Speranza e Draghi “hanno denigrato e segregato i non vaccinati: chiediamo l’apertura di un’indagine”
di Gian Piero Bonfanti
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I DANNI PROVOCATI ALLA SALUTE DAGLI EFFETTI AVVERSI DELLA VACCINAZIONE ANTI-COVID 19 SONO IGNORATI DALLA “NARRAZIONE UFFICIALE” DEI GRANDI MEZZI DI COMUNICAZIONE
Ieri abbiamo pubblicato la prima parte dell’intervista a Monica Bacis, uno degli organizzatori dei gruppi scesi in piazza a Milano per chiedere giustizia sugli effetti avversi da vaccino anti-Covid 19. La professoressa Bacis, docente di diritto ed economia in una scuola superiore di Milano, ha parlato durante i suoi interventi del fenomeno degli effetti avversi ignorato dalla narrazione ufficiale dei grandi mezzi di comunicazione. Questo aspetto viene riconosciuto con molte difficoltà anche da alcuni medici i quali, alle volte, si trovano in difficoltà nel curare i pazienti colpiti da reazioni avverse dopo la somministrazione dei sieri.
Professoressa Bacis, sulla base delle testimonianze che ha raccolto, qual è l’atteggiamento comune dei medici di fronte a un caso di sospetta reazione avversa al vaccino?
Il solo avanzare l’ipotesi, da parte del paziente, che i gravi disturbi che accusa siano la conseguenza del vaccino viene rifiutata a priori: abbiamo sentito storie di medici che cambiano atteggiamento solo alla pronuncia della parola “vaccino”. La narrazione dominante è che non si tratti di malati, ma di soggetti psichiatrici da curare come tali. D’altronde i diktat delle istituzioni, degli organismi sanitari di vigilanza e anche degli ordini professionali sono stati tassativi: vaccinare più che si può! Ci sono gruppi di medici che hanno denunciando la gravità degli eventi avversi ai propri ordini, ma ancora oggi l’atteggiamento non è cambiato. Per avere una diagnosi, dopo avere tentato inutilmente la strada del servizio sanitario pubblico, si è costretti a pagare costose visite private, spostandosi faticosamente in diverse città (molti di loro non riescono a camminare, a fare le scale, a mangiare, hanno incessanti bruciori interni, spasmi, vertigini, stanchezza cronica, ecc.) e non sempre se ne viene a capo, pellegrinaggi di sofferenza che sovente generano stati depressivi. Mi ha atterrita la storia di una donna di cinquant’anni anni, raccontata dalla madre anziana, che dopo mesi di inutili, faticosi e costosi viaggi alla ricerca di una cura in tutta Italia, fisicamente provata al punto da non riuscire più a deglutire, quindi a nutrirsi e a vestirsi per i bruciori accusati in tutto il corpo, psicologicamente senza risorse, ha perso la speranza, ha visto solo buio: una mattina si è lasciata cadere dal balcone, lasciando orfani due figli adolescenti.
Alla luce delle dichiarazioni del dirigente della Pfizer, in merito all’ammissione della mancanza di test sulla non trasmissibilità del virus dopo l’inoculazione del “vaccino”, quali sono state le reazioni degli attivisti?
Credo che sia oramai evidente a tutti che questi sieri non immunizzano: in famiglia, al lavoro, nelle comunità abbiamo visto i vaccinati ammalarsi di Covid dopo la prima, la seconda e anche in misura maggiore dopo la terza dose. Pertanto, la dichiarazione della Pfizer in sede europea, tra l’altro con il sorriso sulle labbra, non ci ha colti di sorpresa: nei fatti quella dichiarazione ha semplicemente reso evidente ciò che tutto il mondo ha vissuto sulla propria pelle e aveva già elaborato con il buon senso. È certamente sconcertante realizzare che è proprio sulla capacità immunizzante di un farmaco chiamato vaccino, ma che tale non si è rivelato, che si è instaurata una dittatura sanitaria gravemente lesiva delle libertà naturali, nonché costituzionali. È stata infatti proprio l’inibizione del contagio la ragione che ha portato il nostro governo a denigrare e segregare chi ha scelto di non vaccinarsi, sospendendo migliaia di lavoratori, impedendo l’utilizzo dei mezzi pubblici, l’ingresso in banca e in posta, di sedersi al bar a prendere un caffè. Oltre che costretto migliaia di giovani a vaccinarsi a dicembre 2021 per potere prendere i mezzi pubblici per recarsi a scuola, quando era noto già prima dell’inizio della campagna vaccinale che il pericolo di malattia severa fosse estremamente raro per i giovani, per i quali è una normale influenza, con un rischio praticamente nullo. Ad oggi infatti il 95% dei decessi attribuiti al Covid sono stati registrati tra le classi di età over 60 e l’85% tra gli over 70. Rispetto a questi dati si dovrebbe aprire anche la grande parentesi su come è stato curato il Covid, se con farmaci adeguati, soprattutto all’inizio del contagio, quando le strutture sanitarie non erano preparate ad affrontare l’emergenza sanitaria. Oltre a tutto il capitolo relativo alle cure domiciliari mai autorizzate, che hanno contribuito a guarire migliaia di italiani, di cui canali informativi ufficiali non hanno mai informato adeguatamente. Proprio rispetto ai decessi “con” Covid, perché di questo si tratta, si sono costituiti comitati che rivendicano la verità per i casi di malasanità di cui sono state vittime i loro familiari, il prossimo 19 novembre a Roma si terrà una manifestazione pubblica per chiedere l’aperura di un’indagine.
Esistono dati specifici sui rischi della vaccinazione sulla salute dei giovani?
