School is “DAD”
di Gianmaria Spagnoletti
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L’IPOCRISIA DI QUASI TUTTI I SINDACATI CHE FANNO FINTA DI DIMENTICARE CHE DRAGHI E SPERANZA PRIMA HANNO SOSPESO E POI DEMANSIONATI (TRATTANDOLI DA “SOPRAMMOBILI”) I GLI INSEGNANTI CHE NON HANNO ACCETTATO IL VACCINO
Il 30 maggio ha avuto luogo lo sciopero degli insegnanti, bandito dai sindacati di categoria. Nel comunicato stampa si chiedeva, per sommi capi, il rinnovo del contratto bloccato ormai da anni, la regolarizzazione dei precari e l’aumento dei fondi destinati agli stipendi, alla manutenzione e alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, oltre alla diminuzione degli alunni per classe.
Trovarsi davanti a un tale comunicato stampa oggi, a metà del 2022, dà una strana sensazione: in linea teorica è tutto giusto e sacrosanto. Ma in pratica sembra ignorare quanto è successo nel frattempo, cioè durante e dopo la spaccatura tra il mondo pre- e post-virus: i banchi a rotelle, comprati in quantità industriali spendendo 1 miliardo e 300 milioni di euro (fonte: “La Verità” del 31 maggio), mai utilizzati e infine accantonati. Stessa cosa per le mascherine date alle scuole ma rimaste negli scatoloni perché non conformi, e infine mandate all’inceneritore. In totale, tutti i dispositivi di protezione individuale sono costati 9 miliardi di euro, comprensivi anche dei soldi “limati” dai bilanci statali per i costi di stoccaggio del materiale risultato inadeguato e poi smaltito.
E non solo. Il comunicato non parla degli insegnanti trattati come pezze da piedi, umiliati una prima volta per essere stati costretti a “mandar giù” la DAD, poi nuovamente per costringerli ad accettare un vaccino obbligatorio pur di mantenere il posto di lavoro; in caso contrario, prima demansionati e poi trattati da “soprammobili”, visto che viene loro impedito di riprendere in pieno le proprie funzioni. Stesso trattamento è stato riservato agli alunni, costretti a coprirsi la faccia e a essere divisi tra vaccinati e non.
E la telenovela non è ancora finita: si vedano le ultime dichiarazioni sul “valore educativo” (sic) delle mascherine a scuola. Poco importa se il Dr. Anthony Fauci, il Dr. Walter Ricciardi e la stessa OMS abbiano parlato apertamente di inutilità dei dispositivi di protezione facciale. Ogni commento è superfluo. Quindi oltre al danno erariale perpetrato alla scuola e, in fin dei conti, ai cittadini, si trattano i cittadini stessi (insegnanti, ATA o studenti) come ultima ruota del carro. Così, “perché ci va di farlo”. Come scriveva Giuseppe Gioachino Belli: “…Pòzzo vénneve a ttutti a un tant’er mazzo”.
Ci chiediamo, quindi: la “scuola-istituzione”, come la conoscevamo prima, è morta? “School is DAD”, per dirla con un gioco di parole. È diventata una specie di calderone dove vortica un po’ di tutto, specialmente gli insegnanti che devono destreggiarsi fra registri elettronici, “competenze”, “potenziamento”, giornate mondiali di questo e di quello, oltre ovviamente alla preparazione di lezioni e la correzione di compiti dove la tacita regola è “fine orario mai”.
Gli insegnanti dovrebbero fare una sola cosa: insegnare. E invece annaspano in una serie infinita di adempimenti burocratici che tolgono tempo alla loro unica vera mansione. A questo punto non stupisce più che circa la metà degli studenti quindicenni non comprenda un testo scritto, come da dichiarazione (contestata) di Claudio Tesauro, Presidente di Save the Children Italia: la scuola ormai ha perso del tutto la sua funzione educativa per diventare una “cattiva maestra”. Già in altre stagioni della storia d’Italia, tra i banchi veniva somministrata l’istruzione abbinata a un indottrinamento che cambiava a seconda della “narrazione” che andava per la maggiore, e il 21° secolo non fa eccezione: solo che, dopo aver accantonato ideologie rosse e nere, oggi la scuola ha sposato i “nuovi diritti”, l’ambientalismo e il politicamente corretto; e comunque sia, continua a spingere l’omologazione, cioè a castigare ogni tipo di pensiero difforme (ne è un esempio quanto accaduto al reporter Giorgio Bianchi, invitato presso il Liceo “Marie Curie” di Milano).
Il risultato è “La classe degli asini”, la canzone dove Natalino Otto, chiedeva “Sai dirmi dove si trovano i Pirenei?” e un giovanissimo Franco Cerri (il futuro “uomo in ammollo”) rispondeva: “I Pirenei si trovano se si cercano!”. Tuttavia, nemmeno Collodi, che ha inventato il “Paese dei Balocchi” mai avrebbe potuto immaginare che la sua creazione si sarebbe davvero realizzata: un circo sovraffollato di somari, non di rado spalleggiati dai genitori che li “proteggono” da choc come ad esempio le note e i brutti voti degli insegnanti (ma un tale scolaro, da grande, come potrebbe reagire a un rimbrotto di mamma, o del “capo”?). In effetti, il disastro incombeva già da un pezzo, annunciato da parecchi insegnanti (le “Cassandre” della situazione) nei libri dove raccontavano le proprie impressioni. Ora che ormai la scuola è deragliata come una locomotiva con i freni rotti, non resta che ricostruire tutto. Non solo per mezzo di quei docenti che hanno a cuore il loro mestiere (molti, per fortuna) e che dovranno rimettere insieme i cocci, ma anche con l’impegno di quei genitori che hanno deciso di affidarsi alle scuole parentali. Da una parte è vero che è importantissimo saper padroneggiare la materia e la didattica, ma dall’altra si sente la necessità che i propri figli vengano educati senza orpelli ideologici, come ambientalismo o gender. Ecco allora che anche un genitore può occuparsi dell’educazione dei figli, anche “armato” solo di un vecchio libro di testo, posto che, ovviamente, conosca bene la materia da insegnare. In effetti i primi responsabili dell’educazione dei piccoli non sono proprio i genitori? Allora, se la scuola “ufficiale” rischia di ingoiare bambini vivaci per poi restituire solo cittadini ubbidienti, ben venga anche l’extrema ratio della parentale che riscopra i “fondamentali” di una volta: l’insegnamento puro e semplice delle materie scolastiche. Ma ancor più, la formazione di futuri adulti liberi.
”un circo sovraffollato di somari”
Che metafora di cattivo gusto, e altresì trita e scontata (quasi che la ”colpa” fosse degli studenti, i quali hanno solo il torto di subirla, la scuola statale di regime…)
La colpa non è degli studenti, ma della scuola che li lascia senza strumenti. E se non hanno qualcuno che li aiuta a recuperare le lacune non riescono più.