Nella polarità fra “mare” e “terra” riconosciamo anche il nostro presente geopolitico
di Vincenzo Silvestrelli
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NELLA VELOCE TRATTAZIONE CHE CARL SCHMITT FA DELLA STORIA DEL MONDO INCENTRATA SULLA POLARITÀ “MARE” E “TERRA” IL GRANDE PENSATORE TEDESCO RICONOSCE IL NOSTRO PRESENTE
Vale la pena rileggere oggi, nell’anniversario della nascita di Carl Schmitt (1888-1985), l’agevole trattatello Terra e mare. Una riflessione sulla storia del mondo, scritto dal grande pensatore tedesco a Berlino, nel 1942, nel totale isolamento della guerra e pubblicato in Italia da Adelphi.
Schmitt è stato un filosofo del diritto e dello Stato di tradizione cattolica che ha partecipato alla vita politica tedesca sin dalla “repubblica di Weimar” (1918-33) ma la cui adesione al nazionalsocialismo lo costrinse all’emarginazione in patria, meno in Italia e nel resto dell’Occidente. Fra i suoi commentatori nel nostro Paese, ad esempio, ricordiamo il prof. Gianfranco Miglio (1918-2001), uno degli intellettuali che ispirarono nel 1991 la nascente Lega Nord di Umberto Bossi.
Il filosofo tedesco fu emarginato da Hitler prima della sua sconfitta in quanto nel suo pensiero si riscontrava troppa “romanità”. Nel secondo dopoguerra si ritirò a vita privata continuando a scrivere e studiare.
Nel trattato “Terra e mare”, giunto alla 10ª edizione italiana (traduzione di Giovanni Gurisatti, Adelphi Edizioni, Milano 2002, pp. 149, € 12), Schmitt elabora una visione della storia e della geopolitica basata sulla conquista dello spazio, realtà non solo geografica ma anche spirituale. La terra, infatti, è per lui la base fondamentale della vita umana. «si spiega così che in molti miti e leggende, in cui i popoli hanno conservato le loro più antiche e profonde memorie ed esperienze, la terra compaia come la grande madre dell’uomo. Essa viene indicata come la più antica delle divinità. I libri sacri ci raccontano che l’uomo nasce dalla terra e che di nuovo terra diverrà» (Terra e mare, p. 7).
Nello stesso tempo, però, Schmitt richiama la mitica memoria della origine acquatica della vita. Il dualismo mare e terra è dunque ripreso dal filosofo tedesco come uno dei fondamentali elementi arcaici cui si rifà in ogni tempo l’umanità.
«Siamo figli della terra o del mare? – s’interroga metaforicamente Schmitt – A questa domanda non si può rispondere con un semplice aut-aut. Miti antichissimi, moderne ipotesi scientifiche e risultati della ricerca protostorica lasciano aperte entrambe le possibilità» (Terra e mare, p. 10).
Nell’ambito della geopolitica la storia del mondo è considerata frutto della continua lotta fra potenze di mare e potenze di terra: Grecia e Persia, Atene e Sparta, Roma e Cartagine, Sacro Romano Impero e mondo arabo.
Fra le metafore storiche che il pensatore tedesco enumera una però è più legata all’attualità: «verso la fine del XIX secolo, era immagine diffusa caratterizzare le tensioni di allora tra la Russia e l’Inghilterra come la lotta di un orso contro una balena». Questa lotta ricorda la mitica contesa fra il grande pesce biblico, il Leviatano e un animale di terra, altrettanto forte, rappresentato come toro od elefante chiamato Behemoth. E aggiunge a tal proposito in Terra e mare: «I cabalisti dicono dunque che Behemoth cerca di squarciare il Leviatano con le corna o con i denti, mentre il Leviatano chiude con le sue pinne bocca e naso dell’animale di terra così che non possa né mangiare né respirare. Questa è, evidentemente, come appunto solo un’immagine mitica può esserlo, la rappresentazione del blocco di una potenza terrestre da parte di una marinara che taglia i rifornimenti al paese per affamarlo» (p. 14).
Sembra di vedere anticipata la modalità delle sanzioni alla Russia e non solo che caratterizza spesso la politica degli Stati Uniti, una nazione che ha ereditato l’impero sul mare inglese.
Interessante nel libro è anche come Schmitt tratteggia la nascita della supremazia marittima britannica che, secondo il filosofo, fu anche una rivoluzione della concezione dello spazio. L’Inghilterra, da nazione europea immersa nelle lotte per la terra come avvenne nella guerra dei Cent’anni (1337-1453) contro la Francia, divenne nazione “oceanica” cambiando la sua visione dello spazio di azione e instaurando un impero commerciale a cui si sostituì dopo quello americano durante e dopo la Seconda guerra mondiale.
Da segnalare anche le valutazioni sulla trasformazione dell’arte della navigazione: nell’Ottocento la macchina sostituì la vela e con essa cambiò anche il rapporto dell’uomo con il mare, facendo emergere l’aspetto tecnologico che riguarda non solo più la destrezza marinaresca ma anche la produzione industriale. Passaggio che si è riprodotto nei più svariati settore, basti pensare come oggi la tecnologia domini l’umano anche nelle sfere più intime come la procreazione. È questo il frutto di un processo storico, non inevitabile, che nasce anch’esso dalla contrapposizione fra potenze di mare e di terra.
Le riflessioni di Schmitt sono perciò utili, a nostro parere, per cercare di comprendere anche i processi umani che sono alla base della geopolitica del XXI secolo. Buon compleanno Carl!