In piazza per chiedere giustizia sugli effetti avversi da vaccino Covid: “non ci arrenderemo!”
di Gian Piero Bonfanti
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I DANNI PROVOCATI ALLA SALUTE DAGLI EFFETTI AVVERSI ALLA VACCINAZIONE ANTI-COVID SONO IGNORATI DALLA “NARRAZIONE UFFICIALE” DEI GRANDI MEZZI DI COMUNICAZIONE
Oggi intervistiamo Monica Bacis, uno degli organizzatori del movimento di Milano sceso in piazza per chiedere “giustizia” sugli effetti avversi da vaccino anti-Covid 19. La professoressa Bacis, docente di diritto ed economia in una scuola superiore di Milano, ha parlato durante i suoi interventi del fenomeno degli effetti avversi ignorato dalla narrazione ufficiale dei grandi mezzi di comunicazione. Questo aspetto viene riconosciuto con molte difficoltà anche da alcuni medici i quali alle volte si trovano in difficoltà nel curare i pazienti colpiti da reazioni avverse dopo la somministrazione dei sieri.
Professoressa Bacis, cosa l’ha condotta ad occuparsi del problema dei danni da vaccino e quali sono le iniziative finora messe in campo?
Il progetto Il Silenzio degli Innocenti è un’idea nata nell’autunno 2021 da un gruppo di attivisti del movimento milanese no green pass in seguito alla presa di coscienza dei reali rischi per la salute causati dalla vaccinazione anti-Covid con l’obiettivo principale di fare controinformazione. Abbiamo incominciato a rilevare numerosi casi di eventi avversi nelle nostre famiglie, dai racconti di amici e conoscenti, oltre che leggere le notizie allarmanti di numerosi giovani sportivi deceduti inspiegabilmente durante le competizioni agonistiche e dilettantistiche. Così da gennaio abbiamo organizzato a Milano il primo evento di commemorazione delle vittime, una processione silenziosa con i volti delle persone decedute e un presidio con interventi e volantini sui dati degli eventi avversi, relazioni di medici e professori e i racconti dei casi di morte sospette dei primi adolescenti deceduti dopo l’avvio a tappeto della campagna negli hub vaccinali, in cui si offrivano premi e gadget, ricordiamo il panino con la salamella. Ne sono seguiti altri in cui abbiamo portato nelle piazze le testimonianze dirette delle vittime, come la storia commovente il 28 maggio all’evento organizzato a Lecco (video allegato), di un padre di un giovane di 20 anni affetto da miocardite cronica. E nell’ultimo presidio del 9 ottobre scorso in piazza della Scala a Milano (video) il racconto straziante della mamma di Giulia Lucenti, una ragazza di Modena che un anno fa si è addormentata per sempre sul divano a soli sedici anni dopo la somministrazione della seconda dose del vaccino: Oksana ha condiviso coraggiosamente la sua tragedia e la sua volontà di andare avanti solo per la figlia, per ottenere verità e giustizia. Per potenziare l’efficacia della controinformazione abbiamo proiettato in piazza il documentario “Invisibili” (video) del regista Paolo Cassina, che è intervenuto al presidio, il quale ha lavorato mesi intervistando medici e malati per produrre questo prezioso documentario finanziato con le donazioni. Durante i nostri eventi le persone si fermano a leggere le storie scritte sui cartelli, chiedono informazioni, molti ci raccontano i casi dei propri familiari. Negli ultimi tempi abbiamo avviato una rete di gruppi attivi in altre zone d’Italia, siamo in contatto con Trento, Brescia, Trieste, Lucca e alcuni comitati molto attivi in Francia, che ci hanno invitati a partecipare a una manifestazione nazionale che terrà nel mese di dicembre.
Nella sua esperienza sul campo ha riscontrato delle difficoltà da parte dei danneggiati dal vaccino a raccontare la propria condizione di salute?
Il processo di presa di coscienza è molto lento e delicato, abbiamo rilevato una forte reticenza iniziale aggravata dal muro eretto dagli stessi familiari, che spesso rifiutano a priori una possibile correlazione tra la malattia e il vaccino. L’accettazione del rapporto causa effetto incontra una naturale resistenza psicologica ad ammettere di avere sottovalutato la pericolosità di un farmaco che si sapeva essere sperimentale, di avere eseguito le prescrizioni governative senza la necessaria cautela, per esempio chiedendo al proprio medico di effettuare esami clinici preventivi e non semplicemente apporre una firma su un consenso informato senza le dovute informazioni. Al dolore e all’impotenza interviene infatti un senso di colpa dilaniante per non essere stati in grado di discernere ed evitare a sé stessi e ai propri cari, il coniuge, un figlio, un genitore o una sorella, la comparsa di una malattia grave, che diventa insostenibile nei casi di decesso. Una barriera psicologica che sappiamo essere dettata da un processo mirato di propaganda “terroristica” da parte del governo e dei media, che hanno sottoposto un’intera popolazione per due anni al ricatto della paura della morte e, in seguito, alla censura tuttora in atto sulle gravi reazioni avverse causate dal farmaco.
