Tragedia Marmolada: la natura ha sempre le sue regole, a prescindere dall’uomo

Tragedia Marmolada: la natura ha sempre le sue regole, a prescindere dall’uomo

di Matteo Castagna

SOGGIORNANDO A POCHI CHILOMETRI DALLA MARMOLADA HO SENTITO LA SOFFERENZA PER LA TRAGEDIA DEL DISTACCO DI UNA PARTE DI GHIACCIAIO, CHE HA DILANIATO I CORPI DI 11 ESCURSIONISTI

“La montagna è come una bella donna: va amata, va coccolata, va ammirata e, soprattutto, rispettata”.

Erano queste le parole che il mio maestro di sci utilizzava, per insegnarmi come si va sulle Dolomiti, che sono paradisi naturali, con regole, spesso, spietate.

Anche se molto giovane, ricordo perfettamente la slavina che distrusse il paese di Stava, così come la caduta fatale del fratello di Messner dalla Torre del Vajolet, per un fulmine che gli colpì il chiodo piantato per l’ascesa.

E, in questi giorni, soggiornando a pochi chilometri dalla Marmolada, ho sentito la sofferenza ed espresso il cordoglio per la tragedia del distacco di una parte di ghiacciaio, che ha dilaniato i corpi di 11 escursionisti. La natura ha degli equilibri ben precisi.

Noi viviamo un periodo storico particolare, che non ha nulla a che vedere con l’ideologia gretina del riscaldamento globale, perché non esiste, se non come sinistra ideologia.

Ce lo confermò, di fatto, il censuratissimo premio nobel Prof. Zichicchi, sostenendo che i cambiamenti climatici sono dovuti a mutamenti ciclici del sole.

Qui, in val di Fassa, la deformazione professionale e le conoscenze acquisite in oltre quarant’anni di frequentazione di questi luoghi meravigliosi, mi hanno portato ad informarmi da guide alpine ed esperti in merito alle possibili cause di questa immane tragedia.

Tutti hanno concordato con l’autore di www.storiologia.it Giorgio Gonzato, che ha salito la Marmolada 35 volte, ed ha affermato: “non si sale né si scende sulla Marmolada quando ci sono 10 gradi”. (…) “La strada è ben segnata, la forcella é attrezzata da un cavo d’acciaio, da staffe e pioli metallici. Poi, giunti sulla cresta in 10 minuti si raggiunge la Punta Penia. Non é per nulla difficile , tutto in 2 ore, ma ci devono essere le condizioni climatiche ottimali. Alle ore 13,25, con 10 gradi sopra lo zero é un suicidio!!!”

“Carlo, il gestore del rifugio Penia, poco distante aveva postato tre giorni prima un video con lo smartphone per la situazione allarmante, non del piccolo ghiacciaio, ma del blocco del seracco in pendenza che, a causa dell’acqua infiltratasi rischiava di staccarsi e precipitare. L’allarme non è stato ascoltato, e anche se lo fosse stato, nessuno avrebbe bloccato tutto il turismo a valle”.

Continua Gonzato:
“Prevedibile? Nello stesso punto, due anni fa, una valanga distrusse il rifugio del Pian dei Fiacconi. Ma quest’anno la situazione climatica era ancora peggiore. Se ci vai o ci scendi a mezzogiorno non dire che è “imprevedibile”; é facilmente fatale.

“Nel ’57 un enorme pezzo di ghiacciaio staccatosi dall’Ortles, dopo aver squarciato un’ intera foresta, raggiunse i 4 tornanti della strada per Solda, dove stava passeggiando il curato leggendo il breviario. Lo ritrovarono dopo 4 mesi.

Nel 1916 alla stessa Marmolada ci fu una valanga quasi uguale perfino maggiore, trascinò nel sottostante lago tutte le caserme degli austriaci: 300 furono i morti.

Ma anche nel 1957 e 1962, la pioggia mancò per mesi e mesi.
Nel 1893 fu l’anno di siccità più grave di tutta Europa. Non piovve per quasi un anno. Il petrolio doveva essere ancora utilizzato, di conseguenza non c’erano i motori a scoppio né le auto che “inquinavano”!

La siccità colpì duramente l’agricoltura; tutti i raccolti: nelle vigne non vi era un grappolo d’uva; di granoturco nemmeno una pannocchia; frutta e verdura appena l’ombra.
Ma nei secoli precedenti non sono mancati i ritiri dei ghiacciai lasciandoci come ricordo “le morene”. Una delle più famose d’Europa è quella alla fine della Val d’Aosta “La Serra”, che va da Ivrea a Santhià (53km – lasciando un muro laterale alto 300 m.).

Significa che dal Monte Bianco il ghiacciaio era su tutta l’attuale Val d’Aosta fino a sbucare a Ivrea nella Val Padana. Mi risulta che allora non c’era l’inquinamento del carbone, del petrolio, delle auto, ecc.

La natura faceva il suo corso, ieri, come con l’uomo di oggi e lo farà anche senza l’uomo…domani.

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