Il tema chiave della giustificazione per mezzo della fede in Cristo
di Pietro Madeo
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LE LETTERE PAOLINE: UNA RIFLESSIONE SULLA LETTERA AI GALATI
La Lettera ai Galati è uno dei testi che compongono il Nuovo Testamento. La lettera, scritta da Paolo di Tarso tra il 54 e il 57 fu composta per controbattere una predicazione fatta da alcuni ebrei cristiani dopo che l’apostolo aveva lasciato la comunità: questi missionari avevano convinto alcuni Galati che l’insegnamento di Paolo era incompleto e che la salvezza richiedeva il rispetto della Legge di Mosè, in particolare della circoncisione. Paolo condanna tale orientamento, proclamando la libertà dei credenti e la salvezza per mezzo della fede.
La lettera, scritta in greco, è stata scritta dopo il 50, epoca di massima nella quale vengono fondate le comunità della Galazia. La maggior parte degli studiosi colloca la composizione durante il terzo viaggio di Paolo e si ipotizzano tre possibili luoghi di composizione: Efeso, Macedonia e Corinto. Nel primo caso, la lettera sarebbe da datare agli anni 54-55, negli altri verso il 56-57. Essa nasce come risposta alle notizie pervenute a Paolo riguardo ad alcune comunità che si stavano uniformando alla pratica della legge mosaica, probabilmente anche in seguito alla politica religiosa portata avanti dall’imperatore Claudio.
Dal punto di vista dottrinale, la lettera presenta il tema chiave della giustificazione per mezzo della fede in Cristo preannunciando temi che saranno poi sviluppati compiutamente nella Lettera ai Romani. Nella lettera viene espressa la libertà del credente in Cristo ed è per questo spesso considerata la “magna charta della libertà cristiana”.
Il tema centrale della lettera è la presentazione del vangelo paolino della giustizia cristiana derivante unicamente dalla fede in Cristo, liberando quindi i credenti dai vincoli della legge mosaica. L’apostolo prosegue con una nota autobiografica. Paolo non aveva conosciuto direttamente Gesù, anzi aveva all’inizio combattuto aspramente contro i primi cristiani. Il vangelo da lui annunciato non ha un modello umano, ma è stato rivelato da Cristo (“Vi dichiaro dunque, fratelli, che il vangelo da me annunziato non è modellato sull’uomo; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo“, 1,11-13).
Paolo descrive quindi il suo incontro con Pietro e il superamento della legge grazie all’opera di Gesù: “Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (2,20). Paolo esorta i Galati a restare nella fede, come essa è in Gesù, e ad abbandonarsi al frutto dello Spirito. L’apostolo ricorda che Abramo è stato salvato per mezzo della fede e si sofferma quindi sulla funzione della Legge, evidenziando come il cristiano sia “figlio di Dio”: “Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo” (3,26-27).
Per Paolo non esistono più quindi, tra chi ha fede in Cristo, differenze di etnia, sesso o classe sociale; “non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità” (5,6). Seguono insegnamenti riguardo al giusto modo di usare la libertà come cristiani, in relazione al precetto dell’amore e all’invito a camminare seguendo lo Spirito. “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge” (5,22-23).
Nella conclusione della lettera (6,11[19]), Paolo scrive: «Vedete con che grossi caratteri vi scrivo con la mia propria mano». Con ciò evidenzia il valore formale e “giuridico” dello scritto e pare indicare che il resto della lettera sia stato scritto con la collaborazione di uno scrivano. L’epilogo riassume infine alcuni tra i principali insegnamenti contenuti nella lettera.