Monsignor Antonio Suetta: un vescovo che parla chiaro e forte…
di Diego Torre
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NON SI È PASTORI, MAESTRI O PADRI SE NON SI È PRONTI A DARE LA VITA PER LE PECORE. A MAGGIORE RAGIONE SI DOVREBBE ESSERE PRONTI A RISCHIARE L’IMPOPOLARITÀ MASSMEDIATICA…
Mons. Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia-Sanremo, possiede una qualità fondamentale per un vescovo: il coraggio. Non si è pastori, maestri o padri se non si è pronti a dare la vita per le pecore; a maggiore ragione si dovrebbe essere pronti a rischiare l’impopolarità massmediatica.
Eppure è tale e tanto il rispetto (o il timore) che il seggio episcopale (ma anche quello pontificio) ancora ispira in questo mondo, pur tanto secolarizzato, che quando un pastore parla non lo si contesta apertamente, ma si fa cadere sulla sua parola un silenzio tombale. Mons. Suetta lo sa, ma non sembra preoccuparsene molto. E’ sempre andato controcorrente e continua serenamente a farlo.
Ha sempre condannato apertamente e senza mezze misure aborto, eutanasia e colonizzazione gender, inviando anche un messaggio di sostegno alla marcia nazionale per la vita 2021.
Non ha avuto peli sulla lingua nel criticare le canzoni di Blanco e Achille Lauro in occasione del festival della canzone di Sanremo per il loro carattere dissacrante, ricordando che “non ci si può dichiarare cattolici credenti e poi avallare ed organizzare simili esibizioni.” Non pago di ciò ha promosso, negli stessi giorni di febbraio, nella stessa Sanremo, il festival della canzone cristiana, che Radio Vaticana ha trasmesso in diretta durante le tre giornate, per 20 ore, con un picco notevole di ascolti. Si sta lavorando ora all’edizione 2023. In vista delle scorse elezioni politiche in un messaggio ai fedeli ha ricordato che “il cattolico non può sostenere con il proprio voto candidati, partiti, programmi e proposte in contrasto con i cosiddetti e famosi valori non negoziabili”… “per la presenza di punti come, ad esempio, le istanze della ideologia gender, il suicidio assistito o l’eutanasia, il cosiddetto riconoscimento dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne” e che “la fede cattolica è sempre stata capace di generare civiltà e deve continuare a farlo”.
Chiara e coraggiosa infine la sua analisi del voto del 25 settembre, in un’intervista rilasciata a Mauro Mazza, direttore della rivista Charta Minuta. In essa viene analizzata la condizione del nostro paese ed indicate le priorità amministrative. E’ poi lamentata l’ininfluenza del mondo e del pensiero cattolico, dovuta al fatto che “se il sale perde il suo sapore a null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente” (Mt 5, 13), mentre invece è auspicabile che “la tradizione cattolica debba ritrovare e mostrare la propria originalità, luminosa e sempre attuale, superando una sorta di complesso di inferiorità rispetto alle pretese della narrazione pervasiva della sinistra di possedere l’esclusiva della cultura, del progresso e dell’etica.”
Viene inoltre contestato il pensiero unico ed analizzata la funzione della Chiesa, particolarmente in questo momento storico. Ma il passaggio più “audace” è quello sull’esito elettorale che val la pena riportare testualmente. Per il resto si rinvia correttamente al testo integrale dell’intervista.
“Sono invece soddisfatto che il voto popolare abbia fatto emergere una sensibilità caratterizzante il nostro popolo e la nostra storia, segnati da una tradizione di umanesimo cristiano e dunque incompatibile con le esasperazioni espresse dalla cultura di sinistra. Essa ha sempre più disertato le vere questioni e necessità della gente per promuovere, anche con una certa violenza politica e propagandistica, pericolosissime ideologie, che, pur nascondendosi elegantemente dietro la difesa di presunti diritti umani, in realtà risultano profondamente disumane e foriere di forte negatività e cattivi frutti per il futuro della società. Le diverse formazioni della sinistra – anche le più moderate e magari, a loro dire, vicine al mondo cattolico – sono pericolosamente inficiate da quella dittatura del relativismo etico, di cui parla Benedetto XVI, che oggi dilaga attraverso il cosiddetto “politicamente corretto” e che costituisce purtroppo il criterio prevalente, talvolta esclusivo, delle grandi istituzioni di riferimento come il parlamento europeo. Per questa ragione interpreto il successo del partito Fratelli d’Italia e della sua coalizione politica non principalmente come l’esito di un voto di protesta o della logica dell’alternanza, ma piuttosto come un risveglio – lo spero davvero – di autentica civiltà politica, capace di riscoprire e rivitalizzare la formidabile tradizione del nostro popolo e di promuovere, specialmente nella famiglia e nella scuola, una sempre più necessaria capacità discrezionale circa i valori autentici su cui fondare la vita dell’uomo e la società”.
I giornali del mainstream hanno fatto finta di non sentire. Malinconica e corrucciata è arrivata invece la reazione delle “sardine del ponente ligure” e del locale M5S che, nonostante la lettura sociologica del voto da parte del presule, hanno parlato di appoggio alla Meloni. Ma non sembra che il vescovo ne sia particolarmente preoccupato. Andrà avanti nella serena consapevolezza di dovere rispondere all’Altissimo del suo operato e di dovere difendere il popolo di Dio dalla confusione dilagante, con quella chiarezza di linguaggio e di concetti che ha sempre dimostrato.