Retorica abortista vs. ragione

Retorica abortista vs. ragione

di Pietro Licciardi

L’ABORTO È UN ANTI-DIRITTO LA CUI IDEOLOGIA PRIVA LE DONNE DEI DIRITTI VERI, COME LA SICUREZZA ECONOMICA E LA FAMIGLIA

Come noto la Corte Suprema degli Stati Uniti sta pensando di mettere in discussione la sentenza del procedimento Roe contro Wade che si è svolto nel 1973 e che ha legalizzato l’aborto nei primi tre mesi di gestazione. Appena diffusa la notizia il mondo abortista si è subito messo in allarme rispolverando il consueto armamentario ideologico. 

Interessante l’articolo pubblicato in Italia dal sito Neodemos a firma di Alessandra Minello in cui si riportano alcuni dati: nel 2018 secondo il Center for Diseases Control and Prevention negli Stati Uniti sono stati praticati 629.898 aborti. Numero tornato a crescere del 2% dopo il calo registrato nell’ultimo decennio. Il 92,7% delle interruzioni della gravidanza è avvenuto entro la tredicesima settimana di gestazione ma un 6,2% sono state eseguite dopo 14-20 settimane e addirittura quasi l’1% oltre le venti settimane; un quasi infanticidio, considerato che i nati prematuri al quinto mese possono essere tenuti in vita.

Prende sempre più piede l’aborto chimico, mediante l’assunzione di farmaci, che nel 2019, ha riguardato il 42,3% di tutte le interruzioni volontarie della gravidanza con un aumento di questa procedura del 10% rispetto all’anno precedente e del 123% rispetto al 2010. Tra le adolescenti è molto alto in numero delle gravidanze che si concludono con un aborto rispetto alle donne adulte (873 e 348 aborti per 1.000 nati vivi tra le adolescenti di età <15 anni e 15-19 anni; 194, 132 e 145 aborti per 1.000 nati vivi tra le donne, rispettivamente, di età 25-29, 30-34 e 35-39 anni).

Ma al di là dei numeri fa riflettere chi e con quale status sociale abortisce di più.

Nel 2019 il tasso di abortività più basso (7 aborti per mille donne) è stato rilevato fra le donne bianche non ispaniche, che hanno anche il più basso rapporto di abortività (117 aborti ogni mille nati vivi). All’opposto, il tasso di abortività delle donne nere non ispaniche è stato quasi il quadruplo (24 aborti per mille donne), e il rapporto di abortività più del doppio (386 aborti per mille nati vivi) rispetto a quello delle coetanee bianche non ispaniche.

Solo il 14,5% delle donne che hanno abortito erano sposate. Tra le coniugate il rapporto di abortività è stato di 46 aborti per mille nati vivi mentre tra le non coniugate è stato di 394 aborti per mille nati vivi. Il 40% degli aborti è stato praticato da donne senza figli. Inoltre, per il 58% si trattava della prima interruzione procurata della gravidanza e per ben il 24% della seconda e non trascurabile la percentuale di ha abortito per la terza volta (11%) o più (7%).

Ancora una volta si ripropone consueto scenario: la parte della popolazione che gode dei maggiori vantaggi economici e sociali (le donne bianche e coniugate) hanno modo di affrontare meglio e con serenità una gravidanza anche se indesiderata, mentre la parte più debole, nel caso specifico le donne nere non coniugate, ricorrono con maggior frequenza all’aborto, praticato anche a ripetizione. 

Ovviamente la conclusione che Neodemos trae è che proibire l’aborto legale causerebbe un aumento di quelli illegali mentre l’unica forma di prevenzione che è in grado di proporre è l’avvio di programmi di educazione alla contraccezione, definita «la vera arma per ridurre il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza».

A parte l’ovvia considerazione che l’aborto con la diffusione delle cosiddette “pillole del giorno dopo” [QUI] e [QUI] tornerà ad essere ancor più clandestino (potendo essere praticato dentro le pareti domestiche e senza il concorso di terzi); a parte l’altra ovvia considerazione che la contraccezione non è che l’anticamera dell’aborto (se per non restare incinta uso contraccettivi, nessuno dei quali è “sicuro” al cento per cento, e scopro di avere iniziato una gravidanza indesiderata cosa mi impedisce di ricorrere all’ulteriore metodo contraccettivo, sicuramente infallibile, come l’aborto?) rimane un’altra ovvia considerazione; ovvia per le persone che ancora sono in grado di ragionare e non per chi è accecato dall’ideologia. 

Cosa è più rispettoso del corpo, dei diritti, e della dignità di una donna: farsi carico del suo disagio sociale ed economico, avviando programmi di sostegno, anche allo scopo di prevenire divorzi e separazioni, che portano con sé più povertà e disagi di ogni genere, oppure lasciare le donne sole con l’unica prospettiva di ricorrere ad un intervento chirurgico che ha pesanti conseguenze sul piano fisico e psicologico?

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