Il pellegrino mendicante di Dio
di Paola Liberotti
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LA VITA DI SAN BENEDETTO GIUSEPPE LABRE
Ci sono poche figure di Santi come San Benedetto Giuseppe Labre. La sua è stata certamente un’esperienza di Santità particolare, vissuta nell’Amore totalizzante a Cristo e al Vangelo, come racconta efficacemente Angelo Lai nel suo ultimo libro: “San Benedetto Giuseppe Labre – Il pellegrino mendicante di Dio”, pubblicato dalle Edizioni Segno (pagg. 64, euro 9).
Non molti conoscono la sua vita, trascorsa come “vagabondo di Dio” specialmente nell’Adorazione Eucaristica delle Quarantore: egli ha contemplato l’Altissimo Mistero del Sacrificio Eucaristico anche grazie a una grande pietà mariana, muovendosi continuamente fra un’esistenza povera e dimessa e le Altezze Soprannaturali del Cielo.
Moltissime le chiese a Roma che lo hanno accolto: soprattutto si segnala, tra le altre, Santa Maria ai Monti, dove riposano le sue spoglie. “L’Imitazione di Cristo”, la Regola di San Benedetto e un Vangelo, uniti alla corona del Santo Rosario, erano il suo unico possesso, libero da altro che non fosse Dio.
Pur essendo un senza fissa dimora, vivendo in mezzo ad una strada o sotto una colonna al Colosseo, non dimenticava mai di farsi prossimo alle povertà degli altri.
Nel volume si racconta che “Benedetto era convinto che quando si trattava di carità verso il prossimo tutto doveva essere sacrificato!”.
San Benedetto Giuseppe Labre morì, consunto dai tanti stenti ma “bruciato” letteralmente dal Fuoco dell’Amore Divino, a soli trentacinque anni di età, nel retrobottega di un negozio nel cuore del Rione Monti: il suo nome resta impresso nei tanti che lo hanno conosciuto, tanto da essere considerato subito Santo.
Nelle pagine che scorrono veloci si apprende che ”sdraiato su un giaciglio, Benedetto consegnò la sua anima a Dio con grande dolcezza.
Venne canonizzato l’8 dicembre 1881: data emblematica che ricorda la sua sincera devozione a Maria Santissima.