L’Arcivescovo Renna: “gli omosessuali non assicurano il bisogno di paternità e maternità dei bambini”

L’Arcivescovo Renna: “gli omosessuali non assicurano il bisogno di paternità e maternità dei bambini”

di Giuseppe Adernò

INTERVISTA ESCLUSIVA ALL’ARCIVESCOVO DI CATANIA MONS. LUIGI RENNA: «PER COMBATTERE LA MAFIA OCCORRE OPPORLE UNA CULTURA DELLA LEGALITÀ E UN IMPEGNO COSTANTE PER SOTTRARRE “MANOVALANZA” AL GRANDE AFFARE DELLA DROGA»

A due mesi dal suo insediamento nell’arcidiocesi di Catania, chiediamo a mons. Luigi Renna le prime impressioni sulla nuova realtà, molto diversa dalla piccola diocesi di Cerignola dalla quale proviene.
Numerosi sono stati gesti di presenza e di servizio che il nuovo Arcivescovo ha compiuto visitando i carcerati e gli ammalali, incontrando i Sacerdoti dei vicariati, i giornalisti, gli studenti, gli universitari e poi ancora le diverse categorie di lavoratori e di operatori nel sociale a servizio delle Caritas, nelle quali egli stesso ha servito il pranzo. L’abbiamo intervistato per inFormazione Cattolica.

Nel suo primo messaggio alla diocesi Lei si è rivolto, fra gli “ultimi”, anche agli “uomini e donne che approdate dall’Africa sulle coste della Sicilia”. Come affrontare oggi la pastorale degli immigrati, soprattutto di quelli che spesso non si vogliono integrare?

La pastorale degli immigrati richiede uno stile di prossimità che aiuti queste persone a ritrovare fiducia negli altri. Non dimentichiamo che molti di loro vengono da anni di stenti e di violenze, nei quali non hanno mai incontrato umanità. Al lavoro paziente del volontariato, naturalmente, deve seguire ed integrare quello delle istituzioni.

Uno dei maggiori pericoli per gli anziani che si sentono ai margini di una società utilitarista e individualista è quello di essere abbandonati soprattutto nella malattia. Potrebbe rivolgere loro un pensiero d’incoraggiamento?

I nostri anziani hanno il volto di persone che hanno creato con noi legami indelebili: nonni, genitori, zii, amici, docenti, preti e suore. Se pensassimo che all’inizio della nostra identità c’è la relazione che hanno creato con noi queste persone, avremmo meno fretta e aria di sufficienza nei loro confronti. Agli anziani dico: grazie! Per noi siete e sarete sempre importanti.

Anche se di origine pugliese, Lei si è detto affascinato dagli scrittori siciliani, quali conosce e apprezza di più e consiglierebbe anche di riscoprire?

Ho letto Verga, De Robertis, Pirandello, Tomasi di Lampedusa e Sciascia e mi riprometto di conoscere Gerardo Bufalino. Credo che quella siciliana sia la letteratura italiana più importante, negli ultimi due secoli, anche se ha una tradizione che risale alla scuola siciliana dei tempi di Federico II di Svevia. Consiglio di leggere Verga per conoscere le sofferenze di una umanità dolente, e Pirandello e Sciascia per conoscere il cuore umano nelle sue contraddizioni.

Lei ha detto che la terra di Sicilia, come la “sua” Puglia, «ha avuto tante ferite inferte dalla illegalità che ha seminato povertà e morte», ma è anche terra «di uomini e donne tenaci e capaci di versare persino il sangue per la giustizia, la legalità, il futuro dell’isola». Come può combattere un vescovo, e in generale ogni fedele cattolico, la mafia?

Un Vescovo e un credente possono combattere la mafia opponendole una cultura della legalità e un impegno costante per sottrarre “manovalanza” al grande affare della droga. Il nostro compito è arduo. Ma occorre che si creino le condizioni per il lavoro, perché dove c’è precarietà la mafia ha campo libero.

Nella sua diocesi di provenienza si è occupato della scuola di formazione all’impegno socio-politico. Anche in qualità di presidente della Commissione episcopale Cei “per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace”, come rilancerebbe queste iniziative oggi che la presenza politica cristianamente ispirata sembra così poco presente o ininfluente?

Credo che la Chiesa di Catania abbia una bella tradizione di formazione socio-politica: si tratta di rinnovarla e rilanciarla.

Abbiamo letto che ha consigliato dei libri sull’argomento dell’identità di genere e della sessualità. Al di là della saggista in materia, come spiegherebbe ad un giovane di oggi la contrarietà della Chiesa Cattolica alle unioni (e “matrimoni”) gay, alle adozioni per omosessuali, all’utero in affitto, ai rapporti pre-matrimoniali e alla contraccezione?

I temi sollevati dalle domande sono molto vari e richiedono una risposta uno per uno. Mi limito, per ora, ad affermare che la Chiesa non è la “Chiesa dei no”, che proibisce e mortifica, ma è una Chiesa che vuole dire dei “sì” alla vita e alla dignità della persona, rimanendo fedele alla sua missione. Per quanto riguarda, ad esempio, la questione dell’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali, inviterei a riflettere sul bisogno di paternità e maternità nella crescita di una persona: siamo sicuri che lo si possa assicurare anche in una coppia omosessuale? Io inviterei a riflettere su quelle che per la Chiesa sono convinzioni che sono sempre una proposta da accogliere nella libertà.

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