Alla luce della mancanza di informazione sui danni da vaccino tramite i canali informativi tradizionali ritiene efficace e sufficiente l’attività sul campo che state conducendo?
Quello che abbiamo di fronte è un muro invalicabile di omertà, poche testate o trasmissioni televisive hanno avuto il coraggio di denunciare quello che sta accadendo, informare nel senso deontologico del termine, che dovrebbe essere un dovere per ogni giornalista, in primis da parte della tv di stato. Tutto ciò che facciamo noi e gli altri gruppi sui territori, come i numerosi comitati che hanno avviato nei mesi scorsi le raccolte fondi per finanziare i “Camion Vela” e le affissioni nei luoghi pubblici, hanno sicuramente un’efficacia, con il passaparola soprattutto, ma non riescono a raggiungere la maggioranza della popolazione, il mainstream è martellante è a tutto campo e a tutti i livelli. Nelle ultime settimane anche l’iniziativa autofinanziata delle affissioni sta incontrando i primi ostacoli: a partire dalla regione Emilia-Romagna, che ha sospeso l’affissione dei manifesti sugli eventi avversi vietando alla società di gestione degli spazi pubblicitari di continuare a vendere gli spazi ai gruppi che si sono attivati, altre istituzioni locali stanno cercando di boicottare le campagne informative sui territori. Anche per noi non è mai agevole riuscire ad ottenere il permesso dalle questure, in particolare quella di Milano, di tenere i presidi e le processioni in luoghi che abbiano un’adeguata visibilità, mentre ogni giorno vengono tollerate manifestazioni di ogni genere. Il tema è evidentemente scabroso e le direttive sono nella direzione di limitarne la divulgazione, ma in gioco c’è la salute dei cittadini, è un’emergenza sanitaria. Questa censura è molto grave perché il pensiero unico dilaga in tv e sui social network, dove sono comunque disponibili canali alternativi, ma la popolazione anziana non utilizza i mezzi digitali per informarsi, guarda soprattutto la tv e legge la carta stampata, pertanto è sottoposta quotidianamente a una comunicazione a senso unico, senza possibilità di sviluppare un pensiero critico e costruirsi una libera opinione personale. In questo bisogna ammettere che anche la Chiesa ha una certa responsabilità, all’interno delle parrocchie i cristiani hanno trovato raramente una sponda per confrontarsi su queste tematiche senza pregiudizi, tranne rare eccezioni. È stata semplicemente trasferita la narrazione dominante senza aprire un confronto sulle sostanze contenute dei vaccini, sull’incondizionata chiusura delle chiese, sull’uso della mascherina e su questioni liturgiche che ancora oggi fanno discutere (l’acqua santa, la particola in mano, ecc.). Questo ha causato anche un senso di esclusione e un volontario allontanamento da parte di alcuni credenti che hanno scelto di non vaccinarsi perché si sono sentiti rifiutati, ma che non si sono persi d’animo e hanno incominciato ad incontrarsi per attivare iniziative di resistenza e di autoaiuto, come le prime comunità cristiane.
Dalla sua esperienza quant’è difficile la condizione di chi soffre di reazione avverse e com’è possibile accompagnare gli ammalati?
Dai racconti dei disturbi fisici, la sofferenza e disperazione di fronte alla mancanza di ascolto, supporto medico, diagnosi e cure, emerge una condizione di totale abbandono e isolamento. Migliaia di cittadini che si sono fidati ciecamente dello stato e riposto totale fiducia nella scienza, oggi sono inascoltati dalle istituzioni che soffocano le loro grida e ignorati dai medici che non sono in grado o si rifiutano di curali: è un vero e proprio calvario, soli, ammalati e messi a tacere. Valutata la situazione, giorno dopo giorno, abbiamo compreso che dovevamo fare di più e ritenuto giusto, necessario ed urgente tendere loro la mano affinché fossero creduti, presi in carico e seguiti, sia dal punto di vista clinico che legale. Ma ci siamo trovati subito di fronte un grande ostacolo: i medici non vaccinati disponibili ad aiutare gli ammalati non potevano esercitare (visitare, prescrivere esami clinici e farmaci, ecc.) in quanto sospesi dagli ordini professionali. È stato pertanto necessario individuare sanitari vaccinati in servizio disponibili seguire questi casi, alla fine abbiamo intercettato una rete di medici volontari che operano sul territorio nazionale anche gratuitamente, oltre che attivato un servizio medico-legale per la diagnosi della correlazione e un supporto legale per l’inoltro richieste di indennizzo e l’avvio di eventuali cause di risarcimento del danno. Colgo l’occasione per dare la nostra disponibilità ad accogliere le segnalazioni dei malati o dei parenti delle vittime all’indirizzo mail: silenzio.innocenti@gmail.com.
Quali sono i dati che tenete in considerazione per le vostre istanze? Sono dati ufficiali e facilmente consultabili?
