Gli aspetti economico-salvifici del mistero trinitario
di Giuliva Di Berardino
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LA SOLENNITA’ DELLA SANTISSIMA TRINITA’
La devozione alla Trinità incomincia nel secolo X, sebbene la tradizione patristica e liturgica non abbia mai ignorato questo mistero. Al contrario, la liturgia intera è impregnata di quel movimento misterioso al quale accenna il vecchio assioma patristico: “Ogni dono salvifico viene dal Padre, per la mediazione del Figlio Gesù Cristo, nello Spirito Santo; e nello Spirito Santo, per mezzo del Figlio, torna al Padre.” L’esempio più chiaro sono le orazioni liturgiche, che si chiudono sempre con la formula: “Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli.”
La festa liturgica della Santissima Trinità si diffonde nel basso Medioevo a partire dall’epoca carolingia. Roma la introduce nel calendario della Chiesa latina nel 1331, durante il pontificato di Giovanni XXII. Dopo la recente riforma liturgica, non deve più essere vista come una «festa di idee» o la festa d’un mistero puramente «concettuale».
La Santissima Trinità è un mistero di vita e di comunione, e non solo un mistero di fede e di adorazione, così come dichiara la preghiera di Colletta nella celebrazione eucaristica:
“O Dio Padre, che hai mandato nel mondo il tuo Figlio, Parola di verità, e lo Spirito santificatore, per rivelare agli uomini il mistero della tua vita, fa’ che nella professione della vera fede riconosciamo la gloria della Trinità e adoriamo l’unico Dio in tre persone”.
L’ammirabile mistero di Dio non è solo l’essere divino: è anche il disegno segreto della sua volontà salvifica (cfr. Col 1,26; Rm 16,25; Ef 3,2.7-11). I due aspetti del mistero sono stati rivelati da Dio mediante il suo Figlio Gesù Cristo (cfr. 1,18) e lo Spirito Santo (cfr. Gv 16,13-15). Quando il mistero è stato conosciuto e vissuto, viene spontanea la professione di fede, l’adorazione e il culto.
Le letture dell’anno A — Es 34,4-6.8-9; 2Cor 13,11-13; Gv 3,16-18 — ci invitano a celebrare due grandi realtà salvifiche. Una è il nome divino rivelato a Mosè (I lett.) e nella missione terrena del Figlio di Dio (Vang.). Questo nome, in quanto espressione della potenza salvifica di colui che lo porta, appartiene anche a Gesù, che è causa di salvezza per tutti coloro che credono in lui (Vang.). L’altra grande realtà è l’amore infinito del Padre (Vang.), manifestato nella compassione per il suo popolo (I lett.) e, più ancora, nel mandare il suo Figlio nel mondo (Vang.). Questo amore è sempre identificabile con lo Spirito Santo, autore della comunicazione della grazia di Gesù Cristo e della carità del padre (II lett.).
Nell’anno B, le letture — Dt 4,32-34.39-40; Rm 8,14-17; Mt 18,16-20 — mettono in risalto l’automanifestazione di Dio nella storia degli uomini attraverso i segni e i prodigi (I lett.) nell’antica alleanza, e attraverso la testimonianza irresistibile dello Spirito del Figlio (II lett.) e la missione degli apostoli (Vang.) nella nuova alleanza. Questa autorivelazione, opera comune alle tre Persone divine, ha come fine il possesso, da parte della creatura umana, dell’eredità promessa (le II lett.). Nell’Antico Testamento, questa eredità fu la terra (I lett.); ora, è la filiazione divina (II lett.), alla quale si accede mediante il battesimo (Vang.).
L’anno C ha una tematica simile: Pro 8,22-31; Rm 5,1-5; Gv 16,12-15. L’esperienza e la conoscenza che l’uomo ha di Dio gli vengono dalla comunicazione della Sapienza divina nella creazione e nella storia d’Israele (I lett.), nella Parola e nella vita di Gesù (II lett. e Vang.) e nell’effusione-donazione dello Spirito Santo (II lett.). La Sapienza divina (Parola e Spirito), che si rivelò nell’Antico Testamento in un modo imperfetto, cede il posto a Cristo, il Verbo incarnato, rivelatore del Padre che invia lo Spirito; e allo Spirito di Verità, che opera nel cuore dei credenti e in tutta la Chiesa.
Come è facile notare, la liturgia della Parola insiste sugli aspetti economico-salvifici del mistero trinitario riguardo alla vita della fede e al culto divino, che non è solo la liturgia, ma anche l’opera dei credenti nel mondo. Ma si notano anche gli aspetti detti immanenti del mistero.
Le prime letture ci parlano del Dio unico d’Israele; i Vangeli contengono le parole di Gesù con te quali egli rivela il Padre, sì presenta come il Figlio uguale al padre e annunzia l’invio dello Spirito.
Da parte loro, le seconde letture raccolgono l’esperienza profonda della filiazione divina adottiva, che ci permette di conoscere l’amore del Padre, la grazia di Gesù Cristo — Dio e uomo — e la comunione dello Spirito Santo.
Una sintesi analoga e una bellissima eco della Parola proclamata la troviamo nel prefazio, uno dei più antichi gioielli eucologici del Messale (secolo V o VI), una sorta di prologo della preghiera eucaristica, riportato al suo posto naturale in questa solennità. Il tema centrale di questa preghiera liturgica è la risposta della fede e dell’adorazione al Dio che si è autorivelato come Padre, Figlio e Spirito Santo.
La proclamazione gioiosa dell’assemblea, per bocca del suo presidente, loda e canta la vera ed eterna divinità, adorando le tre Persone divine di un’unica natura e uguali nella loro dignità. Gli stessi temi, ma, questa volta, in relazione al frutto della partecipazione eucaristica, compaiono nell’orazione dopo la Comunione:
Signore Dio nostro, la comunione al tuo sacramento, e la professione della nostra fede in te, unico Dio in tre persone, ci sia pegno di salvezza dell’anima e del corpo.
La celebrazione liturgica che viviamo insieme come popolo di Dio che celebra la solennità della Santissima Trinità, ci doni l’esperienza profonda di sentirci in comunione con Dio Trinità. E, nella pace danzante dell’Amore Trinitario che fonda la fede cristiana, possiamo davvero sentirci uniti gli uni gli altri e cominciare a vivere nel mondo ad immagine di Dio-Trinità, nella bellezza e nella gioia di sentirci completi solo se in relazione sincera e autentica, disinteressata e benevolente, gli uni verso gli altri.