In Asia l’autoritarismo statale inasprisce l’oppressione contro i cristiani
a cura di John Pontifex, John Newton e Fionn Shiner*
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L’AUTORITARISMO STATALE HA RAPPRESENTATO UN FATTORE CHIAVE NELL’INASPRIMENTO DELL’OPPRESSIONE CONTRO I CRISTIANI IN BIRMANIA (MYANMAR), CINA, VIETNAM E IN ALTRI PAESI. NEL PEGGIORE DEI CASI, LA LIBERTÀ DI RELIGIONE E DI COSCIENZA VIENE SOFFOCATA, COME AVVIENE IN COREA DEL NORD. ALTROVE IN ASIA, IL NAZIONALISMO RELIGIOSO HA CAUSATO UN AUMENTO DELLE PERSECUZIONI CONTRO I CRISTIANI IN AFGHANISTAN, INDIA, PAKISTAN E IN ALTRI PAESI
In Asia seppur in misura diversa, dalle restrizioni più severe del Vietnam al divieto quasi assoluto della Corea del Nord, l’autoritarismo statale limita – o persino soffoca – la capacità dei credenti di praticare liberamente la propria religione. Benché i tentativi governativi di regolamentare la pratica religiosa dei cittadini non siano esclusivi di questa regione, tali limitazioni caratterizzano fortemente alcuni Paesi dell’Asia.
La Cina continua a perseguitare e a tentare di controllare i cristiani e i membri di altri gruppi religiosi che non accettano la linea ufficiale del Partito Comunista. Non sorprende pertanto che nell’analisi del Pew Forum sulle restrizioni imposte dalle autorità alla religione il Paese abbia ottenuto il punteggio più alto di qualsiasi Stato nazionale (Pew Research Centre, Globally, Social Hostilities Related to Religion Decline in 2019, While Government Restrictions Remain at Highest Levels, Rapporto 2021, p. 61, https://www.pewresearch.org/religion/wp-content/uploads/sites/7/2021/09/PF_09.30.21_religious.restrictions_AppendixA.pdf, consultato il 14 luglio 2022).
In Myanmar l’esercito ha ripreso ad attaccare i cristiani, dopo la pausa registrata durante l’amministrazione di Aung San Suu Kyi. Nonostante la giunta abbia in precedenza promosso il Buddismo come norma sociale del Paese, ora prende di mira sia le pagode che le chiese, attaccando chiunque si opponga al colpo di Stato del 2021. Il nazionalismo religioso gioca altresì un ruolo significativo nella repressione del Cristianesimo e delle altre fedi minoritarie. L’Afghanistan rappresenta il peggiore dei casi, con i talebani che impongono alla società una rigida interpretazione della legge della shari’a.
Anche le Maldive impongono un Islam estremamente rigoroso, rifiutando persino la cittadinanza ai non musulmani. In entrambi i Paesi è quasi impossibile stimare la popolazione cristiana, perché la fede islamica viene imposta come norma culturale. In India e nello Sri Lanka il nazionalismo religioso non è così totalizzante, ma genera continui attacchi contro i cristiani e le altre minoranze. I gruppi nazionalisti hindutva e buddisti singalesi prendono di mira i cristiani e i loro luoghi di culto, con la complicità della polizia, che arresta i fedeli e interrompe le funzioni religiose.
Le vittorie politiche dei partiti nazionalisti religiosi – Podujana Peramuna in Sri Lanka e Bharatiya Janata Party (BJP) in India – rafforzano e incoraggiano un clima in cui le minoranze sono considerate “diverse”. Questa “estraneità” si registra anche in Pakistan, dove i cristiani e gli appartenenti ad altre fedi non islamiche sono spesso vulnerabili all’interno della società e soggetti a maggiori rischi di aggressioni, arresti e violenze, che in alcune zone del Paese includono sovente rapimenti e stupri. Le credenze religiose maggioritarie sono considerate la norma, favorendo la percezione che il Pakistan sia uno Stato musulmano monolitico, in netto contrasto con la visione del fondatore Jinnah.
