“Le 8 montagne”: l’unicità di un’amicizia che supera il tempo
di Franco Olearo*
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AMICIZIA, AMORE PER LA MONTAGNA, RICERCA DI SE STESSI: UN FILM CHE RACCONTA DELLA RICERCA DI SE STESSI DIMENTICANDO GLI ALTRI
Anni ‘80. Pietro, alla soglia dell’adolescenza, vive a Torino come figlio unico con i suoi genitori. Il padre è un ingegnere che ama passare l’estate in alta montagna. Nel paesino della Val d’Aosta dove Pietro trascorre i mesi caldi, c’è un solo ragazzo della sua età, Bruno, che deve portare le mucche all’alpeggio (il padre è andato a lavorare all’estero). I due ragazzi trascorrono bellissime giornate, perché entrambi amanti di quelle montagne, di quei laghi, di quel rapporto diretto con la natura che li formerà e non li abbandonerà mai. Arrivati alla piena adolescenza, i due amici seguono strade diverse. Bruno ritrova Pietro dopo 15 anni e lo riporta sulle cime della loro giovinezza: qui il padre di Pietro aveva comperato un rifugio ormai diroccato e Bruno, riconoscente per le premure ricevute da lui, decide di impiegare l’estate per rimetterlo in sesto. Pietro, prima incerto perché non ha mai fatto quel tipo di mestiere, decide di aiutarlo…
Il film è una ricostruzione fedele dell’omonimo romanzo di Paolo Cognetti, premio Strega 2022. Riesce a trasferirci lo stesso amore per la montagna presente nelle pagine del libro e a raccontarci il comig to age di due ragazzi così diversi come origine ma così uguali nello spirito.
La voice over, che ogni tanto ritorna per sottolineare l’avanzare del racconto dei ricordi di un Pietro ormai adulto, corre il rischio di fare della letteratura, di scivolare nel piacere della parola con riflessioni sul contrasto fra città e montagna, sulla purezza del rapporto dell’uomo con la natura ma si tratta di un pericolo abilmente sventato. Il focus resta concentrato sulla tema della crescita di due giovani che cercano di capire come debbono comportarsi per essere veramente se stessi e del modo misterioso con cui quell’amicizia fra di loro, così diversi, nata per caso con i giochi della preadolescenza, abbia superato la prova degli anni, perché solo fra di loro e con nessun altro, riescono a capirsi fin nel fondo della loro anima.
Bruno, che non ha potuto proseguire gli studi per volontà di suo padre, sa che può fare bene solo ciò che ha appreso da piccolo: allevare mucche e produrre formaggio con i metodi artigianali di una volta. È un restare aderente alla natura rifiutando ogni forma di modernità. Pietro, che non ha proseguito gli studi per propria scelta, anche con lui condividiamo una forma di rifiuto nei confronti della società organizzata, è più incerto nel decidere che cosa vuol diventare ma intanto, ogni estate, si reca in Nepal. Ha solo l’accortezza di scrivere libri sul suo amore per la montagna e in questo modo acquisisce una certa notorietà e un po’ di benessere economico.
Si può dire che la vita che ci vien raccontata di questi due protagonisti segua un’impostazione esistenzialista, nell’accezione di cercare il senso della vita solo in sé stessi, senza rapportarsi al mondo e agli altri, quindi con un approccio egoistico. Accade in Pietro, che pur avendo disponibilità economiche per inserirsi nel modo a lui più confacente nella realtà economica della Torino del tempo, preferisce fuggire sulle vette del Nepal senza un impegno preciso. Solo in seguito sarà preso dal rimorso per non aver ascoltato e compreso suo padre. Ancor più Bruno, che ormai adulto e con la responsabilità di una famiglia, di fronte alla crisi della sua iniziativa nella produzione dei formaggi, invece di occuparsi del sostentamento della sua donna e di sua figlia tornando a fare ciò che sa ben fare, il carpentiere, si chiude nel suo rifugio. nella sua amata montagna.
Interpretato in modo magistrale da Alessandro Borghi e Luca Marinelli (le figure femminili appaiono di puro contorno) il film ci trasferisce un grande amore per la montagna ma anche la triste storia di due giovani che cercano solo se stessi senza cercare gli altri.
*redattore/editore del portale FamilyCinemaTv