Il generale Bertolini: “è un interesse legittimo fermare l’immigrazione incontrollata”
di Pietro Licciardi
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IL GENERALE BERTOLINI ILLUSTRA I NUOVI SCENARI GEOPOLITICI E IL NUOVO RUOLO DI UNA ALLEANZA COME QUELLA DELLA NATO DATA TROPPO PRESTO PER SPACCIATA
Il generale Marco Bertolini è stato comandante del 9° reggimento d’assalto “Col Moschin”, della Brigata paracadutisti Folgore, e successivamente a capo del Comando interforze per le operazioni delle forze speciali e del Comando operativo di vertice interforze, dal quale dipendono tutte le forze italiane impiegate in operazioni fuori area. E’ stato impiegato in Libano, Somalia, Bosnia-Erzegovina, Macedonia – dove è stato Capo di stato maggiore della “Extraction Force” della Nato – e Afghanistan, dove nel 2003 ha comandato il contingente italiano. Nel 2009 è stato Capo di stato maggiore del Comando Isaf, sempre della Nato. Con riferimento alla crisi in Ucraina è coautore, col professore Giuseppe Ghini, del libro Guerra e Pace al tempo di Putin edito da Cantagalli.
Generale, la guerra russo-ucraina sembra aver riportato in auge la Nato, che secondo alcuni osservatori sembrava in crisi di identità Cosa è cambiato con questo conflitto?
«Direi che con questo conflitto siamo tornati all’antico. Inizialmente infatti la Nato aveva lo scopo di difenderci dal Patto di Varsavia ma nel 1989 il Muro di Berlino è caduto e questo ha portato alla disgregazione sia del Patto che della Unione sovietica, che ha perso parecchie delle sue repubbliche. Tra l’altro sia Gorbačëv, che Eltsin e anche Putin avevano dimostrato una certa attrazione verso l’Europa occidentale. Anche la Nato quindi ha modificato il suo schieramento: i britannici hanno ritirato l’armata del Reno e si sono ritirate dalla Germania pure le forze belghe e francesi oltre naturalmente quelle russe, tanto che in quel periodo si è cominciato a dire: a cosa serve la Nato? Poi però è arrivata l’epoca del terrorismo e le truppe dell’alleanza hanno cominciato ad essere impiegate fuori dal loro teatro operativo. Con la guerra in Ucraina l’Occidente a guida americana ha l’opportunità di riportare la Nato alla sua antica funzione: la difesa dal nuovo blocco euroasiatico».
La Gran Bretagna si è mostrata molto “atlantista” essendosi subito schierata al fianco degli Stati uniti nel sostenere l’Ucraina…
«Stati Uniti e Gran Bretagna sono ormai da molti punti di vista i paesi guida della Nato. In questi giorni abbiamo visto l’enfasi sul funerale della regina Elisabetta, quasi fosse stata la nostra sovrana. In effetti un po’ tutta l’Europa occidentale sente molto l’attrazione di questi paesi. Ne abbiamo quasi adottato la lingua e la religione essendo diventato il cattolicesimo molto più protestante di una volta. In ogni caso questa attrazione provoca dei cambiamenti anche dal punto di vista politico e non solo culturale».
A quanto pare si stanno profilando due nuovi blocchi: da una parte l’Occidente (Europa, Stati Uniti, Canada e Australia), dall’altra Russia e Cina mentre altri Paesi, come l’India, sembrano voler assumere una posizione più vicina al nuovo blocco eurasiatico pur conservando una certa neutralità. In questo nuovo scenario geopolitico come cambia il ruolo della Nato?
