Noi che vogliamo anche “una Repubblica fondata sui nonni”…
di Enzo Vitale
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“GRAZIE A DIO CI SONO I NONNI”: È LA CAMPAGNA PORTATA AVANTI DALL’ASSOCIAZIONE PRO VITA & FAMIGLIA PER RICORDARE IL VALORE ENORME DEI NONNI
Intervistiamo Francesca Romana Poleggi, insegnante, componente del Consiglio Direttivo dell’associazione Pro Vita & Famiglia, tra i relatori della Conferenza Stampa “Una Repubblica Fondata sui Nonni” che lo scorso 12 ottobre ha presentato la campagna “Grazie a Dio ci sono i nonni”.
Come recentemente ricordato dal prof. Francesco Belletti, direttore del Centro Internazionale di Studi sulla Famiglia (CISF), fra le “sfide di grande urgenza” che il nuovo Governo Meloni dovrebbe affrontare vi è anche quella di supportare le famiglie nei compiti di cura verso gli anziani. Cosa ne pensa e quali modelli di welfare potrebbero essere considerati in proposito?
Nei Paesi mediterranei, come l’Italia e la Spagna, il rapporto degli anziani con i figli è ancora abbastanza stretto. Nel nord Europa la situazione è molto più triste e le persone anziane e sole che addirittura muoiono sole (tanto che i vicini se ne accorgono per il cattivo odore che proviene dal loro appartamento). L’eutanasia – e la mentalità eutanasica – dilaga tanto che in Belgio e in Olanda viene concessa anche chi – pur in buona salute – sente di aver “completato” la propria vita. Per evitare di imboccare questa strada, da un punto di vista pratico bisogna incentivare la cura a casa (assistenti domiciliari, sussidi ortopedici, riforma della legge 104 che attualmente comporta farraginosi iter burocratici per chi sta davvero male e consente ingiuste prebende ai furbetti della situazione, formazione di case-famiglia con pochi residenti, controlli efficienti sulle Rsa-lager). Magari si potrebbero impiegare le risorse che ora si spendono per la detrazione delle spese veterinarie, per finanziare la fecondazione artificiale, l’aborto, il “cambiamento del sesso”, o per i monopattini, i banchi a rotelle… Poi, ancor più importante, da un punto di vista culturale bisogna recuperare e promuovere i valori della famiglia, della famiglia numerosa e – oso dire – della famiglia “patriarcale” (se leggono le femministe mi uccidono), senza alcun rimpianto dei “padri padroni”. Intendo le famiglie di una volta in cui si conviveva con nonni, e a volte con gli zii “single”… Questi custodivano i bambini finché erano giovani e poi, “naturalmente” venivano custoditi da figli e nipoti quando non erano più auto-sufficienti.
La convincono quegli interventi volti a promuovere il c.d. “invecchiamento attivo” (che favoriscono cioè l’interazione positiva tra le generazioni) su cui punta tanto l’ultimo Piano Nazionale per la famiglia approvato in extremis dal governo Draghi nell’agosto scorso?
L’invecchiamento attivo è stato definito dall’Oms come “il processo di ottimizzazione delle opportunità di salute, partecipazione e sicurezza per migliorare la qualità della vita delle persone che invecchiano”. A me pare che finora a chi invecchia “attivamente” sia semplicemente impedito di andare in pensione. Manca una seria riforma fiscale a favore della famiglia: solo promesse mai concretamente e seriamente realizzate, idem la riforma del welfare nel senso in cui ho accennato precedentemente. La conciliazione famiglia/lavoro (per le famiglie con disabili, anziani, e bambini piccoli) è di fatto un arrabattarsi tra babysitter, badanti, ferie, permessi “ti prego per favore”. E chi non gode di un certo benessere economico non può neanche contare sull’aiuto di babysitter e badanti. Ma anche fosse garantito “l’invecchiamento attivo” ai nonni (che tra l’altro se sono attivi sanno benissimo come impiegare il tempo!), il problema è quando l’invecchiamento non è “attivo”. Io temo che ci sia una perversa mentalità eutanasica che si sta facendo strada anche qui, come nei Paesi del nord: «Cari nonni, quando non servite più a niente è bene che non pesiate sui figli e sulla società e vi leviate “dolcemente” di mezzo».
Senza i nonni che custodiscono i nipoti molte mamme non potrebbero lavorare. È possibile quantificare il vantaggio economico per la società, in termini di forza lavoro e PIL?
Secondo alcuni calcoli il “lavoro” dei nonni in famiglia vale tra i 2000 e i 2500 euro al mese.
I nonni rappresentano le nostre radici, la nostra cultura: negli ultimi anni si è cercato di eliminare le nostre radici e fare lo stesso con i nonni “rinchiudendoli” in un cantuccio. È auspicabile introdurre nella didattica delle ore curricolari che puntino al confronto fra i nonni e i più giovani?
Questa potrebbe essere parte di quella educazione alla famiglia cui facevo cenno prima. Ma la cosa è più ampia e più complessa di un semplice confronto curricolare. Oggi chi parla di tradizione è bollato come fascista o medievale. Anzitutto, invece, bisogna riscoprire il significato e la bellezza della famiglia vera “Società naturale fondata sul matrimonio” (non basta l’amore: non ogni convivenza, non ogni comunità è famiglia. Non ogni “accoppiamento” è matrimonio). Avere figli non è un diritto, ma un dono. E più se ne hanno più ricchi si è, anche se costano sacrifici: magari bisogna rinunciare ai viaggi o all’ultimo modello di cellulare. Più figli si hanno più cure si riceveranno quando si diventa nonni. Se le leggi dello Stato svolgessero il loro ruolo pedagogico in questo senso, saremmo sulla buona strada. Invece le leggi “insegnano” divorzio, aborto, famiglie di fatto, legami effimeri… in questo contesto è ovvio che per i nonni non c’è posto. Ma non importa: c’è l’eutanasia.