In Ucraina la guerra continua e nessuno vuole trattare

In Ucraina la guerra continua e nessuno vuole trattare

di Pietro Licciardi

L’UNICO MODO PER FARE FINIRE LA GUERRA SEMBRA UNA AZIONE RISOLUTIVA SUL CAMPO. I RUSSI HANNO GIA INIZIATO. GLI UCRAINI ASPETTANO L’ESTATE E I CARRI EUROPEI 

InFormazione cattolica ha intervistato ancora una volta Ugo Poletti, italiano che vive a Odessa, in Ucraina, fondatore e direttore del The Odessa Journal e attento osservatore delle vicende ucraine e russe per chiedere innanzitutto qual è il morale della popolazione ucraina dopo un anno di guerra sanguinosa che ha portato lutti e distruzione.

«Proprio in questi giorni», risponde Poletti, «l’organizzazione indipendente Security Index ha pubblicato un sondaggio che mostra come il 95% degli ucraini sia deciso a combattere anche a costo di subire attacchi aerei sulle città mentre il 90% prenderebbe in considerazione un negoziato di pace solo a condizione che i russi si ritirassero da tutti i territori conquistati, compresa la Crimea e solo l’1% Sarebbe disposto a parlare di pace adesso. Tutti i sondaggi vanno presi un po’ con le pinze ma in base a quello che anche io respiro credo che la volontà degli ucraini sia proprio questa».

Eppure poco più di due settimane fa Aleksey Arestovich, dopo essersi dimesso dalla carica di primo consigliere di Zelensky. in un Tweet ha rivelato che sono parecchi nello stesso governo a pensare ormai che la vittoria di Kiev non sia più garantita, anzi che sia addirittura improbabile. Quali reazioni ci sono state dopo queste dichiarazioni?

«Arestovich lo considero un opinion maker molto interessante e intelligente che, essendo un intellettuale prende anche posizioni “dubbiose”. Si è anche dovuto dimettere perché oggetto di un linciaggio morale sui social. Credo ci sia stato lo zampino di alcuni oppositori di Zelensky. Tuttavia vediamo cosa si intende per vittoria. La riconquista di tutti i territori in effetti non è garantita. Personalmente però ritengo che gli ucraini sono nella posizione di poterci sorprendere di nuovo quando arriveranno le nuove truppe in addestramento e i nuovi mezzi corazzati. Mi aspetto una vittoria limitata, mentre una vittoria totale, con una Russia che ha deciso di non mollare, non è affatto facile».

Ma a premere per una pace sono pure gli americani. In una conferenza stampa che si è svolta nella base aerea di Ramstein in Germania il segretario di Stato americano alla difesa Lloyd Austin e il generale Mark Milley capo di stato maggiore congiunto hanno sostanzialmente detto che nel 2023 gli ucraini non hanno grandi possibilità di cacciare i russi dal loro territorio e che tutto dovrà finire sul tavolo dei negoziati. A questo si aggiunge l’invito che Milley circa due mesi fa rivolse agli ucraini: trattate coi russi fintanto siete ancora in una posizione di vantaggio.

«Al di là delle dichiarazioni il grande successo di Kiev credo sia stato di aver sbloccato le forniture di armi pesanti, in particolare carri armati, facendo rimuovere il veto politico agli europei. Non sappiamo questi carri quanti saranno ma una volta rimosso il blocco potrebbero essere anche in numero maggiore di quello promesso. Forse certi messaggi sono un invito rivolto agli ucraini a mantenere la calma in preparazione di un negoziato. Negoziato che oggi non è possibile per quello che ho detto all’inizio ma che forse lo sarà dopo che l’esercito avrà ripreso ad avanzare e russi si saranno resi conto che non ci possono fare nulla. E quando un esercito non fa che arretrare subendo perdite finisce la voglia di combattere. Credo il momento della verità arriverà verso l’estate, dopo le piogge primaverili»

I carri armati arriveranno ma si dice non prima di Maggio e anche gli aerei promessi, se arriveranno, potranno volare solo dopo che gli equipaggi avranno terminato l’addestramento. Dopo tutti questi tira e molla gli ucraini sono ancora filo europei o ci stanno ripensando?

