Gesù (l’Uomo-Dio) e la Madonna ci fanno scoprire l’uomo-essere vivente razionale e relazionabile
di Padre Giuseppe Tagliareni*
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A SCUOLA DEI SACRI CUORI DI GESÙ E MARIA
L’uomo è “persona”, essere vivente razionale e relazionabile a Dio e ad altre persone; sia come singolo e ancor più come coppia, è il capolavoro della creazione. Questo è ancor meglio comprensibile guardando Gesù, l’Uomo-Dio e la Madonna, sua madre. Essi sono la coppia primigenia della nuova creazione, sono il centro dinamico del-la creazione. Se è vero che “tutto è stato fatto per mezzo lui e in vista di lui” (cfr. Col 1,16; Gv 1,3), è anche vero che nulla Dio ha voluto senza Maria, senza la sua cooperazione. E come nella famiglia naturale è necessaria la contemporanea presenza dell’uomo e della donna come autori della vita e fondamento della famiglia, così in quella soprannaturale ha voluto la presenza vitale e il solido fondamento di Gesù, l’Uomo Dio, e di sua Madre, inseparabilmente uniti tra di loro e ligi al volere del Padre dei Cieli, di cui sono l’immagine più pregnante.
Ciò che dà vita ad un organismo è l’impulso vitale ricevuto dal Creatore e mantenuto mediante la correlazione armonica di tutti gli organi e funzioni tra di loro ben integrati a tutti i livelli. Ma tra tutte le funzioni, due sono le più importanti: quella del capo e quella del cuore: il capo con le sue connessioni nervose tiene tutto il corpo unito sotto unico comando; il cuore posto a motore della circolazione sanguigna dà l’impulso vitale a tutte le cellule. Così il corpo vive ed opera. Capo e cuore ben connessi tra loro fanno funzionare il tutto e tra tutti sono gli organi più necessari per vivere. La meravigliosa unità e la perfetta distribuzione dei ruoli così diversi e così complementari esprime l’infinita sapienza e amore del Creatore, che vive per se stesso e fa vivere anche noi, resi partecipi della vita per suo puro e liberissimo dono. Nel numero virtualmente infinito di esseri, la vita esprime la potenza infinita del Signore della vita; il benessere poi, il fiorire e il fruttificare esprime la ricchezza della creazione e la bontà di Dio.
Nella coppia uomo-donna, l’uomo prende la parte del capo, la donna quella del cuore. Devono vivere insieme e ben connessi tra di loro. Come capo, all’uomo tocca l’autorità; alla donna invece, come cuore, spetta dare vita a tutto. La donna è la fonte della vita: suo compito è generare e far crescere; stabilire e animare le relazioni vitali; creare comunione tra tutti. L’uomo è la fonte dell’autorità: a lui compete unire tutti e comandare, discernere e giudicare, indicare la direzione e guidare il cammino. Bisogna che ognuno entri nel suo ruolo, secondo il disegno del Creatore e agisca d’intesa con l’altro per il bene della coppia e della famiglia. La donna-madre genera e umanizza l’uomo, gli conferisce bellezza e grazia; l’uomo-padre ne forma il carattere e lo prepara ad affrontare il mondo in modo positivo e proficuo. L’equilibrio dinamico dei due fa sì che i figli godano il benessere psico-fisico, crescano sani, siano integri e maturi, fatti capaci di edificare la società: amando, lavorando e creando nuove famiglie sane e vitali.
Nel Corpo Mistico le condizioni sono simili, anche se con le debite distinzioni. Il capo è senza alcun dubbio Cristo, l’Uomo-Dio; il cuore è ancora Cristo ma unito con Maria sua madre. Chi unifica tutto, giudica e comanda è Lui, Verbo fatto carne, Re del Regno eterno; è Lui che ci conduce al Padre, superando ogni ostacolo mondano e infernale. Al cuore della Chiesa vi è ancora Cristo ma insieme con Maria sua Madre. Sono loro che danno la vita divina e la fanno circolare per tutto l’organismo perché sia vitale. Qui Gesù si fa collaborare da Maria, a cui assegna il ruolo tipicamente femminile e materno: quello di ricevere e generare (secondo Spirito Santo), far crescere e alimentare, stabilire le relazioni vitali e animare, creare comunione tra tutti i membri della famiglia e abbellire mettendo in tutto ordine e grazia.
I Sacri Cuori di Gesù e di Maria SS. sono il centro vitale dell’universo, il luogo più santo, la fonte da cui sgorga la vita divina e la stessa autorità suprema del creato.
Ciò si evince da due verità dogmatiche: a) Dio Padre ha fatto tutto per il suo Figlio unigenito, che ha posto al centro della creazione, chiedendo l’adorazione degli stessi Angeli (cfr. Ebr 1,6), e l’adesione a lui da parte di tutti gli uomini (cfr. Gv 6,29); b) Il Verbo si è fatto carne per mezzo di Maria, debitamente preparata dallo Spirito Santo, che la rese “piena di grazia” e Madre di Cristo (e dei cristiani cioè i redenti da Cristo). Queste due verità rivelate vanno messe in correlazione con il monte Calvario, dove Cristo s’immolò nel supremo sacrificio della croce insieme a Maria sua Madre. Qui Gesù pagò il debito dell’uomo alla divina Giustizia ed ottenne per tutti l’effusione dello Spirito e la divina Misericordia; qui egli fece il più grande atto d’amore e di ubbidienza al Padre e da Lui ricevette la corona della sua eterna regalità; qui si saldò per sempre l’unità tra Figlio e Madre nella immolazione completa al volere del Padre e Maria ricevette la sua nuova maternità nei confronti dei redenti. Qui si è formata la sorgente perenne della grazia per tutti gli uomini che vi si accosteranno con fede come Giovanni l’apostolo fedele, come Disma il buon ladrone pentito, come la Maddalena convertita.
«Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza» (Is 12,3) è detto, e la sorgente inesauribile della grazia e della misericordia sono i Sacri Cuori uniti insieme: quello di Cristo è la sorgente divina, quello della Vergine Madre è la fonte dove si può attingere facilmente. Dalle sante cinque Piaghe sgorga il Sangue redentore che dà vita alle anime; ma è Maria che accompagna al Figlio suo, alla sua contemplazione con sguardo di fede e di amore che ottiene grazia. “Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a colui che hanno trafitto” (Zac 12,10): come San Giovanni apostolo ci conferma, ciò è veramente accaduto sul Calvario quel giorno del Venerdì Santo in cui Gesù, l’Agnello di Dio, è stato immolato sulla croce, mentre ai suoi piedi gemeva amante e consenziente la Madre addolorata.
La grazia della divina consolazione scaturisce dal Cuore trafitto di Cristo, unito indissolubilmente a quello di Maria SS., che così diventa la “Madre della divina consolazione”, che ammannisce ai suoi figli afflitti e disperati che accettano di avvicinarsi a Cristo. Dall’alto della croce egli li attira per concedere loro grazia e misericordia, come aveva promesso (cfr. Gv 12,32 “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”).
Per arrivare al Cuore di Cristo bisogna immergersi nello sguardo di Maria sua Madre: non c’è altra via più sicura e immediata. Gli occhi sono finestra dell’anima e lo sguardo indica la direzione, l’attenzione dello spirito, l’intensità della partecipazione e della comunione. Ora in Maria l’anima è tutta rivolta a Dio in Gesù suo Figlio: unitissima a lui, va’ con lui al Padre nello stesso movimento di amorosa e dolorosa obbedienza, che ripara l’antica disobbedienza della coppia primigenia: Eva e Adamo. La Vergine Madre poté sommamente partecipare perché preparata dalla grazia dello Spirito Santo a questo momento. Fu lo Sposo divino a darle un cuore accogliente, amante e immolato alla volontà di Dio. Maria partecipò con la più docile disponibilità alla grazia e con la più ferma volontà all’ubbidienza a Dio. Seguendo il suo esempio possiamo imparare a farci un “cuore nuovo” (Ez 11,19), dono dello Spirito, ma anche frutto di conquista: un cuore docile, amante, obbediente, così come piace a Dio. Solo allora gusteremo la divina consolazione.
a) Un cuore accogliente: nasce dall’umile sentire di sé, bisognoso di grazia e di vita che viene da Dio. Mentre il superbo si gonfia di orgoglio e non fa spazio ad altri all’interno del proprio io, dove contempla se stesso, il proprio pensiero come unico lume e afferma il suo volere come assoluto, l’umile abbassa se stesso e fa posto ad altri, vedendosi piccolo e bisognoso di beni superiori, specialmente se comunicati da Dio, quale la Sua parola. Questa viene accolta con gioiosa obbedienza e risuona all’interno dell’io, dove tutto tace nel silenzio attento. La parola allora trasmette integro il contenuto e dà forma al pensiero. Per questi motivi nell’antico Popolo risuona continuamente il monito divino: “Ascolta, Israele!” (Deut 6,4).
b) Un cuore amante: l’amore è la spinta a fondersi con l’amato, a mettersi a suo servizio, a comunicare tutto in una comunione sempre più grande. L’amore è una fiamma che tutto fonde e trasforma, dando gioia all’amato o condividendo dolore e sofferenza. In verità il Cristo uomo-Dio soffre e continua a soffrire col suo cuore umano-divino. Soffre perché Dio non è amato, perché gli uomini vanno in perdizione, perché vede che anche gli eletti devono soffrire e molto. Il grande amore di Maria ai piedi della croce fa di Lei l’Addolorata, colei che più partecipa al dolore di Dio quasi per stemperarlo col suo amore e beve fino in fondo il calice amaro del Redentore, quasi per diminuirlo ed esaurirlo se fosse possibile.
c) Un cuore che s’immola: la fusione dei due cuori di Gesù e di Maria fa sì che accettino di immolarsi per la gloria del Padre e, riparando il peccato, essere causa di salvezza per tanti fratelli e figli. Solo l’amore più grande può dare la forza d’immolarsi per gli altri e pregusta la gioia di Dio e di tutti gli eletti di Dio per la loro salvezza. Chi guarda Gesù crocifisso e la Madre addolorata uniti del sacrificio d’immolazione al volere del Padre dei cieli e li asseconda, merita il dono dello Spirito e la divina consolazione. Egli berrà avidamente alla fonte inesauribile della gioia e penetra nello spessore della croce, nei misteri della redenzione, facendo della propria vita un sacrificio gradito a Dio, in unione con quello di Gesù e Maria.
* Padre Giuseppe Tagliareni
(29 luglio 1943 – 25 gennaio 2022),
è il fondatore dell’Opera della Divina Consolazione