Come dire basta se il legame d’amore crea dipendenza affettiva?
di Sara Deodati
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DALLE EDIZIONI SAN PAOLO “SCHIAVI D’AMORE”, UN PICCOLO MANUALE PER RICONOSCERE E COMPRENDERE LE DIPENDENZE AFFETTIVE SCRITTO DA TRE ESPERTI PSICOLOGI E PSICOTERAPEUTI CATTOLICI: TONINO CANTELMI, EMILIANO LAMBIASE E MICHELA PENSAVALLI
Il fenomeno della dipendenza affettiva consiste in una modalità relazionale per la quale un individuo interpella di continuo gli altri poiché bisognoso di aiuto, guida e supporto. Le principali emozioni vissute in tale tipo di rapporto sono l’ansia, il senso di colpa, la paura e la rabbia. Per coltivare una relazione sana e soddisfacente è necessario invece cercare di creare uno spazio per sé stessi come luogo di arricchimento e occasione di confronto con l’altro (il bisogno di sentirsi unici ed amati è fondamentale per lo sviluppo emotivo ed affettivo di ogni persona).
L’amore per sé stessi diventa quindi la condizione necessaria per poter amare l’altro ma quando manca questo presupposto può diventare difficile costruire relazioni fondate sulla reciprocità. E anzi la relazione con l’altro rischia di diventare il mezzo per rassicurarsi rispetto alla propria amabilità. Può allora essere estremamente faticoso interrompere un legame anche quando è fonte di intensa sofferenza e insoddisfazione. La paura dell’abbandono, l’idea di non potercela fare da soli, il timore di perdere l’amore alimentano una forma di dipendenza affettiva, una «ossessione d’amore» che paralizza nelle azioni e impedisce qualunque presa di decisione, aumentando inevitabilmente il livello di sofferenza individuale.
C’è un pericolo subdolo che caratterizza sostanzialmente l’epoca che stiamo vivendo e che interessa non solo i giovani ma trasversalmente anche tutte le generazioni; questa minaccia deriva dalla stagione ipertecnologica che stiamo vivendo e corre nei nostri smartphone e nei nostri computer; è il tempo questo in cui le relazioni sfumano in “connessioni” e l’altro-da-sé diventa specchio del proprio narcisismo (più che alterità da cui far nascere qualcosa). Lo spiegano bene Tonino Cantelmi, Emiliano Lambiase e Michela Pensavalli nel saggio intitolato Schiavi d’amore. Riconoscere e comprendere la propria dipendenza affettiva per poterne uscire [Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2021, pp. 240, € 22]: l’uso compulsivo di questi dispositivi abbassa sempre di più sia l’intensità che la durata stessa dei legami tra le persone.
«Sempre più frequentemente – spiegano i tre esperti psicologi e psicoterapeuti cattolici -, le nuove generazioni preferiscono delegare anche le discussioni più delicate a un messaggio WhatsApp, faticano a incrociare gli occhi dell’altro e a parlarsi vis à vis perché di persona ci si sente più “scoperti”, quasi nudi, vulnerabili, dal momento che non si possono celare le proprie imperfezioni, le parti di noi più incerte, le nostre ambivalenze. I giovani di oggi sono abituati a vivere relazioni liquide, contatti brevi, hanno rapporti personali sempre meno consistenti e definiti. Oggi, molti giovani sono entusiasti di avere tanti followers ma non riescono a metabolizzare quella profonda sensazione di solitudine perché sono relazioni virtuali e non autentiche e stabili. Iniziano pertanto a prevalere interazioni sociali virtualizzate, rapidamente realizzabili, leggere, ma che altrettanto rapidamente e semplicemente possono essere sospese, interrotte, bloccate».
Questo lavoro si propone quindi di descrivere l’insorgere dei diversi tipi di dipendenze affettive nelle relazioni sentimentali, di analizzarne le manifestazioni e infine proporre le possibili vie di superamento nella certezza che, per rafforzare i rapporti, sia necessario tornare “in presenza”, quindi a guardarsi dritto negli occhi, parlare senza mediazioni tecnologiche, in una parola, tornare ad amarsi e ad amare la vita in tutte le sue manifestazioni reali.
La continua ricerca di conferme e di apprezzamento da parte degli altri, infatti, così come la paura del giudizio, quando si cristallizzano, specialmente in personalità emotivamente immature, «si trasformano in una ricerca pervasiva di compensazione, che influisce sulla qualità delle relazioni affettive: ci si approccia all’altro per il “bisogno” di sentirsi vivi, più che per il desiderio di condividere la vita», spiegano Cantelmi, Lambiase e Pensavalli. Ma l’amore, così come l’amicizia vera, concludono i tre autori, sono e non possono che essere “incondizionati”, capaci solo così «di farci uscire da noi stessi per andare incontro all’amato, in tutti i sensi. È nella bi-direzionalità della relazione affettiva, nella reciprocità, che si sperimentano la gioia di sentirsi amati e apprezzati per ciò che siamo, la sensazione di essere “amabili”, di “andare bene”, di essere liberi di esprimere noi stessi senza il timore del giudizio e del rifiuto. E ci sbilanceremo a dire ancora di più: l’amore ci fa sperimentare reciprocamente anche la sensazione di “essere liberi di sbagliare”, e la bellezza di “essere perdonati”».