Benedetto XVI non ha lasciato l’uomo al caso, ma lo ha elevato nella libertà e nel dono
di Anna Tortora
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BENEDETTO XVI E LA TEORIA DELL’EVOLUZIONE
La perdita del papa emerito ha lasciato un vuoto in tutti i credenti, ma ha lasciato anche una grande eredità per l’umanità: il suo pensiero, la sua fede e i suoi studi.
Egli ha dato un contributo significativo su scienza e fede, un argomento a cui dedicò un seminario di studi nella residenza estiva di Castelgandolfo.
Partiamo dai suoi primi testi. In un testo del 1968 “Fede nella creazione e teoria evoluzionista” descrive l’apporto della scienza relativo alla teologia: “La teoria evoluzionista non toglie la fede; neppure la rafforza. Ma la invita a capire più profondamente se stessa e ad aiutare così l’uomo a comprendersi e a diventare sempre più ciò che lui è: l’essere che per l’eternità può dire tu a Dio”.
Nella primavera del 1981, il Cardinale Ratzinger tiene da Arcivescovo di Monaco quattro prediche quaresimali nella cattedrale di quella città sulla creazione, nelle quali critica la nozione di caso. Egli insiste sull’assurdità e la pretestuosità di una opposizione radicale tra evoluzione e creazione: “secondo lui i due approcci si completano senza escludersi. Il primo, infatti, si interessa al come delle cose mentre il secondo parla del perché e apre al progetto divino”, scrive il teologo Francesco Iannone.
“Non possiamo dire creazione o evoluzione. La formula esatta è: creazione e evoluzione, perché le cose rispondono a domande diverse. Solo se sappiamo che esiste uno che non ha tirato ciecamente a sorte, che noi non siamo un caso, bensì siamo dalla libertà e dall’amore, allora noi, i non necessari, possiamo ringraziare per questa libertà e riconoscere con gratitudine che è un dono essere uomini”.
Così spiegò Joseph Ratzinger, “In principio Dio creò il cielo e la terra. Riflessioni sulla creazione e il peccato”, Torino 2006.
E qui si nota la grandezza di questo papa che non lascia l’uomo al caso, lo eleva ad essere libero e a dono.
“In altre parole, Ratzinger rifiuta categoricamente la tesi di Richard Dawkins secondo la quale l’uomo, prodotto genetico complesso, sarebbe apparso per caso”, ha ricordato il teologo Francesco Iannone.
Benedetto XVI tornò spesso su questo argomento delicato. Infatti è ulteriormente sottolineato nel colloquio avvenuto a Monaco, nel 2004, con il filosofo Habermas: “Il concetto del diritto di natura presuppone un’idea di natura in cui natura e ragione si compenetrano, la natura stessa è razionale. Questa visione della natura, con la vittoria della teoria evoluzionista, si è persa. La natura come tale non sarebbe razionale, anche se in essa vi è un atteggiamento razionale; questa è la diagnosi che per noi ne deriva e che oggi appare per lo più inoppugnabile”.
Secondo il teologo Francesco Iannone “il tema della teoria dell’evoluzione è dunque già presente in più luoghi dell’opera di Ratzinger già prima della sua elezione a pontificato. Non sorprende dunque ritrovarlo sin dalla sua prima Omelia alla Messa inaugurale del ministero di Sommo Pontefice il 24 aprile 2005 in Piazza San Pietro”.
Il Papa vi dedica un’attenzione particolare: “Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario”.
Dunque “è qui che la scienza è chiamata a sospendere il suo giudizio ed è ancora qui che la divina Ragione creatrice, il Logos può essere percepito. La probabilità e il caso, che sono all’opera nell’evoluzione dei viventi, saranno così reintegrati in un insieme più vasto e razionale, al quale noi avremmo parzialmente accesso” (Francesco Iannone).
Dopo decenni di perplessità il Magistero della Chiesa, con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, prende in considerazione la dimensione scientifica dell’evoluzione.
Pur entrando nel raggio d’azione di validità della scienza, Benedetto XVI ridimensiona la pretesa totalizzante delle diverse teorie, ricordandone le debolezze intrinseche, cioè la loro dipendenza da modelli filosofici e le loro lacune sperimentali. La convinzione che l’argomento abbia una sua razionalità, lo spinge a ritornare sull’antica questione leibnziana circa la nostra capacità di avvicinare e comprendere i fatti naturali. Mediante l’ipotesi dell’assunzione del caos da parte dell’ordine o del caso da parte della ragione, Benedetto XVI, come già Theilhard de Chardin, la ragione teologica e la ragione scientifica.