Marmolada, quanto accaduto ci spinge a interrogarci cristianamente sulle morti improvvise
di Gianmaria Spagnoletti
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PERCHÉ SUCCEDE? DOV’ERA DIO? MA C’ENTRA DAVVERO DIO? DOMANDE DI FRONTE A UNA TRAGEDIA D’ESTATE
Mentre scrivo si sta ancora consumando la tragedia della Marmolada: una valanga di rocce e di ghiaccio ha travolto una grossa comitiva di alpinisti in ascesa, facendo una strage. Attualmente si parla di 7 morti, 8 feriti e 5 dispersi.
Una disgrazia che suscita molte domande. Senza minimamente voler affrontare ipotesi “tecniche” (distacco di ghiaccio, etc..) mi interessa porre un’altra domanda. Di fronte a una tale perdita di vite umane, sicuramente qualcuno si chiederà: «Dov’era Dio sulla Marmolada?». Esattamente come è rimasta famosa la domanda di Elie Wiesel: «Dov’era Dio ad Auschwitz?». Mi torna alla mente quanto accadde negli anni 2016 e 2017, funestati da altre due tragedie: una fu il terremoto che causò la distruzione di Amatrice, l’altra fu il disastro dell’Hotel Rigopiano. Anche in occasione del terremoto e della valanga che travolse l’hotel molti si chiesero il perché di quelle vite spezzate all’improvviso, versando fiumi d’inchiostro sui giornali.
Qualcuno addirittura si spinse a parlare di “karma” perché Amatrice è la patria dell’“amatriciana”, e il sisma avrebbe “vendicato” la morte di tanti poveri animali finiti nel condimento della pasta. Preferisco non commentare una dichiarazione del genere e passare oltre. «Dov’era Dio ad Amatrice?».
E la domanda si può ben fare, visto che le vittime erano persone di ogni tipo ed età: genitori che rimasero senza figli, e bambini che rimasero orfani; persino una famiglia intera venne schiacciata dal campanile piombato sulla casa dove abitavano. Il disastro dell’Hotel Rigopiano, significò la morte di ben 29 persone. È il mistero della sofferenza dell’innocente che si ripete: come Giobbe, che perse tutti i suoi averi e i suoi figli, lasciando senza parole i suoi amici che cercavano chissà quale ragione per le sue disgrazie. Insomma il sisma in Lazio e Abruzzo sconvolse le vite ma anche le menti. Quella benedetta domanda, però, rimane salutare.
Serve preliminarmente chiarire un paio di cose: bisogna uscire dal meccanismo di buona azione = premio / cattiva azione = punizione a cui siamo abituati a pensare. Hai fatto il bravo? Ti do un dolcetto. Non hai fatto il bravo? Vai in punizione dietro la lavagna.
Inoltre: terremoti, valanghe, frane, ecc. sono eventi presenti in natura e sono ineluttabili. Un evento come quello di Amatrice, dell’Hotel Rigopiano, della Marmolada non è stato il primo, e non sarà l’ultimo.
Perché quella gente è morta all’improvviso? Che cosa aveva fatto di male? Nulla! «In quella notte, due saranno in un letto. Uno sarà preso, e l’altro lasciato» (Lc 17,34). E la Scrittura non dice di più. Non spiega qual era quello “buono”, o quello “cattivo”. Non dà ragioni, ma lascia la questione aperta. L’uomo non ha la risposta all’enorme “perché” che la catastrofe gli fa porre. Ne resta privo, come Giobbe seduto sulla cenere.
L’uomo deve riconoscere la sua transitorietà sulla Terra. Per quanti progressi abbia fatto la scienza per allungarci la vita, siamo tutti di passaggio. È l’unica certezza che abbiamo (ma sembra essersi persa per strada): non sappiamo né il “quando”, né il “come”. Questo non è parlare di “punizione” né di “castighi divini”. Torniamo allora alla domanda di Elie Wiesel: «dov’era Dio?». Qualcuno la pone come per dire «Vedi? Dio non c’è». Ma non aggiunge (almeno la conoscerà?), la risposta data dallo stesso Wiesel: «Dio era lì con loro», con chi moriva, ad Auschwitz. O nel terremoto, o nella frana. Dio non ci abbandona nemmeno lì, tanto che persino suo Figlio è morto da innocente (facendosi carico di ogni umana sofferenza) per poi risorgere.
Un santo sacerdote come don Carlo Gnocchi aveva capito la comunanza del dolore innocente dell’uomo con quello di Cristo, facendone la missione della sua vita. Come a ricordarci che questo mondo è la nostra “casa” solo per un po’ di tempo, ma non quella “vera” (il Paradiso), a cui dobbiamo aspirare. Possiamo sperare che a molti di quelli rimasti sotto le macerie, Dio abbia dato una possibilità di ravvedimento, di riconoscere la propria fragilità di uomini, di chiedere perdono per i propri peccati, e (se sopravvissuti) di cambiare vita: «…Quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo» (Lc 13, 1-5).
Per Dio la vita umana ha un valore immenso, e non va mai perduta. «Non vi è un solo passero che muore senza che lo voglia Dio. Ma voi valete più di molti passeri» (Lc 12, 6-7). Guardiamo a questa disgrazia non per chiederci dov’era Dio, ma per deciderci a spendere bene le nostre vite.