Giuseppe Conte come fa sbaglia, da qualunque parte si giri le prende
di Dalila di Dio
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L’EROE DI TUTTI I DPCM HA TENTATO UNA MOSSA ALLA RENZI: MA DI RENZI NON HA IL TALENTO POLITICO
La separazione tra Ilary Balsi e Francesco Totti, che avrebbe dovuto tenere banco per almeno una quindicina di giorni tra il giubilo della Aspesi per la fine di quella prigione chiamata matrimonio e l’esultanza di quelli che “le coppie etero finiscono tutte così”, è stata troppo presto oscurata dalla incomprensibile decisione di Giuseppe Conte di scatenare la crisi di Governo più assurda e incomprensibile degli ultimi anni.
Già, assurda e incomprensibile. Persino più di quella del 2019, quella del Papeete: allora, infatti, Salvini era al top del consenso e puntava alle urne per trasformare in voti quel 30% di cui era accreditato dai sondaggi dopo il primo anno di governo gialloverde. Il suo era un tentativo di conquistare la maggioranza relativa in Parlamento e liberarsi del giogo pentastellato. Tentativo fallito, ma almeno un senso ce l’aveva.
Cosa volesse ottenere Conte con la buffonata di martedì, invece, non è ancora chiaro. Già dopo l’astensione dal voto di fiducia, mentre Draghi saliva al Quirinale, la capogruppo al Senato Castellone rilasciava alla stampa dichiarazioni confuse e contraddittorie dalle quali si poteva evincere chiaramente un unico dato inconfutabile: da bravi scappati di casa, i 5 stelle avevano scatenato la bagarre senza sapere bene dove volessero andare a parare.
Tra una rivendicazione e l’altra – “hanno cancellato tutto, anche il cashback!” – la Castellone contestava “la totale chiusura verso le legittime richieste del gruppo di maggioranza relativa” tutte nell’interesse dei cittadini. “Ma allora siete fuori dal governo?” la incalzava la giornalista: “Se avessimo voluto sfiduciare questo Governo avremmo votato contro!”. Ah, ok. “E allora, esattamente, che state a fare?” si è domandata la maggior parte degli spettatori.
Perché tra Ministri che non votano la fiducia al Governo di cui fanno parte ma non mollano la poltrona neppure sotto minaccia, duri e puri che vogliono arrivare alla rottura tanto ormai il vitalizio è al sicuro, e una manica di “io non ci volevo venire qui, mi ci hanno portato”, l’impressione è che Giuseppi abbia provato a mettere freno al dissenso interno – l’ala anti-governista cresce ogni giorno di più – mettendo una toppa di gran lunga peggiore del buco.
Insomma, l’eroe di tutti i DPCM ha tentato una mossa alla Renzi: ma di Renzi non ha il talento politico – che piaccia o no, il Senatore di Rignano ce l’ha – e, soprattutto, non ha uomini come Bellanova, Bonetti e Scalfarotto, disposti a obbedire pedissequamente alla strategia tracciata in vista dell’obiettivo da raggiungere.
È probabile che Giuseppi non si aspettasse che il Migliore dei migliori andasse a vedere il bluff: l’avvocato del popolo era, verosimilmente, convinto di tirare la corda quel tanto che bastava per dimostrare ai suoi elettori che il Movimento non è ridotto a cameriere del PD e alza la testa persino di fronte all’intoccabile Draghi.
Una commediola a uso e consumo di stampa e adepti, dopo la quale avrebbe voluto tornare buonino a cuccia. Evidentemente, aveva fatto male i conti: non aveva previsto che, in questa storia grottesca, l’unico con tutto da perdere era proprio lui. E Draghi gliel’ha dimostrato.
Insomma, l’uomo chiamato a rifondare il Movimento, l’idolo delle bimbe, il fu promettente federatore del campo largo progressista è riuscito a dilapidare consenso, a perdere un consistente numero di parlamentari in favore del nemico storico Di Maio, a far deflagrare il suo stesso partito e a distruggere definitivamente la propria, scadente e miracolosa, carriera politica.
Sì, perché gli scenari che si aprono adesso sono tutti disastrosi per nostro signore dei lockdown: in primo luogo, è in balia della volontà di Draghi. È lui, infatti, che dovrà decidere confermare le dimissioni o ritirarle e restare (decisione non ha nulla a che vedere con le vicende interne ma dipende da quante e quali pressioni Draghi riceverà a livello internazionale e dalla convinzione o meno di aver terminato il proprio compito di messa in liquidazione del Paese. Ma questa è un’altra storia.).
Nel primo caso, si potrebbe votare a ottobre – anticipando la scadenza naturale di soli 4 mesi – e Conte sarebbe bollato a vita come l’irresponsabile che ha messo i bastoni tra le ruote al Migliore che stava spendendo – benissimo! – i soldi del PNRR e come il colpevole del naufragio del sogno di campo largo progressista (a quel punto, il PD, per salvare la faccia, dovrebbe fargli ciao ciao con le mani, con i piedi e con quant’altro a disposizione).
Nel secondo caso, si aprono due scenari: Governo Draghi bis con il Movimento 5 Stelle che torna alla casa del padre come il figliol prodigo, per passare la campagna elettorale a pigliarle di santa ragione da tutti – ma proprio tutti! – o Governo Draghi bis senza il Movimento 5 stelle con una inevitabile emorragia di Parlamentari e Ministri in carica che passerebbero al partito di Di Maio.
A quel punti Conte e i suoi si troverebbero inspiegabilmente all’opposizione – luogo angusto, molto angusto, dacché il posto è occupato già in lungo e in largo da Giorgia Meloni – di un Governo che hanno appoggiato fino al giorno prima. Insomma, il miglior politico della storia – come amano chiamarlo le sue bimbe – è riuscito da solo a infilarsi in un cul de sac: come fa sbaglia, da qualunque parte si giri le prende.
Un vero talento, non c’è che dire.