L’agonia della vittima, la compassione per la famiglia, il coro degli sciacalli
di Diego Torre
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QUALE OCCASIONE MIGLIORE PER CREARE NEGLI ITALIANI ULTERIORI COMPLESSI DI COLPA E, PERCHÉ NO, TIRARE UN QUALCHE SILURO A SALVINI E A MELONI?
Le immagini dell’uccisione a Civitanova Marche di Alika Ogorchukwu, morto dopo 4 minuti di agonia, inorridiscono per la loro durezza, ma accanto all’orrore e alla compassione per la vittima e la sua famiglia, il coro degli sciacalli è già partito per additare al pubblico ludibrio l’indifferenza degli astanti e il loro malcelato razzismo.
Inutile dire che se la vittima del brutale assassino fosse stato un “bianco”, in questa estate già ampiamente costellata di omicidi, l’attenzione sarebbe stata minore. Ma quale occasione migliore per creare negli italiani ulteriori complessi di colpa e, perché no, tirare un qualche siluro a Salvini e a Meloni?
Filippo Claudio Ferlazzo, 32 anni, per il quale l’avvocato ha già chiesto la perizia psichiatrica e che già ha in sua madre l’amministratrice di sostegno, era con la sua compagna una civitanovese di 45 anni.
Alla richiesta insistente di elemosina da parte della vittima, che ha preso la compagna per il braccio, ha avuto la reazione assolutamente spropositata che sappiamo. Il movente razzista?
«L’arrestato con noi non ha parlato – sottolinea il vicequestore Luconi, capo della Squadra mobile della questura di Macerata -. Una situazione estemporanea dovuta a futili motivi. La reazione è stata abnorme, ma di sicuro non c’è una matrice razziale».
Il comportamento dei presenti? Scrive S. G. sul suo profilo FB: «Io c’ero a Civitanova quando quel matto ha preso a sprangate quell’uomo. Ho sentito delle urla e ho visto uno con una stampella che picchiava selvaggiamente quel mendicante. Ci ho messo un attimo per realizzare che stava succedendo veramente ma poi ho chiamato il 113 e un’altra ragazza il 118. Nel frattempo, in attesa dei soccorsi, c’è chi ha chiamato ancora il 118 per farsi dire come fare un massaggio cardiaco. Qualcuno altro è andato a prendere il defibrillatore che si trova in piazza, c’è chi ha cominciato a chiedere di un medico ed è arrivato un giovane dottore in vacanza che ha provato a rianimarlo. L’aggressore è stato preso anche perché un signore lo ha rincorso per vedere dove si nascondeva e lo ha segnalato alla polizia. Non è vero che nessuno ha fatto niente. E sì, una ragazza ha filmato tutto e quel filmato è stato dato subito agli inquirenti».
Gli interventi quindi ci sono stati, ma nessuno si è interposto fisicamente per fermare l’aggressore e salvare l’aggredito. Perché? Certamente assistere ad un evento simile, il prenderne coscienza, il prevederne l’esito mortale ed infine intervenire serve un lasso di tempo, anche se breve. Ma chissà quanti, forse tutti, avranno pensato che l’aggressore avrebbe rivolto la sua furia anche contro chi si fosse interposto.
Dice un proverbio siciliano: “Cu sparti avi a megghiu parti”; ovvero: “Chi divide ha la parte migliore”. Vale per una torta gelato ma anche nel caso di bastonate assassine. E allora, in questi casi, la verità di fondo è che bisogna vincere la paura!
Bisogna vincere una condizione psicologica nella quale gli italiani vivono ormai immersi da anni fra pandemie, guerre e crisi economica, e che hanno ormai metabolizzato.
Bisogna essere convinti che la vita biologica, anche la propria, non è il bene supremo dell’uomo e va rischiata quando un imperativo morale l’impone.
Bisogna avere figure di riferimento che non siano cantanti o influencer, ma eroi coraggiosi ed altruisti. Nel medioevo, che i progressisti insistono in malafede a chiamare buio, essi erano i cavalieri, uomini senza macchia e senza paura che erravano per il mondo in cerca di deboli da proteggere e torti da raddrizzare. Oggi sono venditori di smalto per unghie.
Bisogna infine ricordarci quell’ ”amerai il prossimo tuo come te stesso”, che è il secondo comandamento dell’amore datoci da Gesù. Ciò è possibile però soltanto ricordandosi del primo, oggi tanto negletto, da cui discende il secondo : “Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza” (Mc 12,29-31).
Si è pronti a rischiare e forse a morire per uno sconosciuto soltanto se la grande forza dell’amore riempie il cuore dell’uomo. E’ lì che troviamo le ragioni più profonde della sua dignità sovrannaturale e della sua miseria materiale.