La Dottrina sociale della Chiesa e il “servizio all’economia”

La Dottrina sociale della Chiesa e il “servizio all’economia”

di Don Gian Maria Comolli*

LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA INVITA I FEDELI LAICI IMPEGNATI NELLE ISTITUZIONI, NEL MONDO DEL LAVORO E DELLA FINANZA A TENERE CONTO DI UN PRINCIPIO DI FONDO: L’ECONOMIA DEV’ESSERE AL SERVIZIO DELLA PERSONA E DELLA FAMIGLIA, NON IL CONTRARIO!

Uno dei “settori di servizio” nel quale il fedele laico è chiamato riguarda l’economia. Poche brevi ma significative riflessioni sono riassunte in proposito al numero 563 del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa (2 aprile 2004): «l’impegno del cristiano si tradurrà anche in uno sforzo di riflessione culturale finalizzata soprattutto a un discernimento riguardante gli attuali modelli di sviluppo economico-sociale. La riduzione della questione dello sviluppo a problema esclusivamente tecnico produrrebbe uno svuotamento del suo vero contenuto che invece riguarda “la dignità dell’uomo e dei popoli”».

Altro settore strettamente connesso a quello economico-sociale è quello nella politica e nelle Istituzioni pubbliche. E qui il Compendio ribadisce gli aspetti valoriali, morali e religiosi che devono sorreggere il cristiano che opta per questo servizio al “bene comune”. Evidenziamo alcune affermazioni in proposito:

  • il perseguimento del bene comune va compiuto «in uno spirito di servizio» (Compendio DSC, n. 565);
  • è necessaria «una qualificazione morale della vita sociale e politica» poiché «un’attenzione inadeguata verso la dimensione morale conduce alla disumanizzazione della vita associata e delle istituzioni sociali e politiche, consolidando le “strutture di peccato”» ( 566);
  • in ambito politico l’esercizio dell’autorità è indispensabile ma «deve assumere il carattere del servizio, da svolgere sempre nell’ambito della legge morale per il conseguimento del bene comune» ( 567);
  • in ogni discernimento «il cristiano si riferisca alla triplice e inscindibile fedeltà ai valori naturali, rispettando la legittima autonomia delle realtà temporali, ai valori morali, promuovendo la consapevolezza dell’intrinseca dimensione etica di ogni problema sociale e politico, ai valori soprannaturali, realizzando il suo compito nello spirito del Vangelo di Gesù Cristo» (n. 569);
  • nell’esercizio del diritto/dovere elettorale una coscienza cristiana ben formata «non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l’attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti» (n. 570).

Il Compendio chiarisce, inoltre, un concetto attuale ma contemporaneamente ancora interpretato ambiguamente: quello di “laicità dello stato”. Ossia la distinzione tra la sfera politica e quella religiosa, «un valore acquisito e riconosciuto dalla Chiesa e che appartiene al patrimonio di civiltà che è stato raggiunto» (cfr. nn. 571-572).

Afferma però il Compendio DSC: «permangono purtroppo ancora, anche nelle società democratiche, espressioni di intollerante laicismo, che osteggiano ogni forma di rilevanza politica e culturale della fede, cercando di squalificare l’impegno sociale e politico dei cristiani, perché si riconoscono nelle verità insegnate dalla Chiesa e obbediscono al dovere morale di essere coerenti con la propria coscienza; si arriva anche e più radicalmente a negare la stessa etica naturale. Questa negazione, che prospetta una condizione di anarchia morale la cui conseguenza ovvia è la sopraffazione del più forte sul debole, non può essere accolta da alcuna forma di legittimo pluralismo, perché mina le basi stesse della convivenza umana» (n. 572).

Dobbiamo precisare, per restituire nobiltà al termine “laicità” e porre le basi per un costruttivo confronto, che “laicità” non significa “senza valori”, “relativismo morale” o “assenza di moralità”, soprattutto se questi sono presenti nel dettato costituzionale come possiamo notare ad esempio nella Costituzione Italiana, poiché il rischio è quello di divenire ostaggi del modello culturale definito “scientista-tecnologico” che intende sostituire la verità con l’attualità, sostenendo che una normativa è determinata dalla cultura del tempo relativa e mutevole, non essendoci, secondo il modello, principi etici e morali assoluti e valevoli per sempre. Ciò che è idoneo in un periodo storico, può non esserlo in un altro. Questa visione, ben si comprende, si pone in totale contraddizione con la cultura classica e personalista che sta alla base di varie costituzioni europee. Ricorda il Compendio DSC che «la “laicità” indica in primo luogo l’atteggiamento di chi rispetta le verità che scaturiscono dalla conoscenza naturale sull’uomo che vive in società, anche se tali verità siano nello stesso tempo insegnate da una religione specifica, poiché la verità è una. Cercare sinceramente la verità, promuovere e difendere con mezzi leciti le verità morali riguardanti la vita sociale – la giustizia, la libertà, il rispetto della vita e degli altri diritti della persona – è diritto e dovere di tutti i membri di una comunità sociale e politica» (n. 571).

Il problema si pone più fortemente quando si pone una contesa tra una tematica eticamente sensibile e il primato della propria coscienza, un valore sommo e irrinunciabile. Questo è il suggerimento che Benedetto XVI propose il 22 settembre 2011 al Parlamento Federale Tedesco nel Reichstag di Berlino. «In gran parte della materia da regolare giuridicamente, quello della maggioranza può essere un criterio sufficiente. Ma è evidente che nelle questioni fondamentali del diritto, nelle quali è in gioco la dignità dell’uomo e dell’umanità, il principio maggioritario non basta: nel processo di formazione del diritto, ogni persona che ha responsabilità deve cercare lei stessa i criteri del proprio orientamento».

Concludiamo ricordando che questo notevole aspetto della vita societaria è da tempo negativizzato dal pessimo esempio di alcuni politici e dall’incapacità di molti di superare l’interesse immediato per progettare un bene comune a lungo termine. Nonostante queste negatività, però, Papa Francesco sta continuando ad incoraggiare i fedeli laici all’impegno politico come «vocazione altissima, una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune» (enciclica Fratelli tutti, 3 ottobre 2020, n. 180).

Terminando, il Compendio DSC, propone a tutti i cristiani un percorso in tre passaggi: ripartire dalla fede in Cristo (cfr. n. 577), con una salda speranza (cfr. nn. 578-579) con obiettivo di costruire una civiltà alternativa: quella dell’amore (cfr. nn. 580-583), poiché solo la carità può cambiare completamente l’uomo.

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*sacerdote ambrosiano, collaboratore dell’Ufficio della Pastorale della Salute dell’arcidiocesi di Milano e segretario della Consulta per la Pastorale della Salute della Regione Lombardia. Cura il blogwww.gianmariacomolli.it.

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