La triade Dio-Patria-Famiglia non è un prodotto culturale fascista
di Diego Torre
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LA FAMIGLIA RIMANE IL FATTORE NUMERO UNO PER IL SUPERAMENTO DI OGNI SFIDA (ECONOMICA, SOCIALE, SANITARIA ECC.). LA “RIFORMA DELL’UOMO” SAREBBE LA PRIMA DI TUTTE LE ALTRE, RILANCIANDO LA LEGGE NATURALE
Nel 1918 più di 3 milioni di combattenti tornavano a casa e trovavano l’Italia ancor più affamata ed impoverita di come l’avessero lasciata. Altri 650.000 soldati erano caduti sui campi di battaglia lasciando nei guai le famiglie.
Nello stesso anno l’epidemia detta “Spagnola” iniziava la sua danza di morte e nel biennio successivo portava via tra i 50 e i 100 milioni di vittime, il 2,5-5 per cento della popolazione mondiale; la più grande ondata di morti dalla peste nera del 1300. In Italia il contagio toccò 4 milioni di persone, ed i morti furono 600.000, quasi quanto quelli della guerra, soprattutto nel meridione.
Tutto ciò avveniva in un paese bisognoso di giovani braccia, perché dall’economia essenzialmente agricola, ed ancora alle prese con le ferite aperte dall’unità nazionale imposta dal regno di Sardegna. Le vittime di entrambi le tragedie furono soprattutto fra la popolazione giovane della penisola, quella dalla quale, dopo lo sforzo bellico, ci si poteva aspettare un maggiore contributo alla ripartenza.
Uno scenario tristissimo, al quale la medicina ed il governo risposero per quanto possibile, mascherine incluse, arrivando anche a vietare il rintocco funebre delle campane ed i funerali, per non abbattere maggiormente il già depresso morale del popolo. Il ritorno alla pace quindi non fu affatto facile con un corollario di miseria, di scontri sociali, di violenze politiche; tutte condizioni che non facilitavano certamente la vita di uno stato, nato appena 60 anni prima. Uno scenario indubbiamente peggiore di quello dei nostri giorni. Altro che Covid!
Nel 1929 crolla la borsa di Wall Street e banchieri, manager, investitori, fanno a gara a buttarsi dall’alto dei grattacieli americani a causa del fallimento delle loro società. In Italia invece, nonostante il disastro di appena 10 anni prima, si viveva con dignità.
A prescindere da considerazioni sulla situazione politica di quel tempo, un fattore spiega soprattutto le ragioni di questa sopravvivenza nel naufragio economico che coinvolse l’occidente di allora. Troppi dimenticano che, anche in economia, il fattore principale delle scelte e dei relativi esiti rimane l’uomo con il suo carattere, con la civiltà della quale è intriso e certamente anche con la sua religiosità. L’italiano di quegli anni è un cattolico praticante, amante delle realtà sociali in cui è nato (vicolo, quartiere, comune, regione, categoria lavorativa, patria) e di cui porta le stigmate. Al primo posto sul podio dei valori egli, ammantata da un’aura di sacralità, metteva la famiglia, luogo di nascita, crescita ed educazione della persona.
Un uomo siffatto possedeva quelle virtù che permettono di affrontare le crisi, anche quelle economiche. Senso della dignità personale e sociale, onestà sino allo scrupolo, laboriosità, solidarietà tangibile nel vicolo e nel paese (ma anche nella nazione; si chiama patriottismo). Un uomo frugale e risparmiatore, che sapeva sacrificarsi, per sé e per gli altri; stringere la cinghia, donarsi, immolarsi.
Checché ne pensi la cultura relativista la triade Dio-Patria-Famiglia non era e non è un prodotto culturale fascista e non è lo slogan di una “vita di merda”, come ha detto una parlamentare. Esso esprime e sintetizza quella naturale adesione alla legge iscritta dal Creatore nel cuore della persona umana che le dà equilibrio e nobiltà, e la rende capace, per amore, di superare qualunque confronto.
L’uomo rimane quindi il fattore numero uno per il superamento di ogni sfida, anche di quella epocale che stiamo vivendo oggi. La “riforma dell’uomo” sarebbe la prima di tutte le altre. Per farla occorrerebbe rinsaldare i principi valoriali legati alla legge naturale e trasmessi dalle radici cristiane. Questa Europa e questa Italia sono ancora capaci di un simile sforzo? Il mondo della politica e della cultura, la scuola e soprattutto la Chiesa hanno ancora la lucidità per coglierne la fondamentale importanza e il coraggio per combattere la cultura edonista e la dittatura del relativismo?