Sospiro di sollievo a Bruxelles ma grane in vista a Parigi
di Diego Torre
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ALL’ANNUNCIO DELLA RICONFERMA DI MACRON ALLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA FRANCESE VON DER LEYEN E DRAGHI SONO STATI I PRIMI A CONGRATULARSI. SANNO BENE CHE UNA VITTORIA DELLA LE PEN AVREBBE COMPORTATO UN GENERALE RIMESCOLAMENTO DI CARTE IN EUROPA
Tutto il mondo ha sentito il sospiro di sollievo che si è levato dall’Europa (quella di Bruxelles) all’annuncio della riconferma di Emmanuel Macron alla presidenza della Repubblica Francese. Il presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen e il premier Mario Draghi sono stati i primi. Sapevano che una sconfitta del presidente-ragazzo (una volta!) avrebbe comportato un generale rimescolamento di carte in Europa, dovuto al fatto che la Francia conserva ancora un certo grado di autonomia nei confronti degli Stati Uniti, conta ancora nel mondo ed è l’unica potenza nucleare dell’UE.
Eppure nonostante il 58% dei suffragi non sia affatto una grande vittoria, Macron ce l’ha fatta. Ce l’ha fatta per la conventio ad excludendum che grava ancora (ma sempre meno come si vede dai numeri) sulla sua diretta antagonista, Marine le Pen, che porta comunque a casa un soddisfacente 42% (ha guadagnato 9 punti rispetto alle presidenziali di 5 anni fa).
Il quotidiano di sinistra Liberation ha evidenziato come Macron sia stato rieletto grazie “al fronte repubblicano che ha di nuovo sbarrato la strada a Marine Le Pen”. Mettiamo anche sul conto un buon 28% di astenuti e due milioni di schede bianche. Aggiungiamo ancora i disordini scoppiati alla dichiarazione dell’esito del voto. Insomma il Macron che esce dalle urne, che perde consensi a destra e a sinistra, è quasi un presidente dimezzato. E dalle elezioni politiche che si terranno in Francia a giugno può uscirne definitivamente malridotto. Insomma un’anatra zoppa come dicono negli Stati Uniti per il loro Presidente privo di una maggioranza al Congresso, come potrebbe avvenire a Biden a novembre.
Anche la Chiesa di Francia ha espresso le sue preoccupazioni per la spaccatura del Paese emersa dall’esito del ballottaggio di domenica. «Questa elezione – ha dichiarato mons. Eric de Moulins Beaufort, presidente della Conferenza episcopale francese – mostra sempre più una sorta di frattura in Francia, che è geografica ma anche tra i ceti alti e bassi. E questo è preoccupante per il futuro del nostro Paese».
Come riportato da un’agenzia cattolica italiana d’informazione, «le sette principali obbedienze massoniche hanno sottoscritto un appello congiunto in vista del ballottaggio per le presidenziali, ricordando al futuro inquilino dell’Eliseo le loro priorità imprescindibili: prima di tutto la lotta alle “pulsioni identitarie”, di qualunque natura esse siano, e poi “attaccamento ai valori della Repubblica, all’ideale umanista universalista, in un’epoca quale l’attuale in cui, dopo la pandemia, l’universalismo è in profonda crisi, pur restando alla base del programma mondialista, ecologista, genderista, immigrazionista, abortista ed eutanasico di agenzie internazionali – i cosiddetti “poteri forti” – quali l’Open Society Foundation di George Soros. Da qui il monito rivolto nel suddetto appello ai “confratelli massoni” circa l’”incompatibilità d’operare nelle logge” e contemporaneamente “di favorire col voto movimenti che predichino odio e discriminazione“, leggasi nello specifico il Rassemblement National di Marine Le Pen» (Corrispondenza Romana, 20.4.2022).
Il primo quotidiano francese Le Monde così sintetizza: «Per Macron una serata elettorale senza trionfo, segnata dal risultato storico dell’estrema destra e dal timore di un terzo turno politico e sociale». Ancora più duro Le Figaro: «la statua di marmo è un gigante dai piedi di argilla» e «Macron lo sa bene e ha subito manifestato la sua preoccupazione sulla necessità di unire: all’ora del suo trionfo non è mai stato così vulnerabile». Infatti il confermato Capo dell’Eliseo si è affrettato a lanciare messaggi d’amore alla sinistra, ai poveri, agli elettori della Le Pen, agli ecologisti, agli astenuti, promettendo cambio di rotta, comprensione, decisioni incisive sui mali che affliggono la Francia, insomma «una nuova era».
Ciononostante tutti i politici europei si sono complimentati con lui, tirando un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo di doversi confrontare con la Le Pen. Infine è arrivato all’Eliseo un telegramma di Vladimir Putin: «Ti auguro un sincero successo nelle tue attività statali, così come ti auguro buona salute e benessere». Lo “zar” spera probabilmente in quel grado di autonomia della Francia che gli permetta di uscire dall’impasse ucraina con un armistizio onorevole. E ci dovrebbe sperare pure Zelensky se non fosse il primo altoparlante europeo di Biden.