In Ucraina “italiani contro” e non da oggi

In Ucraina “italiani contro” e non da oggi

di Andrea Rossi

GUERRA IN UCRAINA: IL CASO DI KEVIN CHIAPPALONE È LA PUNTA DELL’ICEBERG DI UN FENOMENO CHE ANDREBBE INDAGATO IN MODO PIÙ SERIO DAI MEDIA E SENZA INUTILI SCHERMAGLIE POLITICHE

Kevin Chiappalone è un bel ragazzo diciannovenne, di quelli che normalmente si vedono nelle piazze delle nostre città assieme alla fidanzata o in allegra brigata con i propri coetanei. Kevin invece non è lì o, almeno, non lo è più. Ha attraversato, solitario, la frontiera fra Polonia e Ucraina per unirsi a una delle legioni straniere che combattono con la bandiera gialla e blu cucita sulla tuta mimetica assieme al tridente di San Vladimiro.

Su questo giovane si è già inutilmente detto e scritto di tutto: autore di post sui social con contenuti fascisti, appartenente a gruppi di destra genovesi, componente di una associazione di “soft air”, lo sport che consiste nel simulare scontri fra forze armate rivali con armi innocue. Uno sport che è praticato da decine di migliaia di persone in Italia e si fa davvero fatica a collegarlo alle scelte personali di un adolescente.

Kevin è l’unico italiano che combatte in Ucraina? Assolutamente no. Giulia Schiff, già cadetta dell’Aeronautica militare, espulsa dalle Forze armate a seguito di una vicenda giudiziaria che l’aveva vista denunciare atti umilianti avvenuti ai suoi danni nel periodo dell’accademia, nello scorso marzo ha fatto la stessa scelta, pubblicizzata e chiarita in ogni modo tramite i media italiani. Polemiche politiche e posizioni scandalizzate non se ne sono sentite, ma forse la ragazza non poteva essere catalogata in nessuno di quegli scatoloni ideologici che tanto piacciono agli opinionisti della tv e della carta stampata.

Nei fertili campi dell’Ucraina, gialli di grano e rossi di sangue, abbiamo già registrato un caduto certo: il quarantaseienne Edy Ongaro, esponente della sinistra radicale veneta, volontario da mesi nelle formazioni filorusse del Donbass. Non si ricordano polemiche politiche successive alla sua cruenta dipartita e, anzi, l’area politica di provenienza di Ongaro ha rivendicato con orgoglio il proprio compagno caduto contro il “fascismo ucraino”.

Chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale dovrebbe fare un passo indietro di fronte a queste storie drammatiche, se non tragiche. Rispettare le ansie e il dolore delle famiglie. Condividere l’urgenza di una riflessione collettiva su questo fenomeno, tutt’altro che marginale nel nostro Paese e che coinvolge anche giovani ucraini residenti in Italia, i quali senza aspettare convocazioni o ordini scritti sono tornati a difendere la loro terra.

Utilizzare a fini politici la storia di un ragazzo che da un giorno all’altro passa dalle uscite in pizzeria alle foto con un bazooka dovrebbe interrogarci e porre domande. Invece (e purtroppo) pare che, in campagna elettorale, una parte politica abbia solo risposte e il righello da dare sulle dita ai propri oppositori, come sempre è accaduto nella lunga storia dei cosiddetti “possessori della superiorità morale”, guarda caso tutti situati nella parte sinistra dell’emiciclo del parlamento.

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