La Nigeria guida la lotta contro l’aborto all’Onu
di Angelica La Rosa
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PER LO STATO AFRICANO: “OGNI PAESE DEVE DECIDERE LE PROPRIE LEGGI SULL’ABORTO A LIVELLO NAZIONALE SENZA INTERFERENZE ESTERNE”
Nei giorni scorsi la Nigeria ha affrontato gli Stati Uniti e l’Unione Europea in un acceso dibattito sull’aborto presso l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
“Ogni Paese deve decidere le proprie leggi sull’aborto a livello nazionale senza interferenze esterne”, ha denunciato un delegato nigeriano durante il dibattito in Assemblea Generale sull’accesso alla giustizia per le vittime di violenza sessuale.
“I paesi devono aiutare le donne a evitare l’aborto e fornire alle madri e ai loro bambini assistenza sanitaria e sostegno sociale”, ha aggiunto, citando i precedenti accordi delle Nazioni Unite.
La delegazione nigeriana ha proposto emendamenti per rimuovere nella risoluzione il controverso linguaggio che promuove l’aborto e l’ideologia di genere.
Gli emendamenti co-sponsorizzati da Bielorussia, Camerun, Etiopia, Libia, Mauritania e Senegal, sono stati sostenuti da più di trenta delegazioni, per lo più provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente, e alla fine sono falliti.
Ma il clamoroso risultato è servito a dimostrare che il diritto all’aborto è ben lungi dall’essere una questione risolta a livello internazionale.
Il delegato nigeriano ha citato la Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo del 1994, in cui i membri delle Nazioni Unite hanno deciso di affrontare gli effetti negativi dell’aborto sulla politica delle Nazioni Unite.
Quell’accordo ha messo l’aborto in una luce negativa come qualcosa da evitare, ma i paesi occidentali e le agenzie delle Nazioni Unite vogliono reinterpretare gli stessi documenti della conferenza per promuovere “l’accesso all’aborto sicuro” come questione di diritti umani.
In linea con questo approccio, i nigeriani hanno messo in guardia contro l’aborto come risposta ufficiale delle Nazioni Unite alle gravidanze in situazioni di emergenza, affermando che “crea il pericolo che le donne siano costrette ad abortire i loro bambini”.
Il punto più controverso del dibattito è stato un paragrafo della risoluzione che ha dichiarato per la seconda volta “l’accesso all’aborto sicuro” una questione di diritti umani in una risoluzione dell’Assemblea generale. Sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea lo hanno sostenuto.
Ma l’intensa opposizione incontrata dal paragrafo potrebbe rendere difficile per le delegazioni statunitensi ed europee razionalizzare la nozione di “aborto sicuro” in altri accordi delle Nazioni Unite.
Molte delle stesse delegazioni che si sono opposte al linguaggio sull’aborto si sono anche opposte al linguaggio relativo al genere, all’omosessualità e al transgenderismo.
La risoluzione ha sostituito qualsiasi riferimento alla “violenza sessuale” e alla “violenza contro le donne” nella risoluzione con il termine “violenza sessuale e di genere”.
Le agenzie delle Nazioni Unite usano questo termine per descrivere i programmi non solo per porre fine alla violenza, ma anche per promuovere l’accettazione sociale dell’omosessualità e della transessualità.
Durante l’ultimo dibattito all’Onu, l’Unione europea ha insistito sulla necessità di questo tipo di programma.
“La discriminazione alimenta la violenza”, ha affermato il rappresentante della Repubblica Ceca a nome dell’Unione Europea. “Per vietare la violenza dobbiamo vietare ogni forma di discriminazione… compresa quella basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”.
Il delegato ceco ha parlato con forza della necessità di fornire ai bambini “un’educazione sessuale completa” e di “combattere contro il traviamento” dei diritti sessuali.
Il vivace dibattito in Assemblea Generale ha messo in evidenza l’importanza che i governi attribuiscono alle politiche delle Nazioni Unite, anche se talvolta sono viste come non vincolanti e le implicazioni legali degli accordi non sono sempre immediatamente chiare.
In uno scambio rivelatore prima dell’incontro, un rappresentante degli Stati Uniti ha detto a un gruppo di attivisti nella galleria dell’Assemblea Generale, inclusa la Rise Foundation, che una risoluzione indipendente delle Nazioni Unite sui diritti dei sopravvissuti alla violenza sessuale è importante perché, se il linguaggio viene ripetuto di nuovo in future risoluzioni potrebbe diventare vincolante come “diritto internazionale consuetudinario”.
Ironia della sorte, nel comunicato ufficiale Usa durante il dibattito, lo stesso delegato ha affermato che nell’adottare la risoluzione il governo Usa “non ha riconosciuto alcun cambiamento nello status del diritto internazionale consuetudinario”.