La diffusione del Covid-19 ha portato alla luce i problemi dei cristiani e delle altre minoranze in tutta l’Asia, molti dei quali sono cominciati all’inizio del 2020, e sono dunque al di fuori del periodo in esame. Ad esempio, nell’aprile 2020 Aiuto alla Chiesa che Soffre ha ricevuto segnalazioni che, in Pakistan, la filiale locale del Saylani Welfare International Trust ha ignorato le case cristiane durante la distribuzione di cibo alle famiglie povere colpite dalla pandemia nel distretto Korongi di Karachi (John Pontifex, Pakistan: Christians “denied” food aid, “Aiuto alla Chiesa che Soffre – Regno Unito”, 2 aprile 2020, https://acnuk.org/news/pakistan-christians-denied-food-aid/, consultato l’11 luglio 2022). Questa situazione è durata tutto l’anno, con le ONG islamiche che non hanno off erto soccorso ai non musulmani, quando gli aiuti provenivano dalle off erte zakat, una forma di elemosina religiosa da parte degli aderenti all’Islam (John Pontifex, Pakistan: Christians denied COVID-19 aid, “Aiuto alla Chiesa che Soffre – Regno Unito”, 12 maggio 2020, https://acnuk.org/news/pakistan-christians-denied-covid-19-aid/, consultato l’11 luglio 2022). Sebbene si tratti di una questione molto dibattuta nell’Islam contemporaneo, esiste una tradizione secondo la quale i non musulmani non sono degni di ricevere la zakat (Cfr. Marwan Abu-Ghazaleh Mahajneh, Itay Greenspan and Muhammad M. Haj-Yahia, Zakat giving to Non-Muslims: Muft is’ attitudes in Arab and Non-Arab countries, “Journal of Muslim Philanthropy and Civil Society” 5.2, pp. 66-86).
Le violazioni statali della libertà religiosa durante la pandemia di coronavirus si sono tradotte in diversi tipi di limitazioni: da quelle ben intenzionate ma draconiane a quelle premeditate e apertamente repressive. Lo Sri Lanka è rientrato nella prima categoria. Nel Paese asiatico, i cristiani e i musulmani hanno protestato contro l’imposizione da parte del Ministero della Salute della cremazione obbligatoria per tutti i casi accertati o presunti di decessi causati dal Covid-19, una misura che andava ben oltre le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e non rispettava la tradizionale pratica di sepoltura di entrambe le comunità. In Vietnam, invece, il coronavirus ha rappresentato un pretesto per un’azione repressiva contro i cristiani, che a Hồ Chí Minh sono stati perfino incolpati della diffusione del virus.
In sintesi
In Russia prosegue l’applicazione della legge Yarovaya che ha aumentato le restrizioni alla religione e che vieta di predicare, pregare e diffondere materiale al di fuori dei luoghi designati.
In Cina le autorità hanno aumentato la pressione sui cristiani, mediante arresti indiscriminati, chiusura forzata delle chiese e uso di sistemi di sorveglianza oppressivi.
In Corea del Nord si ritiene che l’estrema persecuzione anti-cristiana abbia raggiunto il livello di genocidio, con segnalazioni di omicidi, aborti forzati, infanticidi e schiavitù.
In Afghanistan l’ascesa dei talebani ha costretto alla clandestinità i pochi cristiani rimasti, che oggi vivono nella paura di essere arrestati, torturati e giustiziati.
In Pakistan sono in aumento aggressioni, violenze e persecuzione religiosa ai danni delle giovani donne. Immutata la strumentale applicazione della legge sulla blasfemia per colpire la minoranza cristiana.
In India durante il periodo preso in esame si è registrato il record di oltre 800 attacchi ai danni dei cristiani. L’elemento comune è stato il mancato intervento della polizia per individuare i responsabili.
In Vietnam il colpo di Stato militare dell’ottobre 2021 ha fatto ripiombare i cristiani nella paura, con un aumento della persecuzione.
Alle Maldive la continua oppressione statale costringe tuttora i cristiani alla clandestinità. L’esposizione pubblica di simboli cristiani o l’importazione di Bibbie possono comportare l’arresto.
Nello Sri Lanka nonostante le autorità continuino a interferire con le attività delle comunità cristiane, a differenza del periodo precedente non si sono verificati incidenti di rilievo.
In Birmania (Myanmar) dopo il colpo di Stato militare la giunta ha ripreso a prendere di mira
i cristiani e i loro luoghi di culto. È una delle realtà del mondo che desta maggiore preoccupazione.
* Testo tratto da “Perseguitati più che mai –
Rapporto sui cristiani oppressi per la loro fede 2020-2022”,
traduzione italiana a cura di
Aiuto alla Chiesa che Soffre – Italia (https://acs-italia.org/)