Il contrario del relativismo non è l’assolutismo (o il dogmatismo)
di Eugenio Capozzi
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IL CONTRARIO DEL RELATIVISMO È LA CONVINZIONE CHE LA REALTÀ IN QUANTO TALE ESISTA, CHE ESISTA DUNQUE LA VERITÀ, E CHE SIA POSSIBILE RAGGIUNGERLA ATTRAVERSO IL RAGIONAMENTO E IL DIALOGO
Leggo o ascolto persone anche molto stimabili affermare, commentando il pensiero di Joseph Ratzinger, che il contrario del relativismo sarebbe l’assolutismo o il dogmatismo.
Questo non è vero. Relativismo significa affermare che non esiste la verità, ma solo punti di vista soggettivi, tutti ugualmente legittimi, tra cui nel dibattito prevale quello retoricamente più efficace.
L’esito estremo (difficilmente evitabile) del relativismo è il nichilismo, cioè l’idea secondo cui non esiste nemmeno la realtà in quanto tale.
Il contrario del relativismo è la convinzione che la realtà in quanto tale esista, che esista dunque la verità, e che sia possibile raggiungerla attraverso il ragionamento e il dialogo, perché l’uomo è un essere razionale, aperto alla comprensione del reale. Questo presuppone una convergenza su una visione umanistica, cioè sull’idea di una comune natura umana includente la ragione e la libertà.
A livello politico e giuridico, l’umanesimo è il fondamento del giusnaturalismo, del costituzionalismo, di una concezione della società che presupponga limiti invalicabili ai poteri terreni in nome della superiore dignità di ogni essere umano.
Sono dogmi, questi? Sono assiomi “assolutistici”? Ammesso e non concesso che lo fossero, sarebbero inevitabili per fondare una società libera e per assicurare la libertà di espressione, ricerca, dibattito.
Se non si conviene su quei presupposti, se si sposa la tesi relativista, inevitabilmente prima o poi si giustificano proprio poteri assoluti, fondati sull’imposizione di una “narrazione” con la forza, e si giustifica l’illimitata possibilità di manipolare e assoggettare gli esseri umani, visto che anche l’idea di natura umana sarebbe un’opinione.
Infatti, da quando nella storia europea si è affermata la tesi secondo cui la verità è figlia non di una ragione stabile comune a tutti gli uomini ma della storia, del potere (ragion di stato), della dialettica tra ideologie, forze politiche o socio-economiche sono sorti domini sempre più illiberali, fino ai totalitarismi di partito del Novecento, e a quelli tecno-scientisti, elitari, transumanisti all’opera nel nostro secolo.