La parola di Dio è la vera stella che ci offre l’immenso splendore della verità divina
di don Ruggero Gorletti
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COMMENTO AL VANGELO DI VENERDÌ 6 GENNAIO 2023 – Epifania del Signore
Dal vangelo secondo san Matteo (2, 1-12)
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro Paese.
COMMENTO
Nella celebrazione di oggi, nella celebrazione dell’Epifania, la Chiesa continua a celebrare il mistero del Natale. In particolare oggi viene sottolineata la destinazione universale di questa nascita. Facendosi uomo nel grembo di Maria, il Figlio di Dio è venuto non solo per il popolo d’Israele, rappresentato dai pastori di Betlemme, ma anche per l’intera umanità, rappresentata dai magi. Il vangelo ci parla di «alcuni magi», la tradizione popolare vi ha aggiunto il fatto che erano tre, probabilmente con riferimento ai doni portati a Gesù, e che erano dei re. Ma chi sono questi magi? Nel Vangelo abbiamo ascoltato che essi, giunti a Gerusalemme dall’Oriente, domandano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». Che genere di persone erano, e che specie di stella era quella? Essi erano probabilmente dei sapienti che scrutavano il cielo, ma non per cercare di «leggere» negli astri il futuro, eventualmente per ricavarne un guadagno; erano piuttosto uomini in ricerca della vera luce, che sia in grado di indicare la strada da percorrere nella vita. Erano persone certe che nella creazione è possibile scorgere qualche traccia della sapienza di Dio, traccia che l’uomo può e deve tentare di scoprire e decifrare. Hanno visto una nuova stella, che a differenza delle altre si muoveva, ed hanno deciso di seguirla, convinti che fosse un’indicazione divina. La stella li ha guidati a Gerusalemme, ed essi hanno cercato il re. Perché? Per gli orientali il re è la manifestazione di Dio, e per essi era naturale, cercando Dio, di chiedere del re.
A Gerusalemme anzitutto incontrano il re Erode. Certamente Erode era interessato al bambino di cui parlavano i Magi; non però allo scopo di adorarlo, come vuole far intendere mentendo, ma per sopprimerlo. Erode è un uomo di potere, che nell’altro riesce a vedere solo un mezzo da sfruttare o un ostacolo da eliminare. In fondo, se riflettiamo bene, anche Dio gli sembra un rivale, anzi, un rivale particolarmente pericoloso, che vorrebbe privarlo del suo spazio vitale, della sua autonomia, del suo potere; un rivale che indica la strada da percorrere nella vita e impedisce, così, di fare tutto ciò che si vuole. Erode ascolta dai suoi esperti delle sacre scritture le parole del profeta Michea (5,1), ma il suo unico pensiero è il trono.
Erode pensa solo ai suoi progetti di potere: per questo tenta di far tacere la voce di Dio. Erode è un personaggio che non ci è simpatico e che istintivamente giudichiamo in modo negativo per la sua brutalità. Ma dovremmo chiederci: forse c’è qualcosa di Erode anche in noi? Forse che anche noi, a volte, non vediamo Dio come Qualcuno che pone limiti alla nostra vita e non ci permette di disporre dell’esistenza a nostro piacimento? Dobbiamo togliere dalla nostra mente e dal nostro cuore l’idea che dare spazio a Dio sia un limite per noi stessi; dobbiamo aprirci alla certezza che Dio è l’amore onnipotente che non toglie nulla, non minaccia, anzi, è l’Unico capace di offrirci la possibilità di vivere in pienezza, di darci la pace e la gioia.
I magi poi incontrano gli studiosi, i teologi, gli esperti che sanno tutto sulle sacre scritture, che ne conoscono le possibili interpretazioni, che sono capaci di citarne a memoria ogni passo e che quindi sono un prezioso aiuto per chi vuole percorrere la via di Dio. Ma, afferma sant’Agostino, essi amano essere guide per gli altri, indicano la strada, ma non camminano, rimangono immobili. Indicano con precisione il luogo dove si trova il Re dei Giudei, ma non vanno a rendergli omaggio. E sì che si trovava a pochi chilometri da loro! Per loro le scritture diventano una specie di atlante da leggere con curiosità, un insieme di parole e di concetti da esaminare e su cui discutere dottamente. Ma nuovamente possiamo domandarci: non c’è anche in noi la tentazione di ritenere le cose di Dio, della religione, più come un oggetto di chiacchiere da talk show piuttosto che la via per giungere alla vita?
Ci appare ben chiaro anche un ultimo elemento importante della vicenda dei Magi: il linguaggio del creato, la ragione, il buon senso, ci permettono di percorrere un buon tratto di strada verso Dio, ma non ci donano la luce definitiva. Alla fine, per i magi è stato indispensabile ascoltare la voce delle sacre scritture: solo esse potevano indicare loro la via. E’ la parola di Dio la vera stella, che, nell’incertezza dei discorsi umani, ci offre l’immenso splendore della verità divina. Usciti da Gerusalemme i magi hanno rivisto la stella, e subito hanno provato una grandissima gioia: il segno che il Signore segue il nostro cammino, la nostra vita, non può non rallegrarci.
Ripreso il cammino, giungono a Betlemme. Non nella stalla, ma in una casa. Maria e Giuseppe non erano due profughi, e neppure due disadattati, senza fissa dimora. Erano una famiglia normale e Giuseppe viveva del suo lavoro. La stalla è stata il ricovero di fortuna per una situazione di emergenza, ma cessato lo stato di necessità sono andati a vivere in una casa normale. Cosa hanno visto i magi di straordinario? Una casa con una donna e un bambino. Una scena quotidiana, banale quasi. Ma la loro fede li ha resi capaci di vedere la verità oltre alle apparenze, e capire che quel bambino era Dio: infatti si sono prostrati e lo hanno adorato. Dai loro scrigni hanno tratto oro, incenso e mirra: l’oro, segno della regalità: Cristo è Re, vogliamo o non vogliamo Egli ha un potere su ciascuno di noi. L’incenso, simbolo del sacerdozio: Gesù non solo è Dio, ma è anche la via per arrivare a Dio, e il sacerdote è proprio il tramite tra l’uomo e Dio. Infine la mirra: un balsamo che si spalmava sui corpi dei defunti, a significare la missione salvifica di Cristo che, morendo sulla croce, ci avrebbe riaperto la via del cielo.
Infine, avvisati dall’angelo, per non incontrare Erode sono tornati al loro Paese per un’altra via. La vita di chi ha incontrato il Signore non può rimanere la stessa di prima.
La festa di oggi ci invita a lasciarci guidare dalla stella, che è la parola di Dio, e a seguirla nella nostra vita, camminando con la Chiesa, dove la parola genera i suoi frutti più veri e nutrienti. La nostra strada sarà sempre illuminata da una luce che nessun altro segno può darci. E potremo anche noi diventare stelle per gli altri, riflesso di quella luce che Cristo ha fatto risplendere dentro di noi.
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