È oramai dimostrato che il virus ha effetti gravi inversamente proporzionali all’età del soggetto. Secondo l’Istituto Superiore Sanità (IIS) il tasso di letalità per Covid tra gli under 20 rappresenta infatti lo 0,02% dei decessi totali, pertanto sottoporre i giovani alla vaccinazione avrebbe come beneficio la parziale riduzione di un rischio praticamente nullo. A fronte, al contrario, di un indice molto elevato di incorrere in gravi reazioni avverse al vaccino, quali patologie cardiologiche, pericarditi e miocarditi, croniche, oltre che danni neurologici, malattie autoimmuni, compreso il decesso. Constatazione che ha indotto la Svezia a sospendere la vaccinazione per i giovani con meno di diciotto anni. Se analizziamo i dati ufficiali sulla mortalità raccolti da “EuroMOMO” (European Mortality Monitoring Project) che misura i decessi in eccesso legati all’influenza stagionale, alle pandemie e ad altre minacce per la salute pubblica sulla base dei dati forniti da ventinove paesi europei, emerge un quadro allarmante: da quando l’European Medicines Agency (EMA) ha approvato per la prima volta il vaccino Covid-19 per i bambini si è registrato un eccesso drastico di decessi tra i bambini di età compresa tra 0 e 14 anni: al 18 settembre 2022 l’eccesso di decessi tra i bambini era superiore del 630% rispetto alla media quinquennale, con un aumento del 755% solo nel 2022. Di fronte a tali dati uno stato dovrebbe sospendere immediatamente la vaccinazione, invece è stata avviata la campagna per la quarta dose a cui vengono sottoposti ancora ogni giorno anche bambini e ragazzi.
A proposito dei giovani, come insegnante, ha rilevato delle problematiche conseguenti i periodi di lockdown?
Sono stati pubblicati degli studi specifici che dimostrano i danni psicologici e sociali causati dalle rigide e prolungate restrizioni alla libertà di movimento, di socializzazione e dalla didattica a distanza, primo fra tutti l’aumento dei tentativi di suicidio tra i giovani, altro dato secretato come quello sugli eventi avversi e l’aumento dei disturbi psichiatrici e psicologici negli adolescenti. Come docente vivo tutti i giorni a scuola gli effetti della prigionia a cui abbiamo costretto i nostri bambini e ragazzi, privati delle amicizie, dei familiari, dei loro pari, del contatto fisico del gioco, oltre che delle conseguenze didattico educative e culturali prodotte dalla prolungata didattica a distanza, che ha svuotato e inaridito il processo educativo e la relazione docente studente, minando anche l’apprendimento. Per non parlare della mascherina che ha causato anche gravi problemi di linguaggio nei più piccoli, che imparano la lingua madre attraverso il labiale: studi allarmanti dimostrano i disturbi dell’età evolutiva che hanno colpito i più piccoli.
Tutte le persone che sono state discriminate in questi due anni di dichiarata emergenza stanno chiedendo giustizia per le conseguenze economiche e sociali, come si muovono invece coloro che, essendo fiduciosi nella “scienza”, hanno accettato senza problemi di ricevere il “vaccino” e si sono poi ritrovati ad avere problemi più importanti dovuti alle oramai ben note reazioni avverse? Crede che vi possa essere un fronte comune tra loro?
Personalmente ho sempre creduto e professato all’interno del movimento che la strada maestra fosse quella di uscire dal ghetto in cui siamo stati relegati, ma in cui ci siamo anche rinchiusi per proteggerci dalle accuse, dalle offese, dall’emarginazione, anche da parte delle persone care. Essere di aiuto agli ammalati a causa del vaccino, spesso guardati con sospetto anche dalle loro stesse famiglie, significa gettare una ponte verso chi è stato prima terrorizzato e poi abbandonato, è compiere un atto di grande umanità, avviare quell’apertura verso l’altro che è stata impedita in questi due anni e che ha generato solo paura e divisione. Io credo che proprio noi che abbiamo scelto liberamente e ci siamo opposti alla coercizione, forti della nostra resistenza, abbiamo il potere di unire e ricostruire ciò che è stato distrutto aprendo un dialogo proprio partendo dalla sofferenza. La croce, ci ha insegnato il Vangelo, è la via della redenzione e della pienezza ed è proprio nei momenti bui della vita che abbiamo l’opportunità di accogliere la prova e trovare il senso autentico della nostra esistenza: compiere il bene. Oggi gli ammalati di vaccino sono deboli e vivono un tradimento, il fronte comune siamo noi insieme a loro e tutti coloro che aiuteremo a liberarsi dalla paura, per riscoprire quell’umanità che ci rende tutti fratelli e sorelle, liberi di scegliere.
Sappiamo che lei ha raccolto testimonianze di persone che hanno vissuto sulla loro pelle questa tragedia. Vorrebbe lasciare un messaggio in proposito?
Vorrei che le persone provassero ad assumere un punto di vista diverso, che avessero il coraggio di informarsi e informare, ognuno nel proprio piccolo, per abbattere quel muro di omertà dei media, per dare ascolto a chi ha timore di raccontare la sua sofferenza, a confidarsi e chiedere aiuto, credo che solo facendo tutti un piccolo passo avanti potremo ritrovare una nuova prospettiva. Ognuno di noi, singolarmente, fa la differenza, può salvare una vita, a raggiera, centinaia di vite e cambiare il modo di interpretare il mondo, uscire da una visione scientifica e materialistica per ritrovarsi sul piano spirituale. Dobbiamo essere semi di verità, piantare ovunque, anche sull’asfalto, sappiamo che anche da lì fioriscono le ginestre: come cristiani abbiamo oggi una grande responsabilità e una grande occasione per vivere e far vivere autenticamente il messaggio evangelico.