Totò Cuffaro: “Il carcere deve essere prima di tutto luogo di anime, non dei corpi”

Totò Cuffaro: “Il carcere deve essere prima di tutto luogo di anime, non dei corpi”

di Bruno Volpe

L’EX PRESIDENTE DELLA REGIONE SICILIA: “BISOGNA FARE DI TUTTO PERCHÉ NELLE CARCERI SIA RISPETTATA PRIMA DI TUTTO LA DIGNITÀ DELLA PERSONA, BADARE CHE LA PENA SIA DAVVERO RIEDUCATIVA COME AFFERMA LA NOSTRA COSTITUZIONE”

“Sono gli amici del Burundi che donano pace e speranza a me”: lo dice in questa intervista esclusiva al nostro sito il dottor Totò Cuffaro, già presidente della Regione Sicilia, protagonista della noto vicenda giudiziaria conclusasi con la sua condanna e la detenzione in carcere. Con Totò Cuffaro parliamo della sua nuova missione di medico in Burundi.

“Con i fondi europei ottenni la possibilità di aprire un ospedale in Burundi. Non feci in tempo, però, ad inaugurarlo visto che iniziò la mia odissea giudiziaria finita con la carcerazione”, ricorda Cuffaro. “Venne in carcere a trovarmi il vescovo del Burundi per chiedermelo. Ma non fu possibile effettuare in ospedale i servizi sociali del residuo carcerazione, visto che la giustizia italiana disse di no. Quando uscii decisi di dedicarmi a pieno titolo in Africa. Le dico anche il nome di quell’ospedale dedicato a Giovanni Paolo II. Il nome fu: Cymbaye Sicilia, nella loro lingua Dono di Dio”.

Dottor Cuffaro lei è specializzato in radiologia. E’ di questo che si occupa in Africa?

“Da quando sono a lavorare in Africa non esistono le specializzazioni, si fa di tutto, anche mettere le stecche. Però le assicuro che gli africani mi hanno dato una grande serenità nell’ animo. In Africa ho fatto il medico, cosa che non potevo e non posso fare in Italia in quanto radiato. Ma il motivo principale che mi ha spinto a questa scelta è la missione, il dare a chi è sfortunato un poco del mio. Essere al servizio degli altri è motivo che dona pace interiore e mi creda oggi mi sento pacificato. Ho pagato il mio debito con la giustizia, ma adesso voglio dedicarmi agli altri, ponendo al loro servizio, specie se poveri, i miei talenti”.

In che senso gli africani le hanno dato pace?

“Hanno poco, quasi nulla. Pensavo di portare io speranza e gioia a loro, ed invece sono loro che la danno a me. Ogni volta che rientro dall’Africa mi sento arricchito. Loro sanno apprezzare il poco”.

In Italia, oggi, lei sostiene anche i diritti dei detenuti…

“Certo, perché sono passato da quel luogo di detenzione. Il carcere deve finire di essere luogo di corpi, ma deve essere prima di tutto luogo di anime. Bisogna fare di tutto perché nelle carceri sia rispettata prima di tutto la dignità della persona, badare che la pena sia davvero rieducativa come afferma la nostra Costituzione. Oggi vi è un sovraffollamento carcerario intollerabile. La sanzione deve essere non vendicativa, rieducativa, ma con questo affollamento diventa complicato”.

 

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