Dopo la fuga di Rajapaksa la situazione in Sri Lanka si complica

Dopo la fuga di Rajapaksa la situazione in Sri Lanka si complica

di Pietro Licciardi

NELLO SRI LANKA MANCA IL CIBO, IL CARBURANTE E L’ENERGIA E’ RAZIONATA. NONOSTANTE GLI AIUTI DALL’INDIA. NELLE PROSSIME SETTIMANE LA SITUAZIONE PUO’ PEGGIORARE

La situazione nello Sri Lanka sembra aggravarsi ulteriormente dopo i disordini che da mesi stanno agitando il paese a causa della grave crisi economica. Come riporta AsiaNews, l’agenzia d’informazione del Pontificio Istituto per le Missioni Estere (Pime) migliaia di manifestanti nella capitale Colombo nei giorni scorsi hanno preso d’assalto il palazzo presidenziale e costretto alla fuga il presidente Gotabaya Rajapaksa mentre la polizia ha imposto sabato e domenica il coprifuoco.

Le proteste, sempre più violente, sono iniziate mesi fa, man mano che la situazione si è fatta sempre più difficile dopo la dichiarazione in Aprile della bancarotta. A causa della scarsità di valuta estera lo Sri Lanka non riesce più a importare carburante e beni di prima necessità e sono in molti a incolpare proprio Rajapaksa del declino del Paese.

Nei giorni scorsi anche l’arcivescovo di Colombo, il cardinale Malcolm Ranjith aveva chiesto lei dimissioni del governo. Secondo il cardinale la famiglia del presidente, che occupa buona parte dei posti di comando nello Sri Lanka «considera il proprio potere politico più importante del benessere della gente», da qui la richiesta di farsi da parte per permettere la formazione di un governo provvisorio composto da tecnici competenti in grado di porre rimedio almeno ai problemi più gravi e urgenti, considerato che la credibilità della famiglia Rajapaksa si è ormai azzerata dopo che tutti i tentativi compiuti per ottenere cambiamenti finanziari, politici o costituzionali sono stati respinti dall’opinione pubblica.

Malcolm Ranjith, facendosi interprete del sentimento popolare ha anche chiesto ai leader delle opposizioni di «lavorare in unità e trasparenza rinunciando alle loro piccole e meschine barriere politiche e ideologiche» sia per portare fuori lo Sri Lanka dall’attuale gravissima crisi, sua per arrivare alle elezioni il prima possibile. 

Anche il vescovo Asiri Perera, già presidente della Chiesa metodista dello Sri Lanka, aveva rivolto una analoga richiesta al presidente Gotabaya Rajapaksa, le cui dimissioni dovevano essere «il primo passo per la ripresa della nazione». Il Maha Sangha, un importante organismo dei monaci buddhisti dello Sri Lanka, non ha chiesto esplicite dimissioni ma aveva comunque invitato il presidente a lavorare immediatamente per la creazione di un governo in cui fossero rappresentati tutti i partiti. 

Tutte le richieste sono però cadute nel vuoto e la popolazione esasperata ha forzato la mano costringendo Rajapaksa a una fuga precipitosa.

In soccorso dell’isola, situata appena al largo del continente indiano, era appena giunto anche un credito di 55 milioni di dollari concesso dalla Exim Bank of India per l’acquisto di circa 65mila tonnellate di fertilizzante col quale far fronte alla stagione dei monsoni – che va da Settembre a Marzo – nonostante ad Aprile Gotabaya Rajapaksa avesse imposto il divieto di importare fertilizzanti chimici per favorire l’agricoltura biologica e biodinamica. Una decisione rivelatasi sbagliata poiché ha colto impreparati gli agricoltori causando la perdita di interi raccolti, il loro impoverimento e una crisi alimentare.

Priorità del governo, come dichiarato dal ministro Ranil Wickremesinghe, era garantire la sicurezza alimentare per la popolazione alla quale manca adesso anche il riso che è alla base della sua dieta ma dopo i recenti sviluppi la situazione sembra complicarsi e non è esclusa una escalation delle violenze non solo nella capitale da parte di gente sempre più disperata.

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