«L’aspirazione dell’Ucraina è sempre l’Occidente e soprattutto di fare i conti col passato sovietico e prima ancora imperiale russo, anche con metodi che a noi non piacciono, come l’abbattimento delle statue. Al di là dei conti della serva su quanti carri armati manda l’Europa ci si rende conto che il processo è avviato. Del resto Putin questo inverno ha bombardato le città ucraine non per terrorizzare gli ucraini ma l’opinione pubblica europea e per attivare i pacifisti. Allo stesso modo ha minacciato di arruolare un milione di soldati per alzare il costo della guerra e vedere se l’Europa era disposta a fare altrettanto. Ebbene la reazione occidentale è stata quella di cominciare a dare agli ucraini i mezzi per terminare la guerra prima e non allungarla come vorrebbero i russi. Questo ha creato un grosso problema a Mosca che adesso deve vincere lei entro quest’anno perché ogni mese che passa andrà peggio. I russi è vero che possono arruolare molti più soldati ma non avendo più un esercito basato sulla leva hanno parecchi problemi di addestramento, mentre gli ucraini no e possono mandare i propri soldati ad addestrarsi anche in altri paesi Nato. E poi la logistica russa non consente in ogni caso di avere sul terreno più di 300mila uomini alla volta. In poche parole non lasciamoci ingannare dai numeri».

In ogni caso i numeri da parte degli europei non potranno che restare bassi per ragioni oggettive: noi di armi negli arsenali nonostante le lamentazioni dei pacifisti, ne abbiamo davvero poche; ma senza armi la guerra pur con tutta la determinazione non si fa. Gli ucraini ne sono consapevoli?

«Gli ucraini hanno poca diplomazia e quando oltretutto si è bombardati e i propri cari muoiono al fronte ci si esprime con una certa veemenza ma sono consapevoli che la guerra si regge sul supporto occidentale, tuttavia dicono anche che quello che stanno subendo è da parte di un personaggio e di un sistema che in caso vincesse creerebbe al mondo altri problemi e altri conflitti. Se domani l’Ucraina cedesse non immagino certo una Russia che attacca la Polonia, sarebbe impensabile, ma certamente attaccherebbe la Georgia, la Moldavia e troverebbe altri stati fragili da travolgere e includere nella propria influenza. La domanda che si è fatto l’Occidente è: ci conviene questa prospettiva? Siamo ancora convinti che il diritto internazionale serve? Quindi l’Ucraina va aiutata non perché è simpatica o ci dispiace quello che gli sta succedendo ma perché si è convinti che bisogna ancora difendere un diritto internazionale e il mondo da certi atteggiamenti aggressivi. Anche perché se la Russia la fa franca oggi altri potrebbero domani decidere di annettersi con la forza il vicino più debole. Questo è ciò che gli Ucraini pensano e che con la loro assertività e poca diplomazia dicono all’Occidente, convinti che stanno combattendo anche per lui»

I fatti in questo momento ci dicono che la Russia è al tappeto e ha perso la faccia dimostrando di non avere la potenza che pretende. Anche sul campo, nonostante tutto, sembra ancora arrancare. L’obiettivo di ridurla a più miti consigli sembrerebbe raggiunto. A questo punto trattare è ancora così prematuro?

«Putin ha già rifiutato due proposte di pace avanzate dagli americani senza interpellare gli ucraini. Fintanto i russi continuano a minacciare, bombardare le città e mandare ragazzi al fronte per cercare la spallata risolutiva purtroppo non si apre nessuna trattativa. Gli ucraini da parte loro non hanno scelta perché non appena Zelensky, con il 95% della popolazione che non vuole trattare, apre uno spiraglio non solo finisce male ma poi incoraggerebbe l’aggressività russa. Bisogna arrivare al punto in cui entrambi i vertici militari si renderanno conto che combattere ancora è insensato e smetteranno di farlo. Quando questo succederà non lo sappiamo ma siamo aperti a delle sorprese perchè comunque la società russa sta patendo e ogni mese che passa è un mese di sacrifici».

Qui l’intervista completa

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