Francia, i bimbi Down non potranno mostrarsi felici nelle pubblicità

Francia, i bimbi Down non potranno mostrarsi felici nelle pubblicità

di Angelica La Rosa

LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO (CEDU) HA RESPINTO L’APPELLO: I BAMBINI CON SINDROME DI DOWN NON POTRANNO MOSTRARSI FELICI IN FRANCIA NELLE PUBBLICITÀ

Nel marzo 2014, in occasione della Giornata Mondiale della Sindrome di Down, la Fondazione Jérôme Lejeune, in collaborazione con l’associazione italiana Coordown, ha coprodotto il video “Dear Mom -to-be”.

Quindici persone con trisomia 21, provenienti da diversi paesi europei, hanno parlato con una donna incinta con un bambino con questa disabilità, per rassicurarla sul suo futuro. Ognuno si esprimeva nella propria lingua, in termini commoventi: sembravano essere felici.

Poche settimane dopo la sua apparizione sui canali televisivi francesi (M6, Canal+ e D8), il Conseil Supérieur de l’Audiovisuel ha censurato il filmato vietandone la trasmissione in un contesto pubblicitario, adducendo che “non può essere considerato un messaggio di interesse generale (…) poiché rivolgendosi a una futura mamma, il suo scopo può sembrare ambiguo e non suscitare un sostegno spontaneo e consensuale”.

Il Conseil Supérieur de l’Audiovisuel (sostituito dal 1 gennaio 2022 dall’Autorità di regolazione per gli audiovisivi e le comunicazioni digitali) aveva sostenuto che il video era “inappropriato” perché l’espressione di felicità dei giovani che vi compaiono” turberebbe “la coscienza delle donne che hanno fatto scelte diverse e legittime nella loro vita personale” e insiste sul fatto che la sua diffusione “non favorisce l’interesse generale dei francesi”.

“Cara futura mamma, non aver paura, tuo figlio potrà fare molte cose. Può abbracciarti, può correre da te, può parlare e dirti tutto ciò che ti vuole bene, può andare a scuola, può imparare a scrivere… Tuo figlio può essere felice come lo sono io”. Queste le  ‘terrificanti’ secondo il Conseil Supérieur de l’Audiovisuel.

La Fondazione Jérôme Lejeune aveva quindi scelto di impugnare la decisione del Conseil Supérieur de l’Audiovisuel dinanzi al Consiglio di Stato. E quando il suo ricorso è stato respinto, nel 2017 ha presentato alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo una richiesta di condanna della discriminazione e dell’attacco alla libertà di espressione delle persone con sindrome di Down, invocando gli articoli 10 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che garantiscono la libertà di espressione e il divieto di discriminazione.

Ma lo scorso 1° settembre 2022 la CEDU ha dichiarato inammissibili i ricorsi della Fondazione Jérôme Lejeune e Inès. La Corte ha concluso che i ricorrenti non potevano essere considerati “vittime” ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Pertanto, la Corte si rifiuta di pronunciarsi sul merito, sulla discriminazione e sulla violazione della libertà di espressione delle persone con sindrome di Down.

Di conseguenza, alle persone con sindrome di Down è ora vietato esprimersi nella pubblicità. La loro libertà di espressione può essere esercitata solo all’interno di un programma “inquadrato e contestualizzato”, che lo spettatore sceglie di guardare.

Secondo il Conseil Supérieur de l’Audiovisuel gli spettatori non dovrebbero confrontarsi con la felicità delle persone con sindrome di Down, con il pretesto che potrebbe far sentire in colpa alcune persone.

Per la cronaca il video è stato trasmesso in nove paesi, sui principali canali nazionali e molto apprezzato dalla stampa internazionale. È stato anche presentato alle Nazioni Unite il 21 marzo 2014. Ha ricevuto diversi Leoni d’Oro al Festival Internazionale della Creatività. Nessuna autorità amministrativa straniera l’aveva censurato. Tuttavia, in Francia, due denunce inviate al Conseil Supérieur de l’Audiovisuel hanno consentito la censura di questo video, nonostante sia stato visto più di 8 milioni di volte su YouTube.

In un comunicato, Jean-Paul Van De Walle, consulente legale di ADF International, che ha rappresentato la Fondazione Jérôme Lejeune dinanzi alla CEDU, sottolinea che “la decisione della Corte di dichiarare inammissibile questo caso è deplorevole perché trasmette il segnale che i Governi possono esercitare pressioni per mettere a tacere le voci delle persone con sindrome di Down nella sfera pubblica”.

 

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