Federico II, l’imperatore “stupor mundi”, il più grande dei siciliani
di Francesco Bellanti
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MORIVA IL 13 DICEMBRE DEL 1250 FEDERICO II DI SVEVIA, IL GRANDE IMPERATORE CHE FU ANCHE RE DI SICILIA E SI SENTÌ SICILIANO IN TUTTO…
Federico II si muoveva come un sovrano universale, con al seguito baroni, soldati, dignitari, voleva apparire come una figura maestosa, imperiale. Ostentava potere e bellezza, voleva abbagliare, più di un papa, fra i contadini nei borghi meridionali in un tempo in cui l’uomo era nulla. Aveva con sé al seguito letterati, notai, ministri, burocrati, scrivani, filosofi, matematici, musici, ma anche ballerine di straordinaria bellezza, odalische, eunuchi, saltimbanchi, poeti, anche animali esotici, cammelli, cani da caccia, animali feroci, anche uomini in cerca di fortuna, perché no?, e avventurieri, guerrieri saraceni. Tutti, vedendolo, lo ammiravano, restavano a bocca aperta, i papi, gli altri re, rimanevano stupefatti da tanto splendore, intimoriti, sconcertati. Girava per le strade d’Europa con una corte sontuosa, era uno spettacolo inenarrabile che destava stupore, sfilava un lunghissimo corteo di cavalli saraceni purosangue, e al centro del corteo c’era lui, il divino, l’uomo eccezionale, l’uomo nuovo. In una carrozza, col suo eccezionale portamento, o in sella al suo splendido cavallo moro preferito, Dragone, vestito da cacciatore.
Federico VII Hohenstaufen di Svevia, Federico I di Sicilia, Federico II Imperatore del Sacro Romano Impero, re di Borgogna, re di Gerusalemme, re d’Italia e re di Germania, e soprattutto Re di Sicilia, duca di Puglia, principe di Capua, Stupor mundi, puer Apuliae; nipote di Federico I Barbarossa di Svevia, figlio di Enrico VI imperatore e di Costanza d’Altavilla regina di Sicilia, figlia di Ruggero II il Normanno: visse un curioso tempo di morte.
Fatale gli fu un avvelenamento di un traditore, i traditori si annidano dappertutto. Si avverò la profezia dell’astrologo di corte che sarebbe morto sub flore, ed egli, che evitò sempre Firenze, morì nella domus di Fiorentino di Puglia. Morì assolto dai suoi peccati e avvolto nel saio grigio dei Cistercensi. Per sua volontà le sue esequie dovevano avvenire senza pompa, ma Manfredi non fece mancare onori e gloria alle sue spoglie. Lasciò il cuore in Puglia e l’anima in Sicilia. La sua salma fu tumulata in Palermo da lui amata più di ogni cosa, nel sarcofago di porfido rosso dei suoi avi, accanto alla sua gloriosa ascendenza. Le genti videro in lui il Pantocratore, meraviglia del mondo. L’invitto, il sommo dei principi dell’orbe. L’ultimo imperatore dei Romani, che salì alle stelle e fu deificato. Il Signore della fine, l’uomo apparso alla fine del tempo nello splendore del fuoco. Videro in lui la forza attesa in eterno, il Messia, il sovrano del regno apollineo del sole vaticinato dalle Sibille. Tramontato è il sole del mondo che splende sopra le genti, disse suo figlio Manfredi; tramontato il sole della giustizia, colui che dava la pace. Con lui si chiuse un’epoca, l’Impero romano. Il papa lo diceva sempre che l’Impero era finito e l’imperatore morto. Ignorava, però, di essere morto anche lui. Molti non credettero alla sua morte, lo vedevano nel cielo o in mare, a capo di migliaia di armati.
I tedeschi non lo amarono. I tedeschi videro in lui solo la dissoluzione nel nulla dell’Impero, l’immagine terribile dell’Anticristo sopra le nuvole, il fustigatore della Chiesa corrotta. I tedeschi gli attribuirono saggezza, maestà, nobiltà, splendore, ma, in realtà, non lo amarono. Sarebbe tornato per loro come restauratore dell’Impero romano della nazione germanica. Ma, in realtà, il popolo tedesco non lo comprese, né seppe realizzare le sue aspirazioni. Ora le sue ossa giacciono in un sepolcro di porfido rosso scuro, secondo la tradizione dei re normanno-svevi, accanto a sua madre Costanza d’Altavilla, a suo padre Enrico VI e a suo nonno Ruggero II. Insieme con la sua prima moglie Costanza II d’Aragona, con duchi, regine, re e imperatori. Hanno aperto la sua tomba due volte, per scoprire solo il mistero di una donna sconosciuta accanto a lui. Una delle sue quattro mogli accompagna la sua eternità. Non occorre cercare ancora misteri nella sua tomba.
Federico II aveva statura media, equilibrata, volto gentile, nobile. Era biondo, bello e ben fatto, con fronte serena e occhi brillanti, viso espressivo, animo ardente e ingegno pronto. Aveva portamento regale, maestoso, liberale, era amabile, pieno di grazia e di nobili aspirazioni. Federico II leggeva, scriveva, cantava e componeva melodie. Solamente questo potrebbero trovare dentro lo spesso marmo di porfido rosso del suo sarcofago.
Dissero pure che era sanguigno, insofferente, talvolta collerico, con atteggiamenti a volte triviali, retaggio dei rozzi contatti e delle non raffinate amicizie dell’infanzia palermitana. Dissero tante altre cose. Che fu l’Anticristo, l’Apocalisse. No. Federico Ruggero Costantino II fu lo Stupor Mundi, il più grande sovrano illuminato, che dedicò la sua vita all’unificazione dei popoli e delle culture, attraverso la promozione dell’arte e delle lettere, nella terra che amò più di ogni altra cosa, la Sicilia. Egli fu il rinascimentale. Il moderno. Egli fu l’uomo nuovo, l’uomo totale. L’uomo che ebbe un sogno. Eppure dissero che non volle dare una patria al popolo tedesco. Che non volle fondare uno Stato tedesco. Come forse ancora credono le algide orde di turisti tedeschi che ogni giorno passano indifferenti davanti alla sua tomba, guardano distratti, e in silenzio se ne vanno.
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Foto: Pixabay
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