A cadenza mensile analizziamo i dati delle gravi reazioni avverse del vaccino utilizzando i numeri delle segnalazioni di reazioni avverse della banca dati europea “Eudravigilance”, un portale web a libero accesso per chiunque sia interessato ad approfondire il fenomeno. Un’avvertenza nell’approccio ai dati è tuttavia necessaria, le tabelle non sono facilmente leggibili, per estrapolare dei dati significativi è necessario incrociare diversi parametri, si tratta di un attento e minuzioso lavoro di analisi che ci costa molto tempo, ma che vogliamo offrire a tutti perché la verità offuscata dagli organi di informazione venga finalmente alla luce. È fondamentale che i cittadini siano informati rispetto alle possibili conseguenze di un siero che è comunque sperimentale, per prevenirne eventuali danni alla salute, per esempio affrontando esami clinici preventivi che scongiurino predisposizioni genetiche o patologie in corso, affinché l’esercizio della libertà di cura sia davvero pieno e consapevole.
Cosa si evince esattamente da tali dati? In cosa consistono le reazioni avverse oltre chiaramente il decesso?
Dall’ultimo aggiornamento del 26 settembre scorso, disponibile sulla banca dati europea, emerge un progressivo aumento delle segnalazioni di malattie gravi conseguenti alla vaccinazione anti-Covid: sono in totale 854.454 i cittadini europei che hanno segnalato finora 2.227.216 gravi reazioni avverse. Gli ammalati accusano infatti più disturbi contemporaneamente, spesso si tratta di disfunzioni sistemiche che producono svariati sintomi, per questo le patologie sono difficilmente catalogabili e richiedono tempo e approfondimenti per giungere a una diagnosi certa. Prendendo in considerazione il periodo di tempo dal 6 al 26 agosto, in soli venti giorni sono stati 590 i casi gravi sospetti di reazione avversa al giorno, mentre dal 6 agosto al 26 settembre si registra una segnalazione sospetta grave ogni 117 vaccini somministrati. Per comprendere la portata del fenomeno è bene ricordare cosa si intende per “reazione avversa grave a un farmaco” secondo la definizione dell’’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) che ne elenca le diverse tipologie: “…una reazione fatale; che ha provocato o prolungato l’ospedalizzazione; che ha messo in pericolo la vita del paziente; che ha provocato invalidità grave e permanente del paziente; che ha provocato anomalie congenite e/o difetti alla nascita; che è inclusa nella lista europea IME (Important Medical Event)”. Per chi ha interesse ad approfondire l’analisi dei dati consiglio di leggere due articoli sulla rivista digitale “MILANOpiazzaFONTANA” (“Così è se vi pare“ e “I conti che non tornano”) sulla quale sono reperibili gli aggiornamenti mensili delle segnalazioni di reazioni avverse e gli articoli di commemorazione delle giovani vittime (“Giulia Lucenti”).
A suo avviso i dati sono sottostimati? Se sì, per quale motivo?
Considerando che in Italia, a differenza che in altri stati, non è ancora stata avviata la farmacovigilanza attiva (che prevede un monitoraggio costante dei disturbi conseguenti il vaccino tramite telefonate periodiche, prescrizioni di esami clinici, ecc.) i dati riferiti al nostro paese sono il frutto della sola farmacovigilanza passiva, il cui onere ricade sulla volontà di inviare la segnalazione delle sospette reazioni avverse da parte dei medici coscienziosi e delle associazioni che si stanno impegnando nell’assistenza ai malati, pertanto sono conseguentemente e significativamente molto inferiori ai casi reali. Dai racconti abbiamo oramai chiaro che, alla comparsa del sintomo, il malato non viene preso in carico dalla maggior parte dei medici di base, che non prescrivono esami clinici di approfondimento per arrivare a una diagnosi. Quando invece si accusano disturbi forti e ci si reca direttamente al pronto soccorso, di norma si viene liquidati senza nessuna indagine clinica e con una diagnosi di “stress” a cui seguono prescrizioni mediche di ansiolitici e il consiglio di una visita psichiatrica, in parecchi casi segue la prescrizione di psicofarmaci. In entrambe le casistiche accade che raramente i medici si preoccupano di inviare la segnalazione di sospetta reazione avversa, pertanto la sottostima è certamente significativa, ma non quantificabile. Accade invece al contrario che gli ammalati vengano invitati ad assumere la seconda e/o terza dose, aggravando la loro condizione di salute, spesso irrimediabilmente. Di conseguenza è anche molto difficile ottenere un’esenzione, anche di fronte a patologie conclamate, per questa ragione molti degli ammalati appartengono al personale sanitario (medici, infermieri, ma anche amministrativi), categorie per quali il possesso del super green pass è stato necessario fin dall’inizio per lavorare e molti hanno ceduto al ricatto per evitare la sospensione e la perdita dello stipendio.
DOMANI VERRA’ PUBBLICATA LA SECONDA PARTE DELL’INTERVISTA