I quattro Novissimi: ovvero ciò di cui non si parla quasi più
di Paola Liberotti
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PRIMA DEL GIUDIZIO UNIVERSALE I DESTINI SONO TRE: INFERNO (DEFINITIVO), PURGATORIO (TRANSITORIO) O PARADISO (DEFINITIVO). DOPO IL GIUDIZIO UNIVERSALE, IL PURGATORIO SPARIRÀ
E’ stato recentemente pubblicato dalle Edizioni Segno un piccolo libro dal titolo interessante: “I quattro novissimi secondo le rivelazioni del Cielo a vari Santi” (pagg. 128, euro 8), dedicato a un argomento un tempo insegnato nel Catechismo “tradizionale”, ma che attualmente sembra quasi essere scomparso dalla maggior parte delle omelie.
A proposito della sua fondamentale importanza, invece, giova ricordare l’opinione di San Tommaso d’Aquino, somma autorità in campo teologico, nonché l’ispiratore di Dante per la sua Divina Commedia (definita “San Tommaso in poesia”): il quale afferma solennemente che nei problemi di Fede, dove non c’è definito nulla dalla Sacra Scrittura, o dalla Chiesa o dai suoi Concili, occorre stare a quello che Dio ha manifestato ai Santi nel corso dei secoli dell’Era Cristiana.
La Dottrina Cattolica, infatti, da sempre insegna, in merito ai destini di ogni uomo, ovvero ai novissimi, alcune certezze che fanno parte integrante della nostra Fede, oggi purtroppo misconosciuta, nonché oggetto di una crescente confusione in materia.
Per sapere qual è il destino dopo la morte bisogna innanzitutto considerare correttamente come sia fatto l’uomo. Esso è composto di un corpo, molto simile al corpo di altri animali, e di un’anima, un principio spirituale sede dell’intelligenza e della volontà, che appunto anima il corpo, e senza la quale non c’è un uomo ma un cadavere che presto va in putrefazione. A differenza dagli animali, l’anima umana è spirituale ed immortale: non si identifica con il corpo, anche se entrambi sono necessari perché ci sia l’essere umano nella sua interezza.
Durante la vita su questa terra l’uomo ha la possibilità, grazie alla ragione e alla volontà, di compiere il bene o il male, ed è sempre in tempo a scegliere, fino all’ultimo istante, tra il Regno di Dio e Satana. Al momento della morte – come insegna la Costituzione Apostolica Benedictus Deus nel 1336 – l’anima abbandona il corpo e non può più decidersi pro o contro Dio, ma viene giudicata in base alle scelte fatte fino ad allora. È il momento della verità, nel quale non si può ingannare il Giudice divino né se stessi. Dallo stato in cui si viene trovati al momento della morte si decide la nostra sorte eterna: il Paradiso, l’eterna beatitudine di stare al cospetto del nostro Padre, Creatore e Salvatore in comunione con i fratelli, oppure l’infinita sofferenza dell’Inferno, in compagnia di Satana, dei demoni e dei dannati.
Un istante dopo la morte avviene subito il giudizio particolare, e la relativa sentenza: o salvati o perduti, senza possibilità di un secondo grado di giudizio. Il Purgatorio non è una via intermedia, perché , in realtà, è già la dimensione della Salvezza. L’idea della reincarnazione, con la quale si toglie la responsabilità e il valore delle scelte morali nella vita, è rigettata come falsa dall’insegnamento cristiano (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1013 ed Eb 9,27). Dovremo rendere conto davanti a Dio, davanti ai fratelli, cui abbiamo fatto del bene o del male, e davanti a noi stessi. Il nostro Giudice sarà Gesù (Gv 5,26-27), che proprio perché ha fatto esperienza della vita umana, conosce la nostra fragilità e meschinità: non lo si potrà ingannare, ma sarà un giudice benevolo, perché è il nostro Salvatore. Prima del Giudizio Universale i destini sono tre: Inferno, Purgatorio o Paradiso. Dopo il Giudizio universale, il Purgatorio sparirà.
Quindi, “rinfrescandoci la memoria” con quanto insegnato da secoli nella nostra Fede, e confermati da tante autorevoli testimonianze dei Santi vissuti prima di noi, è fondamentale che restiamo saldi nella Verità, nonostante tutto: sperando di essere pronti, nell’ora in cui il Signore ci chiamerà a Sé, per essere trovati degni di stare per sempre alla Sua Presenza.