario della canonizzazione di San Gabriele, durato fino al 27 febbraio 2022. Ivi leggiamo: “la sua testimonianza cristiana fu così straordinaria e singolare, da poter essere additata come modello per tutta la Chiesa, specialmente per le nuove generazioni […] Gabriele era un giovane del suo tempo, pieno di vita e di entusiasmo, animato da un desiderio di pienezza che lo spingeva oltre le realtà mondane ed effimere, per rifugiarsi in Cristo. Ancora oggi, egli invita i giovani a riconoscere in sé stessi il desiderio di vita e di appagamento che non può prescindere dalla ricerca di Dio e dall’incontro con la Sua Parola”. Gabriele è dunque un testimone luminoso della libertà dei figli di Dio, una libertà piena vissuta nella fede autentica, attuata nella consegna totale della propria vita alla volontà del Padre nostro che è nei Cieli mediante il suo abbandono filiale e fiducioso nelle mani di Gesù e di Maria.
Venne dichiarato beato da Papa Pio X il 31 maggio 1908 e in suo onore venne innalzata la prima basilica. Il 13 maggio 1920 Papa Benedetto XV lo canonizzò e pochi anni dopo, nel 1926, fu proclamato Compatrono della Gioventù Cattolica italiana insieme a san Luigi Gonzaga da Papa Pio XI e, nel 1959, Patrono d’Abruzzo da Papa Giovanni XXIII.