“La Stranezza”: quando il teatro è verità, bellezza e grazia
di Franco Olearo*
–
“LA STRANEZZA“, UN FILM CHE PROVA A PORTARE SUL GRANDE SCHERMO LA VISIONE DELL’UOMO DEL GRANDE MAESTRO LUIGI PIRANDELLO
Roma, 1920. Il noto scrittore Luigi Pirandello (1867-1936) lascia la Capitale in treno per raggiungere la Sicilia: ha intenzione di incontrare l’altrettanto noto drammaturgo e amico Giovanni Verga (1840-1922) in occasione del suo ottantesimo compleanno. Arrivato ad Agrigento (allora Girgenti) viene informato che proprio il giorno prima è morta la sua amata balia, Maria Stella. Pirandello decide di fermarsi per organizzare il funerale e una sua degna sepoltura. Con l’occasione fa la conoscenza di due becchini: Onofrio e Bastiano che per diletto, con il sostegno di molti volontari della città, organizzano rappresentazioni teatrali. Privo ormai da troppo tempo di ispirazione, Pirandello decide di andare a vedere l’opera teatrale dei due autori-becchini. Saranno la sua fonte di ispirazione principale per la stesura della sua opera teatrale più nota: Sei personaggi in cerca di autore.
La Stranezza, quest’ultimo film di Roberto Andò (siciliano) distribuito nelle sale italiane è un omaggio al teatro e alla Sicilia. Certamente si parla di Luigi Pirandello ma certi monologhi in rima sul palco in puro dialetto siciliano di Salvatore Ficarra, il racconto delle prove generali di una compagnia di dilettanti di Girgenti, fra errori e risate, le citazioni dal Marcantonio di Shakespeare da parte di un vecchio suggeritore, diventano la fascinazione di un’arte che coinvolge chi recita come chi ascolta, che è nata con l’uomo e che non potrà tramontare. Ma anche la Sicilia è protagonista in questo film: con le sue magnifiche ville barocche, con quella lunga carrellata fra gli archivi polverosi del comune, dove tutto è ben catalogato ma tutto è fermo ma soprattutto di una Sicilia colta: il becchino e scrittore di commedie, interpretato da Valentino Picone, trova sempre la citazione giusta di qualche classico latino per sintetizzare ciò che sta accadendo. Infine la sequenza dell’incontro fra Giovanni Verga e Luigi Pirandello diventa espressione dell’importante contributo che ha saputo dare la Sicilia alla letteratura italiana.
All’interno di questa piacevole e dotta ricostruzione, si inserisce la figura di Luigi Pirandello che non partecipa ma osserva e medita. Bloccato in un periodo di perduta ispirazione, medita sull’uomo e sul teatro. Ha in mente una “stranezza” ma non riesce a metterla a fuoco; sarà proprio interagendo con quella compagnia di dilettanti che qualcosa cambierà. Sul teatro il suo atteggiamento è inizialmente scettico: «il teatro è finzione: come si fa a credere a delle persone che si vestono con delle gorgiere, capelli piumati, pantaloni a sbuffo, nasi e baffi finti per sembrare quello che non sono?». I due teatranti hanno una pronta risposta: «il teatro è verità, bellezza e grazia». Roberto Andò sintetizza la situazione del contesto culturale del tempo, fra il verismo di Verga in uscita e l’irrazionalismo di Pirandello che avanza. «Luigi mio – lo apostrofa l’autore di I Malavoglia – ti sei messo a camminare per una strada desolata, piena di pericoli. Una strada che nessuno ha mai percorso: hai messo una bomba sotto l’edificio che noi con fatica abbiamo costruito».
Riportare in un film la visione che Pirandello ha avuto sull’identità della persona umana, sulla sua situazione tragica di essere inserito in un continuo fluire esistenziale e del suo tentativo di costruirsi delle forme fisse, delle maschere, nelle quali potersi riconoscere non è stata certo impresa facile. Roberto Andò ci mostra un Pirandello che riflette come se stesse già pensando al testo della sua prossima opera teatrale, una riflessione che in realtà è ricavata dalle pagine di Sei personaggi in cerca di autore: «come possiamo intenderci signore, se nelle parole che dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me, mentre inevitabilmente chi ascolta le assume con il valore e il senso che hanno per sé». Alla fine, l’aver deciso di essere presente alla prima teatrale della compagnia di Girgenti, l’aver visto come, con grande confusione, tutto si confonde (non c’è più distinzione fra i personaggi, gli attori, il pubblico, l’autore), che Pirandello trova la rappresentazione di quel conflitto dell’essere e la forma che lo porterà a scrivere Sei personaggi in cerca di autore.
*redattore/editore del portale FamilyCinemaTv