Il Figlio di Dio è salito sulla croce per salvarci dalla morte eterna
di don Ruggero Gorletti
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COMMENTO AL VANGELO DI MERCOLEDÌ 14 SETTEMBRE 2022 – Esaltazione della Santa Croce
Dal vangelo secondo san Giovanni (3, 13-17)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».
COMMENTO
Oggi celebriamo la festa della Esaltazione della Santa Croce. Costantino aveva fatto costruire a Gerusalemme una basilica sul Golgota e un’altra sul Sepolcro di Cristo Risorto. La dedicazione di queste basiliche avvenne il 13 settembre dei 335. Il giorno seguente si richiamava il popolo al significato profondo delle due chiese, mostrando ciò che restava del legno della Croce del Salvatore. Da quest’uso ebbe origine la celebrazione del 14 settembre. A questo anniversario si aggiunse poi il ricordo della vittoria di Eraclio sui Persiani (nell’anno 628), ai quali l’Imperatore strappò le reliquie della Croce che erano state trafugate, e le riportò solennemente a Gerusalemme.
Il brano di Vangelo che abbiamo appena ascoltato ci riporta l’ultima parte del dialogo tra Gesù e Nicodemo, un fariseo giusto che era venuto di notte (per timore degli altri farisei) a parlare con Gesù. Il dialogo era iniziato parlando del serpente di Mosè nel deserto. Che cos’è? Durante il lungo periodo che gli Ebrei hanno passato nel deserto (trentotto anni!), girovagando inutilmente prima di giungere alla terra promessa, il popolo si era più volte ribellato a Dio. Come punizione Dio aveva mandato dei serpenti velenosi, che uccidevano quelli che venivano morsicati. Il popolo, spaventato, tramite Mosè aveva chiesto perdono e aiuto a Dio, e Dio stesso aveva indicato a Mosè cosa fare: costruire un serpente di bronzo e innalzarlo sopra un palo. Chiunque, dopo essere stato morso, avesse guardato il serpente di bronzo avrebbe avuto salva la vita. Gesù parla di sé come di quel serpente di bronzo. Il Figlio dell’uomo sarà innalzato come il serpente. È evidente il riferimento alla crocifissione. In queste poche parole Gesù spiega a Nicodemo, anche se in modo un po’ misterioso, ciò che gli accadrà e il motivo per cui il Figlio di Dio ha accettato di farsi uomo e di morire sulla croce. Gesù verrà innalzato sulla croce, come il serpente di bronzo. E come il serpente di bronzo salva dal veleno del serpente e ridona la vita.
Questo è il motivo per cui il Figlio di Dio si è fatto uomo ed il motivo per cui è salito sulla croce: salvarci dalla morte. Non dalla morte fisica, come il serpente di bronzo, ma dalla morte eterna, dalla dannazione eterna, dal destino di eterna sofferenza che attende chi muore lontano dall’amore di Dio. Se lo lasciamo agire, il veleno del peccato che abbiamo in noi ci può condurre alla vera morte, alla dannazione eterna. Per evitare questo Dio ci ha dato un rimedio: il suo Figlio crocifisso. Per avere salva la vita gli Ebrei dovevano guardare il serpente. Per non essere esclusi dalla vita eterna noi non dobbiamo limitarci a guardare il Crocifisso, ma dobbiamo credere in Lui: «chiunque crede in Lui ha la vita eterna» (Gv 3,15).
Cosa significa credere in Lui, e cosa c’entra con la guarigione dal peccato? Credere non è soltanto una questione intellettuale, vale a dire ritengo che una certa cosa sia vera. Certo, credere significa innanzitutto questo. Ma credere in Dio significa anche fidarsi di Lui e, di conseguenza, prendere sul serio ciò che ci ha detto. Significa adeguare la nostra vita alla sua parola, prendere sul serio il suo insegnamento, fare ciò che a Lui piace e fuggire dal peccato. Una fede che non si concretizzi in un agire pratico è un vuoto parlare, è una cosa inutile. Ricordiamo le parole di Gesù: «non chi dice “Signore Signore” entrerà nel Regno di Dio, ma chi fa la volontà del Padre mio» (Mt 7,21).
Per poter essere guariti, è anzitutto necessario che ci rendiamo conto di essere malati. Se non pensiamo di avere in noi il veleno (il peccato) non cerchiamo neppure l’antidoto (Gesù Cristo). Riconoscere di avere sbagliato, avere voglia di emendarci, di purificarci, di cambiare. Riconoscere che Gesù Cristo è Colui che può guarirci da questo male significa anzitutto accogliere la sua parola, il suo insegnamento, adeguare la nostra vita alla sua parola, permettendo all’amore di Dio, che proprio nella croce di Cristo trova la sua massima espressione, di portare frutti di bene nella nostra vita.