Ciò che Satana più teme al mondo è che vi siano anime desiderose di salire il monte di Dio

Ciò che Satana più teme al mondo è che vi siano anime desiderose di salire il monte di Dio

di Padre Giuseppe Tagliareni*

SALI’ SUL MONTE

“Il Signore disse a Mosè: «Sali verso di me sul monte e rimani lassù: io ti darò le tavole di pietra, la legge e i comandamenti che io ho scritto per istruirli»… La Gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco divorante sulla cima della montagna. Mosè entrò dunque in mezzo alla nube e salì sul monte. Mosè rimase sul monte quaranta giorni e quaranta notti” (Es 24,12.17-18). “Quando io salii sul monte a prendere le tavole di pietra, le tavole dell’alleanza che il Signore aveva stabilita con voi, rimasi sul monte quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiare pane né bere acqua” (Deut 9,9).

La montagna è il punto più alto della terra: lì “scende” Dio, lasciando i cieli, luogo della sua dimora. In verità, Dio è assolutamente trascendente ogni cosa creata e perciò non “abita” né in cielo né in terra, ma è aldilà di tutte le cose: tutte le supera e tutte le fa essere quelle che sono. Egli pervade tutta la creazione pur distinto e separato da ogni cosa. Ma di fatto Egli si è rivelato sull’Oreb (Sinai) a Mosè e così fa intendere che per arrivare a Lui, semmai Egli si compiace di scendere, bisogna “salire sul monte”.

Oltre Mosè, anche Elia profeta fece una simile esperienza: fuggendo agli sgherri della regina  Gezabele, alimentato nel deserto da un cibo miracoloso portato dall’angelo, marciò per 40 giorni e notti “fino al monte di Dio, l’Oreb” (1 Re 19,8), dove ebbe la teofania, lo stesso monte dove anche Mosè aveva visto il roveto ardente e sentito la voce di Dio (cfr. Es 3,1). Più tardi, entrambi appariranno accanto a Gesù sul monte Tabor, nel momento della sua Trasfigurazione, come testimoni privilegiati della sua divinità incarnata nel Figlio dell’Uomo. Anche qui si conferma che Dio si manifesta sul monte e agli occhi di pochi eletti, saliti fino a Lui. Così i settanta anziani dell’antico Popolo di Dio sul Sinai (cfr. Es 24,9-11) e i tre Apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni sul Tabor (cfr. Mt 17,1-8). Dio sta in alto: per vederlo bisogna salire, tanto da staccarsi dal mondo.

Anche Gerusalemme città santa è posta sul monte e il tempio sul Moria, il monte dove Abramo aveva offerto a Dio il figlio Isacco. Ezechiele profeta fu portato “su un monte altissimo” (Ez 40,2) dov’era edificata una grande città e vide il nuovo tempio dalla cui soglia usciva un’acqua miracolosa (Ez 47,1): visione confermata secoli più tardi da S. Giovanni nell’Apocalisse. La vita viene da Dio, nel suo tempio posto sul monte. Pochissimi sono quelli a cui Dio si manifesta e si fa quasi toccare con mano, mentre molti sono quelli che possono godere i benefici dell’acqua che sgorga dal santuario: “un fiume d’acqua viva limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello” (Ap 22,1) scendeva nella città a portare vita e salute a uomini e piante. Il mistero di Dio si fa accessibile sul monte e dal suo tempio sgorga la vita perenne, segno della sua benedizione sugli eletti e della fine di ogni maledizione.

Gesù iniziò la sua vita pubblica con il battesimo di Giovanni nel fiume Giordano e i quaranta giorni di digiuno nel deserto, dove fu tentato dal Maligno, riportandone piena vittoria. Il suo cammino sarà segnato da tre monti: il primo sul lago di Genezaret, dove passò la notte in preghiera e scelse gli Apostoli e fece il “Discorso della montagna” sulle Beatitudini e la nuova Legge evangelica; il secondo monte fu il Tabor, dove si trasfigurò manifestando la sua gloria a Pietro, Giacomo e Giovanni; il terzo fu il Calvario, dove si immolò in sacrificio di lode a Dio sulla croce. In questi tre monti si manifestò Dio agli uomini, ma in modo molto più accessibile che nel Vecchio Testamento: sul lago Dio che insegna la legge del nuovo patto agli umili e ai poveri; sul Tabor Dio che mostra come diventerà l’uomo partecipe della gloria dei cieli; sul Calvario Dio che fatto uomo si offre come Vittima d’amore perché l’uomo abbia la vita eterna. In tutti e tre i punti si uniscono e quasi si toccano Cielo e terra, Dio e l’uomo in un dialogo d’amore e di misericordia.

