Federico II mise ordine in una terra preda dell’anarchia e del disordine
di Francesco Bellanti
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PALERMO ERA UNA CITTÀ MERAVIGLIOSA AL TEMPO DI FEDERICO II, CON PALAZZI SONTUOSI E GIARDINI AMENI E PROFUMATI
Leggi la prima parte dell’articolo QUI
Gli arabi definirono Palermo la più superba metropoli del mondo. Palermo era una città meravigliosa al tempo di Federico II, con palazzi sontuosi e giardini ameni e profumati. Era la città delle Mille e una notte, con le sue cinquecento moschee e i suoi trecento minareti, più bella di Cordova e di tutte le altre città dell’Islam. Tutti amavano la Sicilia. Anche gli avi normanni di Federico II – che rispettarono comunque tutti i popoli – amarono disperatamente la Sicilia, non solo gli arabi e Ibn Hamdis.
Federico dunque amò disperatamente due terre, la Sicilia e le Puglie. La Sicilia era la sua terra promessa! La terra a cui si era affidato, a cui si era abbandonato, con cui era cresciuto. Come Napoleone aveva una sola amante, la Francia, così lui ebbe una sola compagna: la Sicilia. Lui che ebbe ascendenti svevi, normanni, sassoni, francesi, figli in tutta Europa, forse venti, da altrettante donne, mogli giovani e anziane, amanti, e anche il figlio suo prediletto, Manfredi, dall’amatissima Bianca Lancia, lui ebbe un solo vero amore, il suo amore più grande, la Sicilia.
Federico II scrisse poesie e parole d’amore solo per lei – “oh, pupilla dei suoi occhi è il suo regno del Sud, l’amabilità della sua terra supera ogni dolcezza terrena, porto nel mare tempestoso, giardino di delizie nella foresta selvaggia, che io bramo e cerco, colmo di nostalgia, quando sono sbattuto nel mare dell’impero”.
Federico II mise ordine in una terra preda dell’anarchia e del disordine – forse fu l’unica volta nella sua storia. Nella piccola Sicilia cozzavano fra di loro tutte le forze e il fior fiore delle potenze del tempo, scorrazzavano nei campi di Puglia e di Sicilia come forze primigenie devastanti e incontrollate tedeschi e francesi, siciliani e pugliesi, genovesi e pisani, saraceni, italici, papali, perfino spagnoli.
Tutti volevano profittare della ricchezza della Sicilia a spese di un re infante. Impadronirsi del re, la parola d’ordine. Agnus inter lupos, passò di mano in mano fin quando l’età e il senno non li vinse. La Sicilia era il sogno dei Germani. Federico II ebbe nella testa solo la Sicilia, non la Germania: in questo, la politica del più grande papa del Medioevo, Innocenzo III, di tenere separate le due corone di Germania e di Sicilia per molto tempo, fu anche il suo obiettivo. Dal tempo del visigoto Alarico, il regno di Sicilia era per i tedeschi una terra da favola, un paradiso da conquistare.
Tutti gli imperatori tedeschi cercarono di conquistarla, soprattutto gli Staufen, fino all’ultimo Corradino. Solo il nonno di Federico II, il Barbarossa, ci riuscì, facendo sposare suo padre Enrico VI con una normanna, Costanza d’Altavilla. La Sicilia era il lontano paese delle meraviglie, la terra dei Greci e dei Romani, della poesia, dell’arte, della cultura. La Sicilia era Taormina, la terra di Dedalo, era l’Etna, il mito di Vulcano, la leggenda di Sant’Agata, era Girgenti l’araba e la greca, Siracusa, Balaarm dei giardini profumati di aranci e limoni, la terra delle palme e dei datteri. E poi Napoli e le Puglie… La Sicilia era l’Eldorado dei sultani d’Oriente. Quando il padre di Federico II, Enrico VI, prese possesso della Sicilia, giunse al castello imperiale di Trifels, in Germania, una carovana di centocinquanta muli carichi d’oro, sete, gemme e oggetti preziosi.
