La sposa non può attendere
di Franco Olearo*
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SIAMO NEL 1949: È BELLO PENSARE CHE A QUEL TEMPO IL PUBBLICO NON AVEVA BISOGNO DI RACCONTI COMPLESSI PER ESSERE ORIENTATO AL BENE.
Questo film, disponibile gratuitamente su Raiplay, è un bell’esempio, di come nel 1949 si potevano realizzare film che parlano di conversione all’onesta e al bene con la presenza, addirittura, di suore conventuali, che si interrogano, di fronte a certi fatti accaduti, su quale sia la volontà del Signore. Anselmo è un uomo che si è sempre concentrato sui suoi affari ma ora, a quarant’anni, ha deciso di sposarsi. Indossa l’abito da cerimonia e prende la macchina per recarsi da Roma a S. Biagio, dove si svolgerà la cerimonia. La promessa sposa si chiama Donata, figlia di imprenditori agricoli di quel paese. Durante il viaggio, nell’attraversare un ponte, viene fermato da alcune persone. Una ragazza si è buttata in acqua, si tratta di un tentato suicidio ma nessuno di loro sa nuotare… Dopo un momento di esitazione è Anselmo che si tuffa. Nell’abitazione di alcuni contadini del posto, rivediamo Anselmo che attende che il suo abito venga stirato mentre la ragazza, che è incinta, giace su di un letto ancora sconsolata. Anselmo vede che il tempo passa e che rischia di arrivare in ritardo alla cerimonia: sta per ripartire quando i contadini che lo hanno ospitato mostrano di non aver nessuna intenzione di tenersi in casa la ragazza. Anselmo non trova altra soluzione che farla salire in macchina e portarla a un vicino convento di suore. Arrivato a San Biagio con tre ore di ritardo, finalmente il matrimonio viene celebrato ma arriva alla festa la notizia che Anselmo ha portato una ragazza, prossima a partorire, in un convento. Lui professa la sua innocenza ma tutti credono che sia lui il mascalzone che ha messo incinta la ragazza.
Il film prosegue giocando molto sulle situazioni comiche che si determinano intorno all’equivoco di cui è vittima Anselmo ma ora proprio quel bene che ha compiuto nei confronti di un’altra persona sta trasformando anche lui. Il primo seme viene gettato dalla ragazza stessa: se Anselmo riconosce come accettabile un matrimonio di interesse o di convenienza, lei risponde che non ha senso un matrimonio senza amore e rifiuta l’idea di un matrimonio riparatore. Poco dopo, nel convento di suore dove può finalmente lasciare in mani sicure la ragazza, si innesca un ulteriore momento di riflessione: una suora instilla in lui un dubbio, un punto di vista differente: «Cristo ci fa trovare lungo la strada delle occasioni per metterci alla prova: chissà che ha voluto da lei nostro Signore». Ormai Anselmo è pronto e il punto di rottura avviene proprio durante la festa per il matrimonio: i genitori di Donata, mostrano di avere un approccio alle situazioni non molto dissimile dall’Anselmo di prima maniera: di fronte alla prospettiva di un genero colpito da uno scandalo, occorre solo mentire e pagare chi occorre pagare. Ma Anselmo rifiuta ormai un simile approccio: per lui è come se la sua vita iniziasse da quel momento e la sua ormai sposa, è d’accordo con lui. Dalla descrizione fatta si intravede chiaramente la debolezza di questa storia: ha le sembianze di una parabola edificante, di una tesi da dimostrare. Ma siamo nel 1949 ed è bello pensare che a quel tempo il pubblico non aveva bisogno di racconti complessi per accettare di venire orientato al bene.
Il signor Anselmo è interpretato da un impareggiabile Gino Cervi che forse gigioneggia troppo a scapito degli altri protagonisti. È bello vedere Gina Lollobrigida in una delle sue prime interpretazioni ma forse si poteva sviluppare di più il suo personaggio.
*redattore/editore del portale FamilyCinemaTv