«Voglio servirti nei malati tuoi prediletti»: l’ideale di umanità di san Riccardo Pampuri
di Don Gian Maria Comolli*
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IL 28 OTTOBRE DEL 1928 SAN RICCARDO PAMPURI SI OFFRÍ COMPLETAMENTE ENTRANDO NEI “FATEBENEFRATELLI”. D’ALLORA ABBRACCIÒ CON TUTTO IL CUORE NELLA VITA RELIGIOSA E PROFESSIONALE I VOTI DI POVERTÀ, CASTITÀ E OBBEDIENZA
Anche il secondo libro della collana “Un santo per amico”, che le Edizioni Ares hanno ideato per presentare al grande pubblico alcuni esempi virtuosi di vita cristiana nel mondo, è dedicato a un medico, che dopo alcuni anni di esercizio della professione ha risposto alla chiamata che Dio aveva previsto per lui diventando frate. Parliamo di san Riccardo Pampuri (1897-1930), all’età di trent’anni consacrato al Signore Gesù nell’Ordine Ospedaliero di san Giovanni di Dio, comunemente chiamato dei “Fatebenefratelli”. Tale fraternità si propone, come noto, l’assistenza e l’ospitalità alle persone più vulnerabili a causa della malattia o della povertà mediante oltre trecento centri tenuti a livello mondiale.
Il noto giornalista e scrittore cattolico Rino Cammilleri è l’autore di questo nuovo libro intitolato Riccardo Pampuri. Medico del corpo e dello spirito (pp. 288, euro 18) che, come Prefazione, riporta un bellissimo testo di monsignor Luigi Giussani (1922-2005). Il fondatore di Comunione e Liberazione, fra l’altro, vi afferma: «san Riccardo è per noi la testimonianza mirabile che la santità come ideale di umanità vera è alla portata di tutti».
In sedici capitoli Cammilleri ci fa conoscere san Riccardo (al secolo Erminio Filippo), mostrandoci la sua gioventù sana ed apostolicamente impegnata, l’esercizio della professione vissuto con dedizione soprannaturale, totale ed autentica e, infine, la vita da religioso ospedaliero nella quale seppe unire alla sua preparazione e competenza nell’arte medica la testimonianza di una vita cristiana santa.
Come riportato diffusamente nel libro, già da studente e universitario Pampuri seppe intersecare l’aspetto altruistico e caritatevole della sua personalità come socio delle Conferenze di San Vincenzo De Paoli a quello culturale, appartenendo all’Azione Cattolica fin da ragazzo e guidando i suoi giovani amici a Cristo e al Vangelo anche come membro del Circolo Universitario “Severino Boezio” di Pavia. Nel corso degli anni universitari si adoperò per combattere l’insegnamento positivista e materialista, allora largamente in voga nel mondo accademico, tentando di immunizzare colleghi e docenti con l’antidoto delle verità cristiane.
Divenuto medico nel 1921, fu probabilmente attratto dall’esempio dello zio Carlo, un valente medico condotto che, un giorno, gli fece una confidenza che non dimenticò mai: «la società ha bisogno di medici di coscienza, amici disinteressati delle persone sofferenti».
San Riccardo si laureò quindi in medicina e chirurgia con il massimo dei voti e, terminata la festa di laurea, chiese alla sorella suora: «prega affinché la superbia, l’egoismo o qualsiasi altra mal passione non abbia a impedirmi di vedere sempre Gesù sofferente nei miei ammalati. Lui curare e Lui confortare! Con questo pensiero sempre vivo nella mente, quanto soave e quanto fecondo dovrebbe apparirmi l’esercizio della mia professione!». Cammilleri ci informa che il dottor Pampuri fu inviato come medico condotto a Morimondo, a pochi chilometri da Milano, sede di un’abbazia cistercense fondata nel 1134 da monaci provenienti da Mormond, nel nord-est della Francia. Qui rimase dal 1923 al 1927, acquisendo per la carità che accompagnava la sua vita professionale l’appellativo di «santo dottore».
L’autore di questa efficace biografia, nei capitoli settimo e ottavo, narra vari episodi in cui si notano le caratteristiche di Riccardo Pampuri: lo spirito di abnegazione verso i malati, le modalità caritatevoli nel curarli, l’attenzione ai più poveri dimostrata nel non farsi pagare ma portandogli i medicinali e donandogli i soldi affinché una volta dimessi potessero sopravvivere.
Una volta lasciato Morimondo e consacrandosi totalmente a Dio nell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, San Riccardo proseguì per tre anni l’esercizio della professione medica presso l’Ospedale Sant’Orsola di Brescia, sempre curando i corpi ma prestando attenzione anche alle anime dei suoi pazienti.
Una caratteristica ben descritta negli atti del processo di beatificazione che lo descrive così: «nel curare gli ammalati si interessava in primo luogo dell’anima. Chiedeva a loro se andavano a Messa, se facevano la Santa Comunione, se dicevano il Rosario, aggiungendo che per curare il corpo bisogna prima curare l’anima […]. E, così, come prima medicina finiva sempre per inviare il sacerdote per la confessione e la comunione e poi praticava le cure corporali con tutta carità».
San Riccardo concluse la sua breve vita terrena all’età di 33 anni, morendo il 1° maggio a Milano, giorno in cui la Chiesa lo ricorda nella liturgia.
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*sacerdote ambrosiano, collaboratore dell’Ufficio della Pastorale della Salute dell’arcidiocesi di Milano e segretario della Consulta per la Pastorale della Salute della Regione Lombardia. Cura il blog: www.gianmariacomolli.it.