Democrazia e Unione Europea: alcune considerazioni a seguito delle elezioni italiane
di Vincenzo Silvestrelli
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LA UE HA CONDANNATO L’UNGHERIA E SI È PESANTEMENTE INGERITA NELLE ELEZIONI POLITICHE ITALIANE CON DICHIARAZIONI INOPPORTUNE DELLA PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE URSULA VON DER LEYEN. CI PONIAMO QUINDI ALCUNE DOMANDE SUL RAPPORTO FRA UE E DEMOCRAZIA
Come alcuni ricorderanno, nel 2015 la Grecia si trovava in una grave crisi finanziaria e l’Unione Europea intervenne con misure che colpirono pesantemente la popolazione. Imposte in pratica delle politiche che Atene avrebbe dovuto assumere come condizione per avere il sostegno UE. Il governo allora presieduto da Alexis Tsipras indisse un referendum per chiedere alla nazione se le condizioni poste dalla cosiddetta trojka, cioè dai rappresentanti della Commissione europea, della BCE e del Fondo Monetario Internazionale, erano accettabili per risolvere la crisi finanziaria. Le proposte della trojka furono respinte a larga maggioranza ma il governo Tsipras, nonostante il mandato popolare, non riuscì ad evitare i diktat di Bruxelles che furono successivamente approvati in Parlamento anche con i voti di parte dell’opposizione di destra. Oltretutto nella tornata elettorale del 2019 questi partiti “europeisti” di destra hanno avuto la meglio.
Non c’è niente di peggio, però, di un governo che promuove una consultazione popolare per poi mancare di dar seguito a ciò che aveva promesso. Perché questo è avvenuto richiederebbe un’analisi approfondita che non è in questa sede il caso di provare a fare. È evidente però che Tsipras si è avventurato su una strada senza prevedere la necessità di risposte straordinarie ad una situazione straordinaria. Per questo l’allora ministro dell’economia Yanis Varoufakis, che lo ha sostenuto inizialmente in quelle scelte, l’ha abbandonato subito e ora gira l’Europa tenendo conferenze e scrive libri.
Un rischio simile lo abbiamo da noi a seguito delle elezioni del 25 settembre. È evidente, infatti, che l’opposizione al governo Draghi ha premiato fortemente il partito di Giorgia Meloni. Nonostante i media abbiano esaltato in ogni momento la cosiddetta “agenda Draghi” e la figura dello stesso Presidente del consiglio, il popolo italiano ha dimostrato di non aver gradito le sue politiche che hanno causato inflazione, aumento delle bollette energetiche, recessione e coinvolgimento della Italia in una guerra contro la Russia. Le conseguenze di queste politiche si evidenzieranno di più ora, anche in conseguenza dell’atto di guerra che ha causato il blocco del North Stream 1 e 2, indebolendo la Germania che è la spina dorsale economica della UE. Si è trattato di vero e proprio attacco, probabilmente effettuato da un paese occidentale, contro una struttura strategica europea in acque internazionali. Sembra infatti difficile che i russi abbiamo avuto la possibilità di agire, per altro contro il loro interesse, in un’area controllata dalla NATO.
Mentre da una parte abbiamo una evidente avversione popolare in Italia e in altre parti di Europa alle politiche della Commissione europea e della NATO, il rischio è, come in Grecia, che anche all’Italia siano imposte scelte diverse da quelle desiderate dagli elettori.
La strada della UE per conseguire questo obiettivo potrebbe essere quella dell’inserimento di Ministri “tecnici” in dicasteri-chiave che continuino le disastrose politiche di Draghi. Sarà difficile trovare una via che, da una parte eviti un contrasto frontale con l’atlantismo invasivo che caratterizza questa fase storica e, dall’altra, non conduca il Paese a scelte contrarie all’interesse nazionale. Sarebbe molto importante, in questo senso, garantire l’unità del centrodestra e trovare altri appoggi in settori chiave del Paese come la “parte sana” (che è quella maggioritaria) della magistratura e il mondo delle imprese. L’Ungheria è un buon esempio di come una nazione possa difendere i suoi interessi vitali. Auguriamo in ogni caso al nuovo Governo Meloni un buon lavoro per l’Italia.