La democrazia, priva di valori, è l’anticamera del totalitarismo (aperto o subdolo)
di Don Gian Maria Comolli*
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LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA E IL “SISTEMA” DEMOCRATICO: SOCIETÀ CIVILE E COMUNITÀ POLITICA
Il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa (2 aprile 2004) intraprende la riflessione sulla positività della democrazia con la seguente citazione dell’enciclica Centesimus Annus (1° maggio 1991) di Giovanni Paolo II: «la Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno» (n. 46). La solidità di una democrazia, però, è sempre congiunta al rispetto dei principi dello Stato di diritto e alla retta visione della persona umana.
I rischi che corre una democrazia sono quindi di svilirsi in demagogia, in particolare nel relativismo, cioè quella concezione filosofica che nega l’esistenza di verità assolute, o mette in discussione la possibilità di giungere a una loro definizione assoluta e definitiva. Ma, una democrazia priva di valori, è l’anticamera di un totalitarismo aperto o subdolo, come dimostra la storia.
Ebbene, la democrazia è fondamentalmente un “ordinamento”; quindi uno strumento a volte anche imperfetto e non mai un fine, e il suo carattere “morale” non è automatico ma dipende dalla conformità alla legge morale.
Il Compendio per quanto riguarda la strutturazione di una democrazia riconosce la validità della divisione dei poteri in uno Stato: «è preferibile che ogni potere sia bilanciato da altri poteri e da altre sfere di competenza, che lo mantengano nel suo giusto limite» (n. 408). E l’autorità politica è sempre responsabile di fronte al popolo che ha il dovere di un effettivo controllo che esercita prevalentemente tramite libere elezioni nel rispetto delle scadenze elettorali.
Però, l’obbligo dei governanti di rispondere al popolo, non compromette la libertà d’azione degli eletti che devono possedere la capacità di sintesi e di mediazione per conseguire il bene comune.
Coloro che assumono responsabilità politiche non si impegnano nei confronti dei cittadini unicamente a svolgere dei compiti ma devono anche personalizzare con i loro comportamenti ed atteggiamenti la dimensione morale del ruolo assunto.
Dopo questa fondamentale premessa sul comportamento, il Compendio, sottolinea due gravi fattori che influenzano negativamente il rapporto governanti e governati: la corruzione politica e la burocrazia.
La corruzione politica è uno dei principali ostacoli alla crescita civile ed economica delle nazioni e, purtroppo, nel nostro Paese appare in costante crescita pur assumendo nuove caratteristiche. Tra i molteplici danni che causa, non possiamo sottovalutare la progressiva disaffezione dei cittadini nei confronti della politica e dei suoi rappresentanti, con il conseguente indebolimento delle istituzioni. Anche la burocrazia è un gravoso problema della nostra società, poiché fa scordare che la finalità primaria delle Istituzioni pubbliche e private è il “benessere del cittadino” e, di conseguenza, il rispetto dei suoi “diritti fondamentali”, anche tramite il superamento di alcune rigidità spesso disumane. Ma purtroppo è diffusa la convinzione, a volte trasformata in idolatria, che unicamente sofisticate riforme possano rispondere più efficientemente ed efficacemente alle esigenze dei cittadini. Questo convincimento, però, accresce l’aspetto burocratico: quello da “persona a struttura”, svantaggiando il rapporto “da soggetto a soggetto”, l’unico che offre alle istituzioni un volto umano.
Il Compendio richiama il dovere dei politici, non solo ad interpretare i desideri del popolo al bene comune, ma che questo partecipi responsabilmente. E, tra i molti strumenti, evidenzia il significato del referendum.
Nell’ottica della partecipazione, importante è pure il sistema dei mass media. «La società – afferma in proposito il Compendio – ha diritto ad un’informazione fondata sulla verità, la libertà, la giustizia e la solidarietà» (n. 415). Ciò significa sia la rilevanza del contenuto della comunicazione per il suo alto potere di persuasione, sia la possibilità di accesso, difendendo un reale pluralismo ed evitando concentrazioni editoriali e televisive.
La società civile, cioè l’insieme delle relazioni e delle risorse culturali e associative, relativamente indipendenti dall’ambito sia politico che economico, ha il primato sulla comunità politica essendo questa a servizio dei gruppi e delle persone che la compongono (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1910). Pur essendo reciprocamente collegate e interdipendenti, però, società civile e comunità politica, afferma il Compendio, «non sono uguali nella gerarchia dei fini» (cfr. n. 418).
È importante quindi creare un equo equilibrio che salvaguardi la responsabilità regolativa e di coordinamento dei poteri pubblici offrendo però spazio sociale ai gruppi di volontariato, e più in generale al Terzo Settore, maggiormente propenso allo sviluppo della dimensione sociale della persona, e più competente e preparato nella risposta ai bisogni, in particolare di quelli delle persone più deboli e più vulnerabili.
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*sacerdote ambrosiano, collaboratore dell’Ufficio della Pastorale della Salute dell’arcidiocesi di Milano e segretario della Consulta per la Pastorale della Salute della Regione Lombardia. Cura il blog: www.gianmariacomolli.it.