Quel liceo senza voti e il “valore legale del titolo di studio”
di Eugenio Capozzi
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A SCUOLA TUTTI, O QUASI TUTTI, VENGONO PROMOSSI, NELLA GENERALE INDIFFERENZA AL LIVELLO DI CONOSCENZA RAGGIUNTO DAGLI STUDENTI E AL VALORE DEGLI INSEGNANTI
A Roma, titola il Corriere della Sera, nasce il liceo senza voti. “Sviluppiamo meno stress e aiutiamo i ragazzi a crescere”.
Il liceo Morgagni ha esteso una sperimentazione, partita sette anni fa, da una classe ad un’intera sezione e, scrive il Corsera, ha suscitato l’interesse dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza”.
Qualsiasi sperimentazione, qualsiasi metodo, qualsiasi metro di valutazione, qualsiasi ispirazione filosofica, culturale, religiosa, ideologica nella scuola (e nell’università) è lecita. A condizione però che venga abolito quel monopolio del Leviatano chiamato “valore legale del titolo di studio”: il bollino attraverso il quale lo Stato attribuisce la parente di istruzione, decreta chi può dire ufficialmente di essere “saputo” e chi non può.
Se istruzione e formazione venissero liberate di ogni obbligo, vincolo, direttiva statale, se l’acquisizione del sapere diventasse una libera gara tra voci diverse in cui vinca il migliore, se la bontà di una scuola, di un ateneo, di un docente, di un metodo si potessero giudicare unicamente dai risultati pratici, ogni studente e ogni famiglia potrebbero scegliere in piena coscienza e responsabilità quale percorso intraprendere.
Ma nel regno dello statalismo, del centralismo, del soffocamento burocratico, del posto fisso, a prescindere dal metodo proclamato e da ogni altra chiacchiera pedagogistica il risultato è sempre lo stesso: tutti o quasi tutti promossi, nella generale indifferenza al livello di conoscenza raggiunto dagli studenti e al valore degli insegnanti, sotto il dominio del principio fantozziano “L’importante è stare a posto con le carte”. E, nella generale ignoranza, il perpetuarsi del privilegio sociale nella formazione delle élite.