«Due blocchi esistevano di fatto da sempre: le potenze insulari e navali anglosassoni –Stati Uniti, Inghilterra, Australia, Nuova Zelanda, Canada – e il continente euroasiatico. Naturalmente l’Europa, specialmente quella occidentale, si colloca in maniera un po’ particolare aggiungendo alla dicotomia che ho appena citato anche la dicotomia tra Nato e oggi la Russia – essendo usciti dalla sua orbita gli ex paesi comunisti dell’Est – e il continente asiatico. Con la nuova situazione che si è creata la polarizzazione si è accentuata. La domanda faceva riferimento anche agli altri paesi come l’India. Ebbene, la Russia ha tutto l’interesse ad attrarli a sé sfruttando il suo valore aggiunto di essere una potenza continentale con grandi risorse e un esteso territorio. Inoltre la Russia per la sua posizione centrale può ben commerciare con India e Cina. In questa situazione il ruolo della Nato sostanzialmente non cambia e come dicevo prima torna all’antico, a quello che aveva con la Cortina di ferro, che a quanto pare si sta ricreando. Prima iniziava a Berlino, domani forse parleremo del “muro di Kyev”. Insomma siamo di fronte ad una nuova polarizzazione, che non farà bene alla nostra economia e alla nostra sicurezza, in cui la Nato purtroppo sarà ancora protagonista».
Anche il Mediterraneo sembra stia tornando ad essere un mare strategicamente “caldo”…
«Si dice spesso che l’asse geostrategico si stia spostando dall’Europa e dal Mediterraneo verso l’estremo Oriente; in parte è vero, considerate le tensioni che ci sono, ad esempio Taiwan, ma c’è poco da fare: è ancora in Europa che si concentrano gli interessi di tutti. E’ qui che si sta combattendo una guerra tra Stati Uniti e Russia. Gli Usa hanno l’interesse strategico a chiudere i russi fuori dal continente e dal Mediterraneo mentre è all’ Europa che punta la Via della seta cinese, che qui ha già alcune infrastrutture. Pensiamo ai porti del Pireo e Trieste, ma anche a tutte le nostre città in cui ci sono colonie cinesi radicate che a differenza di altre comunità continuano ad avere uno stretto rapporto con le loro autorità consolari e la madrepatria. Questo per confermare che Europa e Mediterraneo sono ancora il punto nevralgico di tutti gli equilibri mondiali»
In effetti sul Mediterraneo si affacciano ben tre continenti…
«Certo, su questo mare si affaccia una grande potenza in pectore in termini di risorse, che è l’Africa; una grande potenza culturale ed economica che è l’Europa e naturalmente il Medio Oriente, che è la porta di accesso verso l’Asia. Da questo punto di vista credo che nei prossimi decenni continueremo a vivere in un’area di grandi turbolenze».
In Italia le spinte contrarie alla Nato sono state e sono ancora forti; sarebbe possibile o realistica una uscita o, almeno, una “presa di distanza” dall’Alleanza?
«Credo il problema non si ponga. L’Italia non ha la forza per assumere un ruolo indipendente, ritirandosi in una sorta di splendido isolamento, e affrontando nel contempo emergenze economiche o militari come quelle che stiamo attraversando. Per poter uscire dalla Nato occorrerebbe una classe politica con ambizioni che non mi pare siano condivise da nessuno. Credo invece si ponga il problema di come noi ci rapportiamo con la Nato. La Turchia ad esempio ha il secondo esercito della Nato il che le attribuisce un ruolo importante. Anche la Francia è importante grazie alla sua force de frappe nucleare. Ebbene questi due paesi hanno interessi nazionali che prevalgono su tutto, anche sugli altri paesi dell’Alleanza, questo perché hanno la forza di farli valere. La Turchia ha sostituito l’Italia in Libia perché noi non abbiamo avuto la forza, la lungimiranza o il coraggio di fare qualcosa per salvare i nostri interessi. Ecco, per noi sarebbe importante avere quella forza politica, economica e militare per convincere gli alleati a farsi carico anche dei nostri interessi. Invece spesso non facciamo altro che aspettare che siano gli altri a dirci quali sono gli interessi per i quali ci dobbiamo battere. Ad esempio sarebbe un interesse legittimo fermare l’immigrazione incontrollata che arriva dal Nordafrica ma non abbiamo la forza affinché gli altri paesi europei e Nato ce lo riconoscano. In definitiva avremmo bisogno di far parte dell’Alleanza con maggiore determinazione e idee chiare sui nostri interessi e sul nostro ruolo. Non dimentichiamo che ci siamo noi al centro del Mediterraneo e in quest’area dovremmo poter dire la nostra, come sta facendo la Turchia. Ma per tutto questo occorrerebbe una classe politica un po’ più colta di quella che abbiamo fino a oggi espresso».