Papa Francesco è filorusso? Risponde il cardinal Parolin: “è equivicino”
di Diego Torre
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IL CARDINALE PAROLIN SPIEGA COME LA DOTTRINA DELLA CHIESA INTENDE LA GUERRA E LA PACE
Il card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha concesso un’intervista a Limes nella quale ha opportunamente richiamato la tanto negletta “dottrina” della Chiesa sul tema della guerra. Egli ha esposto così una riflessione ortodossa, ordinata e razionale su quanto la Chiesa insegna in proposito. Ferma una prima dichiarazione di principio: “La Chiesa segue l’esempio del suo Signore: crede nella pace, lavora per la pace, lotta per la pace, testimonia la pace e cerca di costruirla. In questo senso è pacifista”.
Ma il pacifismo appena rivendicato non è una pace ad ogni costo, pur avendo ribadito il prelato che “il disarmo è l’unica risposta adeguata e risolutiva.” L’amore per la pace infatti non esclude in modo assoluto l’uso delle armi. Infatti “il catechismo della Chiesa cattolica prevede la legittima difesa. I popoli hanno il diritto di difendersi, se attaccati. Ma questa legittima difesa armata va esercitata all’interno di alcune condizioni che lo stesso catechismo enumera: che tutti gli altri mezzi per porre fine all’aggressione si siano dimostrati impraticabili o inefficaci; che vi siano fondate ragioni di successo; che l’uso delle armi non provochi mali e disordini più gravi di quelli da eliminare. Il catechismo, infine, afferma che nella valutazione di questa problematica, gioca un ruolo importante la potenza dei moderni mezzi di distruzione.” Nella estrema sintesi che impone lo spazio di un’intervista, il cardinale ha ricordato i punti fermi della dottrina della Chiesa.
Il cardinale ha anche respinto le accuse rivolte a Papa Francesco di essere filorusso, ritenendolo “`equivicino´, cioè vicino a quanti soffrono le conseguenze nefaste di questa guerra, le vittime civili innanzitutto, e poi i militari e i loro familiari”. Si tratta di accuse “ingenerose” e “grossolane”, causate dalla ” constatazione che il papa non fa il ‘cappellano dell’Occidente”. Questa è una puntualizzazione che non piacerà affatto oltreoceano dove l’amministrazione dem di Joe Biden arruolerebbe volentieri il Papa fra i sostenitori di Zelensky.
Il ruolo di cappellano dell’occidente liberista e consumista fu già rifiutato dal venerabile Pio XII nel drammatico contesto della seconda guerra mondiale (e anche dopo). Casualmente quel conflitto si concluse con i due bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, le due città che contavano il maggior numero di cristiani del Giappone. Un crimine immenso che serviva però come test bellico, come dimostrazione planetaria delle capacità belliche degli USA e come severo monito su chi fosse ormai il padrone del mondo.
Parolin ha poi concluso con lo stesso grido di S. Paolo VI alle Nazioni Unite del 4 ottobre 1965: “Mai più guerra!”. E’ un auspicio ed una speranza che vanno sempre alimentati. E’ un obiettivo che va sempre perseguito. Ma il peccato originale, che ha immesso nella storia umana la morte, la malattia, il parto con dolore e il lavoro col sudore, ci ha dato anche la guerra.
Se vogliamo fare guerra alla guerra dobbiamo combattere il peccato, santificare le anime e la società, creando così un mondo fondato su amore e giustizia che renda impossibili le guerre; un mondo il cui sovrano sia Cristo Re. E’ al Principe della pace che bisogna chiedere il dono della pace, ricordando che essa è la “tranquillità dell’ordine”(S. Agostino, De civitate Dei). E nell’immediato cosa fare contro la guerra? Evitarla con l’impegno delle diplomazie; altrimenti regolamentarla, ridurne i danni, e scansarne gli aspetti più disumani. Se non è possibile cacciarla dalla storia la si può e la si deve almeno circoscrivere nelle sue cause e nei suoi effetti.