L’uomo deve convertirsi a Dio e fare tutto un lungo cammino di ritorno a Lui, alla sua Legge, al suo Regno, da cui fu scacciato dopo il peccato delle origini. Tutto l’Antico Testamento parla di questo e promette la Benedizione, la “Terra dove scorre latte e miele”, la “redenzione d’Israele, la “nuova Gerusalemme”, un nuovo Tempio dove abita Dio-con-noi. Imitando e seguendo Gesù, la Chiesa propone continuamente la conversione, la penitenza, il ritorno a Dio attuato nella vita concreta.

Lungo l’anno liturgico propone il cammino quaresimale di quaranta giorni fino alla Pasqua di risurrezione, con due giorni di digiuno e di astinenza (Mercoledì delle Ceneri e Venerdì Santo), uno stile di vita sobrio per ricordare il cammino degli ebrei nel deserto e lo stesso digiuno di Gesù, un distacco dallo spirito di vanità dominante, per ascoltare la Parola di Dio che libera e salva ed acquistare nella preghiera prolungata la forza di sconfiggere il nemico dell’anima, Satana, che tenta in tutte le maniere di legarci al mondo e staccarci da Dio.

Lo sforzo volenteroso di seguire Gesù comprende la rinuncia al peccato e a tante vanità a cui abbiamo dato culto (denaro, piaceri, carriera, gioielli, lusso, avventure, etc.), rinuncia all’empietà e durezza di cuore, scelta decisa di nutrirsi abbondantemente di Parola di Dio ed Eucaristia, di purificarsi dai peccati commessi con la santa Confessione sacramentale, di beneficare il prossimo con opere di misericordia, di dedicarsi maggiormente alla preghiera di unione con Dio, di proporsi giorni di digiuno dal cibo e di rinuncia a tanti voluttuari.

La Chiesa è il nuovo Popolo di Dio, che ha il Cristo come suo Capo. Egli va avanti nel cammino verso il Padre; il Corpo segue. Il deserto quaresimale è necessario per temprarsi e affrontare vittoriosi la lotta contro il Nemico. Si va verso Gerusalemme e il tempio santo. Si va per celebrare la Pasqua, il passaggio sacrificale dalla morte alla risurrezione, da questo mondo al Padre.

Sul cammino di fede, Dio ci viene incontro sul monte: Sinai, Tabor, Calvario. Questi raffigurano la Legge (antica e nuova), la Beatitudine, il sacrificio totale di sé. Gesù ci fa da battistrada, da guida, da maestro, da viatico. In verità è Lui il santo monte dove Dio scende, il sacro tempio dove abita, il costruttore della Città santa e suo Re, che vi risplende come Sole di giustizia per tutti gli eletti. Le asprezze e i pericoli del cammino sono tanti: più si sale e più i nemici si fanno numerosi e minacciosi.

Ciò che Satana più teme al mondo è che vi siano anime desiderose di salire il monte di Dio e perciò tenta di tutto per far tornare indietro: ingenerare paure e terrori, sedurre con falsi carismi, inchiodare a peccati e difetti, dipingere Dio come giudice inflessibile e irato,  fare disperare della salvezza o al contrario far presumere di essere già santi e arrivati. Ma Dio e la Vergine Madre vengono in soccorso ai figli fedeli e di buona volontà: essi sperimentano che dove è più grande la miseria, lì abbonda la divina Misericordia, sol che vi sia fiducia e umiltà. E così continuano a salire sul monte fino a vedere Dio.

 

 

 

 

* Padre Giuseppe Tagliareni
(29 luglio 1943 – 25 gennaio 2022),
è il fondatore dell’Opera della Divina Consolazione

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