L’allenamento spirituale per migliorarci sempre di più

L’allenamento spirituale per migliorarci sempre di più

di Giuliva di Berardino

IL DIGIUNO, UNA DELLE PRATICHE PIÙ ANTICHE DI ASCESI

Siamo nel primo venerdì di Quaresima e la liturgia ci viene incontro per aiutarci a vivere questo tempo speciale di “allenamento spirituale” per migliorarci sempre di più. Il tema che affronta il Vangelo oggi è quello del digiuno, una delle pratiche più antiche di ascesi, una pratica fortemente corporea, che più di ogni altra ci fa avvertire il bisogno primario, originario di nutrirsi. Tutte le religioni hanno il digiuno, perché il bisogno primario che ha a che fare con la vita, col mantenersi in vita, inevitabilmente richiama il bisogno di Dio che il nostro cuore, la nostra anima avverte, in ogni cultura, in ogni tradizione, in ogni persona.

La forma cattolica del digiuno, attualmente praticata, non è limitata alla questione del cibo, ma per tutte le altre religioni digiunare significa privarsi del cibo. Certamente estendere questa pratica anche agli altri bisogni che oggi corrono il rischio di diventare primari per la nostra società non è una pratica sbagliata, ma acquista una dimensione diversa, forse più libera nell’interpretazione, ma non per questo meno seria. Ed è vero che nella nostra società occidentale, ci si può privare del cibo per tanti motivi: politici, sociali, religiosi, perfino lavorativi, e poi, bisogna ammetterlo, ormai siamo tutti presi da tante corse che privarci del cibo è diventato normale per molti, così come è diventato normale arrivare a sera e non aver neppure detto buon giorno al vicino di casa, o recitato una preghiera per qualcuno.

Ecco allora che il Vangelo oggi ci ricorda che è importante dare un senso alle privazioni che la vita ci offre, mettere la Sua Luce in ogni mancanza che viviamo, per poter cogliere, in questa mancanza, un fine ulteriore. Ecco perché Gesù, quando parla di cibo e di digiuno, parla di nozze e di festa: privarsi del cibo significa sempre e comunque vivere una mancanza, e questa mancanza ci fa sperimentare l’assenza della relazione, perché si mangia quando la gioia della vita riempie l’esistenza, mentre si digiuna quando tutto questo non c’è più.

Allora, se ci pensiamo bene, esercitarci alla mancanza ci può tornare utile, perché, se un giorno non dovessimo più avere abbondanza, almeno avremo la forza di sopravvivere. Vivere il digiuno è cercare in Dio solo il senso nascosto in relazioni spezzate, nelle rinunce assurde che la vita ci chiede di accogliere, negli imprevisti che ci scomodano e che ci impediscono di fare ciò che noi vorremmo fare. Digiunare è esercitarsi alla mancanza, per accogliere il senso profondo della vita, la Presenza di Dio che ci nutre e ci sostiene sempre, nonostante i nostri limiti.

Buona giornata con il Vangelo di oggi (Mt 9,14-15)

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».

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