La meta del cristiano è la vita eterna in cui vivrà in pienezza la beatitudine
di don Ruggero Gorletti
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COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 29 GENNAIO 2023 – IV Domenica per Annum
Dal vangelo secondo san Matteo (5, 1-12°)
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
COMMENTO
Questa domenica siamo chiamati a riflettere sulle beatitudini, quasi a dire che il primo dono che il Signore vuole farci è la felicità.
Il brano delle beatitudini è la prima parte del cosiddetto Discorso della Montagna. Il monte è il luogo della rivelazione di Dio all’uomo: pensiamo alla Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor, dove Gesù si è mostrato così come realmente è, in tutta la sua gloria, oppure al monte Sinai, il monte della promulgazione della legge di Dio, dei Dieci Comandamenti. Matteo, ricordando che Gesù era sul monte, lo propone come il nuovo Mosè, colui che porta la legge nuova, che non abolisce l’antica legge ma la porta a compimento. Gesù si pone dunque ad insegnare, e lo fa in modo molto semplice, ma anche molto solenne: sale sul monte, chiama vicino a Sé i Suoi apostoli, e si siede: è la posizione del maestro e la sua stessa postura è autorevole.
Il verbo insegnare in Matteo è usato molto raramente, qui e in un solo altro passo, a significare che Gesù non sta dicendo il suo parere, ma è l’interprete autorizzato (essendo Egli stesso Dio) della parola di Dio contenuta nell’Antico Testamento.
Beati i poveri in spirito: è la prima beatitudine, indica l’atteggiamento fondamentale per accogliere il Regno. I poveri in spirito sono coloro che si considerano poveri di fronte a Dio, quelli che nella vita hanno imparato a contare solo su Dio, che sanno di avere bisogno di Lui, che non si illudono di essere autosufficienti;
Beati coloro che sono nel pianto, perché saranno consolati. Il Signore non ci vuole tristi, lo dice espressamente che ci vuole felici, si pensi al passo dell’Apocalisse in cui promette che asciugherà ogni lacrima. Coloro che piangono sono quelli che soffrono per gli ostacoli che il mondo pone all’adempimento della volontà divina di salvezza, dell’uomo che non si rassegna ad accettare la realtà di una società e di un mondo dove Dio, Gesù, la giustizia divina, la legge dell’amore sono i grandi assenti, dove si vive come se Dio non ci fosse.
Beati i miti perché erediteranno la terra: i miti non sono i timorosi, ma sono coloro che accettano senza rancore o amarezza la propria condizione e trovano la forza per una coraggiosa sopportazione. La terra, in questo contesto, è la terra promessa, il regno dei cieli, il nuovo modo di vivere, secondo lo spirito di Dio, che Gesù inaugura. Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati: la fame e la sete nella Bibbia indicano il tendere a Dio ed avere nostalgia di Lui. La giustizia indica la volontà di Dio. La giustizia, il fare la volontà del Padre: queste parole indicano l’agire umano necessario per entrare nel Regno dei Cieli, per salvarci l’anima.
Beati i misericordiosi perché otterranno misericordia: il misericordioso, nella Bibbia, è solo Dio. I misericordiosi sono coloro che lo imitano, sapendo comprendere e perdonare il prossimo, come ripetiamo nella preghiera del Padre Nostro. Beati i puri di cuore perché vedranno Dio. Il cuore nella Bibbia non è solo sentimento, è il centro della persona umana, il luogo dell’intelletto e della volontà, delle decisioni della vita. Il cuore puro non indica solamente la purezza sessuale, ma la purezza interiore con cui la persona prende delle decisioni che sono oneste e corrette e non falsate dall’egoismo e dalla superficialità. Ciò che corrompe l’uomo non sono le cose materiali, ma il peccato. Il peccato genera le azioni cattive, che corrompono tutto l’uomo.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Gli operatori di pace non sono quelli che non litigano, che chiudono un occhio per amore del quieto vivere, ma sono coloro che si danno da fare per aiutare gli uomini a non vivere in conflitto tra loro, perché la pace è un dono di Dio, ma anche un compito dell’uomo. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il Regno dei Cieli. I perseguitati sono quelli che soffrono per il Vangelo, per il nome di Gesù. Sappiamo che ancora oggi sono tantissimi i nostri fratelli che soffrono per la fedeltà a Dio, imitando Gesù sulla croce.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e mentendo diranno ogni sorta di male di voi per causa mia: la beatitudine è rivolta a coloro che vivono imitando Gesù in croce. Gesù promette loro una grande ricompensa, la più grande: il vivere per sempre in comunione con Dio e partecipare pienamente alla resurrezione di Gesù.
Ai discepoli è riservato un premio certo: la beatitudine, la felicità cioè a cui ogni uomo anela, consciamente o no. Ma questo premio non è racchiuso in questa vita: è per la vita eterna. Il Signore non ci promette di renderci facile la vita quaggiù, non ci ha mai detto che il nostro impegno cristiano sarà ricompensato su questa terra. Una religione che non avesse come ultima meta la vita eterna non sarebbe la fede cristiana, sarebbe una falsa credenza che ci siamo inventati noi. È però vero che chi vive nello spirito delle beatitudini può raggiungere anche in questa vita uno stato di serenità che vince ogni affanno, di intima letizia che nulla può insidiare, di pace profonda che sussiste anche quando il mare della nostra vita è agitato dalle tribolazioni.
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