L’Occidente è già coinvolto nel conflitto ucraino e non dimentichiamo che la Russia è una potenza nucleare
di Giuseppe Brienza
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L’EVOLUZIONE DELLA GUERRA RUSSO-UCRAINA NELL’EDITORIALE DELL’ULTIMO NUMERO DELLA RIVISTA “IL BORGHESE”, DIRETTA DA GIUSEPPE SANZOTTA
Un Biden e un Putin che, ansimanti, si battono per spillare più sangue possibile a un’Europa indifesa. Questa la vignetta di Alessio Di Mauro sulla copertina dell’ultimo numero de “Il Borghese” e sul disegno la scritta: “Braccio di ferro. Ma ad avere la peggio è sempre l’Europa”.
A poco più di un mese dall’inizio della guerra in Ucraina, in effetti, con tutte le conseguenze che ne sono derivate e stanno oscurando l’orizzonte della politica e dell’economia continentale, il direttore Giuseppe Sanzotta apre il suo editoriale osservando come il conflitto in corso non sarebbe stato nemmeno ipotizzabile se fossimo ancora nella Guerra fredda. A quel tempo, infatti, come ricorda Sanzotta, «c’era quel trattato di Yalta a dividere il mondo in sfere di influenza ben precise. L’Occidente assisteva senza far nulla ai carri armati a Budapest o Praga. Dava solo ospitalità a chi fuggiva dal comunismo sovietico. […] Mentre ora che scriviamo in Europa c’è una guerra».
Nell’editoriale di apertura del numero di aprile della rivista pubblicata dall’editore Pagine, il direttore obietta a chi invoca un maggiore coinvolgimento dell’Occidente, che la guerra russo-ucraina «investe una potenza nucleare, la Russia e lambisce i Paesi che fanno parte della Nato. È un conflitto che già ci coinvolge, perché anche noi, pur se, almeno fino adesso (e speriamo che non si vada oltre), con le armi dell’economia, ci siamo dentro. Come dar torto a Putin quando afferma che le sanzioni sono un atto ostile? Anche offrire aiuti e armi agli ucraini non può che essere visto come un coinvolgimento, anche indiretto, nel conflitto» (Giuseppe Sanzotta, L’Europa batta un colpo, Il Borghese, n. 4 – aprile 2022, p. 3).
Segue l’articolo di Italo Inglese che rileva come la guerra sia da leggere non solo come vicenda bellica, perché in questa fase storica ha assunto i contorni di un conflitto tra visioni alternative del mondo. Da un lato l’Occidente che, a causa delle sue attuali classi dirigenti relativiste e pavide, si presenta con il volto della «cancel culture, della political correctness, della retorica dei diritti umani, della fluidità di genere, insomma tutto l’armamentario ideologico che mira a creare un Pensiero unico globale; dal lato russo, invece, la difesa della tradizione, dell’identità e dell’interesse nazionale. La posta in gioco è enorme, ben superiore a una questione di geopolitica o di regolamento di confini».
Il fronte di lotta dei veri non conformisti, quindi, sarebbe oggi quello della contrapposizione al progetto di egemonia ideologica e di omogeneizzazione culturale cui l’europeista Ucraina ha purtroppo aderito, «che si realizza attraverso la negazione del concetto di normalità e l’esaltazione di ogni forma di sua trasgressione, il rifiuto delle frontiere, l’epurazione selettiva della memoria, l’esaltazione dei “benefici” dell’immigrazione e la demonizzazione della critica dei suoi effetti negativi, lo svilimento delle funzioni genitoriali e la riduzione della maternità a funzione appaltabile e commerciabile» (Italo Inglese, La rivincita della storia, p. 21).
Anche l’articolo del filosofo Hervé Cavallera, ordinario di Storia della pedagogia all’Università del Salento, riprende il tema del rovesciamento dell’ordine sociale e simbolico tradizionale e del sovvertimento dei valori storici che le élite laiciste occidentali stanno portando avanti. Nel pezzo, intitolato “Il mondo alla rovescia” (p. 60), si esprime quindi la sensazione che si avverte nel presente anche geopolitico dei popoli, ovvero «che sia in atto, almeno per il nostro Occidente, non un rovesciamento bensì la volontà di annullamento di ogni ordine in sede etica o più genericamente spirituale. Non si tratta, si capisce bene, di un obiettivo capitanato da forze occulte, ma di un dato di fatto che si diffonde per il tramite dei social e delle comunicazioni di massa e che scaturisce proprio dalla libertà che si possiede nel manifestare il proprio pensiero e nel sostenere la legittimità del proprio comportamento qualora non sia espressione di violenza fisica su di altri. È in fondo l’avvento della società dei libertini, tanto auspicata nel Settecento».
Marcello Veneziani dedica la sua rubrica mensile Ultimatum ai due temi opposti e cruciali che l’invasione dell’Ucraina ha fatto riemergere, e cioè «il diritto sacrosanto delle nazioni e dei popoli, solitamente calpestato, e l’ordine mondiale e chi lo decide». Nel pezzo, intitolato “Patrioti ma sotto l’ombrello Nato”, il giornalista e scrittore giudica in fon dei conti positiva la riproposizione di tali questioni, in quanto «fino a poco tempo prima dell’Ucraina, il tema della sovranità nazionale veniva accantonato o lasciato solo ai sovranisti, come una specie di residuo tossico del nazionalismo. È bastata la vicenda dell’Ucraina per esaltare il diritto delle nazioni e per raccontare le eroiche, tragiche, umane storie degli ucraini alle prese coi russi invasori. Una nuova ondata di patriottismo si è levata quindi nella società globale».
Ma chi dovrebbe garantire all’Ucraina quello statuto autonomo e indipendente che spetta ad ogni nazione democratica? Obiettivamente, risponde Veneziani, «l’Onu e gli altri organismi internazionali non sono in grado di porsi al di sopra delle parti e di imporre questo statuto; si tratterà solo di raggiungere un equilibrio tra le forze in campo. Sì, autorità religiose, mediatori “privati”, Stati non schierati; ma nessuno ha la forza per imporre un ordine mondiale» (p. 80).
Per ulteriori informazioni su questo numero della rivista ci si può collegare al sito della casa editrice www.pagine.net oppure chiedere direttamente una copia-saggio scrivendo alla mail: segreteriaredazione.ilborghese@pagine.net.