I tedeschi amavano la Sicilia ma la Sicilia non amava i tedeschi. Perciò Federico fece di tutto per farsi amare dai siciliani. La Sicilia amava Costanza d’Altavilla e i normanni ma non i tedeschi. Anche la madre di Federico II, Costanza d’Altavilla, figlia del normanno Ruggero II re di Sicilia, odiava i tedeschi, di cui conosceva la violenza. Alla morte di suo padre, lei voleva che Federico fosse solo il figlio di Costanza d’Altavilla, regina di Sicilia. Certo, Federico non voleva essere solo tedesco, intendeva creare una monarchia universalistica fondata non sulla volontà di dominio di una razza sulle altre, come era nelle corde di suo padre Enrico VI, ma sulla collaborazione dei popoli, sulla pace e sull’amore. Suo padre, anche se per pochi anni, ebbe in mano l’intera Europa. Tutti gli Stati d’Europa erano suoi vassalli. Dalla Danimarca alla Borgogna, alla Castiglia. L’Italia tutta era assoggettata, trampolino di lancio per la conquista dell’intero bacino del Mediterraneo e per la restaurazione dell’Impero Romano dei Cesari. Tutto l’Oriente era suo tributario, i mussulmani, tutti i sultani e principi e re pagavano tributi. Enrico VI in pochi anni aveva messo in ginocchio il mondo intero. Ma lui voleva creare un impero universalistico con una politica aggressiva e violenta, dura, di una durezza però senza prospettiva futura. Il suo era un Impero fragile, non si poteva governare sempre col terrore.
La nascita di Federico II fu anche la fortuna di Enrico VI. Il potere di Enrico VI era precario, mancava di unità. Lui ne era consapevole: troppe etnie, troppi ordinamenti nei territori dell’impero: la Germania era una monarchia elettiva, la Sicilia una monarchia ereditaria. Troppi cani sciolti tra i principi e duchi e feudatari. Concesse l’ereditarietà dei patrimoni ai Principi tedeschi e la libertà di scegliersi i successori ai Vescovi per avere un impero più forte. La nascita di Federico II fu benedetta: egli avrebbe continuato il suo progetto di collocare il Mezzogiorno d’Italia al centro del suo Impero e di fare della Sicilia un dominio personale.
Ma Federico II intendeva agire su altre basi, con altri metodi. Egli aveva sangue romano-germanico nelle vene – svevo-burgundo dal lato paterno, normanno-bassolorenese da quello materno. Questo già lo predisponeva a una universalità di spirito, in una capitale e in una terra dove si fondevano tutte le civiltà del mondo. Fece suoi lo spirito, le lingue, i riti, i costumi, l’umanità di infiniti mondi. Solo dalla Sicilia sarebbe potuto nascere un nuovo mondo.
Per questo, in seguito, storici e non solo storici considerarono Federico II il più grande degli europei. Perché diede il diritto. Dopo Giustiniano e il suo Corpus Iuris, realizzò la più grande – e unica – codificazione dell’epoca, che riscosse l’ammirazione del mondo intero. I suoi modelli furono Cesare, Augusto, Giustiniano. Unificò le leggi siciliane, poi emanò le Costituzioni di Melfi, che ebbero un’influenza enorme sulla formazione del diritto degli Stati assoluti d’Europa.
Il mondo, l’Europa, l’Italia, e al centro la Sicilia: era un sogno. Ma era un sogno che, secondo alcuni storici, si poteva realizzare. L’uomo che ha dato più lustro alla Sicilia, al Meridione d’Italia, all’Italia, all’Europa, l’uomo nuovo, il primo imperatore moderno, fu il primo che voleva unificare l’Italia. Sia sul piano legislativo che amministrativo, politico, e soprattutto sul piano linguistico, letterario, culturale. Forse era anche l’unico capace di poterlo fare, per intelligenza e energia; per genialità e intuito. L’Italia aveva tutte le risorse per diventare il più grande, il più cosmopolita Stato del mondo. Il più grande Stato del Medioevo. Il perno attorno al quale si sarebbe formata l’Europa Unita. Forse Federico era un precursore, aveva anticipato i tempi”.
La terza parte dell’articolo sarà pubblicata su Informazione Cattolica domani
Foto: Pixabay
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