Il concetto di Legge nel Nuovo Testamento

Il concetto di Legge nel Nuovo Testamento

di Pietro Madeo

NEI VANGELI SINOTTICI È DUPLICE L’ATTEGGIAMENTO DI GESÙ NEI RIGUARDI DELLA LEGGE

Nel Nuovo Testamento con il termine Legge si indica tanto la Torah, il Pentateuco e, per estensione, tutti i libri dell’Antico Testamento, quanto la Legge nel senso particolare del Decalogo o di un insieme di norme che reggono la vita umana. Negli Atti degli Apostoli il termine “Legge” acquista un significato particolare, soprattutto nel capitolo 15 dove viene trattata la questione dell’accoglienza dei pagani nella chiesa cristiana. Invero, in base ad un accordo espresso da un decreto degli Apostoli, i cristiani provenienti dal Paganesimo dovranno sottostare solo ad alcune norme generali tratte dalle basi dell’Ebraismo a cui venivano forse sottoposti i proseliti giudei.

Ancora, nei Vangeli sinottici vediamo come duplice è l’atteggiamento di Gesù nei riguardi della Legge. Da un lato, infatti, egli riconosce il valore dell’Antico Testamento come Parola di Dio di valenza permanente. D’altro, è chiaro, invece, come nei Vangeli Sinottici ci sia un’opposizione di Gesù ad ogni tentativo di rinchiudere la vita umana entro la casistica delle interpretazioni rabbiniche della legge. Così egli si oppone ad una legge sabbatica, composta di divieti arbitrari, ed alla pretesa dei Farisei d’imporre alla società dei gioghi che Dio non ha posti, dimenticando la giustizia ed il Regno di Dio.

Ma, ad avviso di chi scrive, una delle dichiarazioni bibliche più importanti e più travisate concernenti la legge è quella di nostro Signore nel Sermone sul Monte: “Non pensate che io sia venuto ad abrogare la legge o i profeti; io non sono venuto per abrogare, ma per portare a compimento. Perché in verità vi dico: Finché il cielo e la terra non passeranno, neppure uno iota, o un solo apice della legge passerà, prima che tutto sia adempiuto” (Mt 5,17-18). In particolare il Sermone sul Monte identifica Cristo come Re e Legislatore. Egli invitò il paragone con Mosè dichiarando la legge da un monte (Mt 5,1); rese chiaro di essere più grande di Mosè, di essere Dio il Re dichiarando non “Così dice il Signore” ma: “Io vi dico” (Mt 5,18).

Come Re universale e sovrano Gesù è anche la fonte di tutta la legge, ed Egli stesso la legge o la direzione dell’esistenza. Perciò in quanto il principio della legge e la fonte di ogni benedizione dichiarò di essere il nuovo scibboleth di Dio: “E in nessun altro vi è la salvezza, poiché non c’è alcun altro nome sotto il cielo che sia dato agli uomini, per mezzo del quale dobbiamo essere salvati” (At 4,12). Gesù è il Legislatore, determina anche le maledizioni e le benedizioni della legge; qui parlò delle conseguenze temporali ed eterne della legge e dichiarò di essere colui che determina quelle conseguenze.

Questa fu un’esplicita identificazione di Cristo sia con Dio che con la legge. Cristo poi procedette a sviluppare le piene implicazioni della legge, le implicazioni loro personali e anche quelle civili, i loro requisiti tanto del cuore che della mano. Essere adirati “senza motivo” con un fratello pattizio è avere l’omicidio nel cuore (Mt 5,21-24). L’adulterio è proibito tanto nel pensiero che come nell’azione (Mt 5,27-28). I farisei e i capi compresero tutto questo meglio dei discepoli e della gente. In contrapposizione alle loro lasse interpretazioni della legge, Gesù si dichiarò il difensore della legge nella sua piena forza, e lui stesso il Legislatore.

Cercarono, perciò, nel caso della donna colta in adulterio, di metterlo in imbarazzo costringendolo ad emettere una decisione che gli sarebbe stata impopolare (Gv 8,11). Nei confronti della tassazione, di nuovo cercarono di metterlo pubblicamente all’angolo e costringerlo ad una dichiarazione che avrebbe danneggiato la sua posizione come baluardo della legge (Mt 21,15-22; cfr. Mc 12,14; Lc 20,22). Le ripetute sfide che i capi del popolo portarono a Gesù furono nei termini della legge. Fu fatto uno sforzo molto determinato per negargli la sua posizione come baluardo della legge, infatti, in quanto rappresentanti dell’ordine giuridico stabilito e in quanto governanti del loro tempo, le affermazioni di Gesù costituivano un’incriminazione di queste persone.

 

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