Il suicidio politico ed economico dell’Europa

Il suicidio politico ed economico dell’Europa

di Pietro Licciardi

L’ATTUALE CONFLITTO STA DIMOSTRANDO ANCORA UNA VOLTA CHE GLI STATI UNITI NON SONO PIÙ UNA GUIDA CREDIBILE PER IL MONDO. L’ASSE POLITICO ED ECONOMICO SI SPOSTA IN ASIA MENTRE NOI EUROPEI DIVENTIAMO UNA PERIFERIA DEL MONDO

Dopo il suicidio culturale e spirituale dell’Europa non poteva che sopravvenire anche il suo suicidio economico e politico. A sancire la dipartita del nostro continente dalla scena mondiale è proprio l’attuale crisi russo-ucraina, la quale ha visto fallire miseramente il tentativo di Stati Uniti, Nato ed Europa di preservare l’indipendenza dell’Ucraina, attirarla nell’orbita occidentale e umiliare politicamente l’odiato Orso russo

Adesso l’unica carta che la Casa Bianca sembra voler giocare è fare dell’Ucraina un altro Afghanistan, come dimostrerebbe l’invio di armi al governo di Kiev, armi per lo più leggere, adatte appunto più ad una guerriglia che a un conflitto convenzionale. Ovviamente a morire saranno russi e ucraini…

Ma questa ultima carta non rimedia al fatto che gli States abbiano di fatto dimostrato la propria inettitudine nella leadership mondiale e spinto la Russia nelle braccia della Cina costituendo di fatto un massiccio blocco il cui perno è in Asia. La Russia ha grandi riserve di materie prime, tra cui gas e petrolio, la Cina capitali, relazioni internazionali e mercati. Ai confini di questo grande blocco economico-politico c’è l’India, altro colosso nascente e potenziale mercato, che in questo momento resta neutrale ma che non mancherà di avvicinarsi a tale blocco una volta calmate le acque, potendo contare sulla mediazione russa nel tenere a bada lo storico avversario cinese.

Questo nuovo contesto internazionale, che vede gli Stati Uniti fortemente ridimensionati, potrebbe anche sancire la fine della cosiddetta globalizzazione, almeno come è stata fin qui pensata, poiché si intravede la formazione di tre grandi blocchi: America, Russia e Cina, India e area sud dell’Asia. A rimetterci su tutta la linea sarà l’Europa, la quale ha ancora estremo bisogno del gas e del petrolio russo, che peraltro continua ad importare. Ne ha talmente bisogno che guerra o non guerra dovrà continuare a farlo ma a caro prezzo. Putin metterà sicuramente in conto il livore antirusso che i governi, compreso il nostro, stanno bellamente mettendo in piazza, i mancati introiti derivati da sanzioni che comunque non potranno essere mantenute ad libitum, le penali per i mancati pagamenti attualmente bloccati e consistenti aumenti sulla bolletta, dato che i nuovi acquirenti del gas siberiano sono disposti a pagarlo molto più di quanto lo stiamo pagando noi.

Si tenga conto che l’Europa non ha le risorse energetiche degli Stati Uniti, che adesso sono costretti ad importare petrolio e gas a causa della politica ambientalista che tanto piace ai democratici ma che in qualsiasi momento possono tornare alla piena autosufficienza energetica raggiunta da Trump, e neppure può contare come in passato sulle risorse africane, continente ampiamente colonizzato dalla Cina, e con una forte presenza Russa. Anche il Medio Oriente sembra aver voltato le spalle agli Stati Uniti e all’Occidente, tanto è vero che a quanto pare il principe saudita, paese alleato dell’America, in questi giorni si sta negando al telefono con Biden mentre ha frequenti contatti con i russi.

Insomma, l’asse geopolitico mondiale sembra essersi spostato stabilmente in Asia con gli Stati Uniti presumibilmente in affanno e non più in grado di presidiare entrambe le sponde oceaniche: Atlantico e Pacifico. L’Europa dunque dovrà fare sempre più conto sulle sue forze sia sul piano della sicurezza – è di questi giorni l’annuncio di un aumento delle spese militari anche per l’Italia – che energetico. Purtroppo l’Unione europea ha ampiamente dimostrato di essere affatto unita e men che meno di essere capace di mettere sul piatto internazionale una politica univoca e lungimirante, il che avrà pesanti conseguenze sul piano economico. Chi potrà aprire nuovi mercati? Nuove vie di approvvigionamento energetico? Inserirsi su mercati lontani come quello asiatico destinati nel breve termine ad una fortissima crescita? 

Anche l’euro cesserà di essere una garanzia dal momento che si sta lavorando a livello internazionale per affossare il dollaro, e se fino ad oggi era proprio l’euro la moneta che aveva sostituito il petrodollaro, domani nessuno avrà più interesse per la moneta di un continente diventato marginale.

Siccome, come tutti sanno, senza energia non c’è sviluppo, non facciamoci abbindolare dalle farneticazioni green stile Great reset perché al momento l’unica fonte energetica alternativa al fossile è il nucleare, che noi italiani abbiamo rifiutato e la Germania sta dismettendo e sul quale è difficile fare marcia indietro dal momento che per costruire una centrale occorrono almeno vent’anni. Solare ed eolico lasciamoli alle fantasie ambientaliste. Per produrre l’energia di una sola centrale tradizionale occorrerebbe un campo immenso di pannelli solari i quali sottrarrebbero all’agricoltura talmente tanto spazio da renderci ancor più dipendenti; se non di petrolio e gas, di cibo. E non parliamo degli enormi problemi derivanti dallo smaltimento dei materiali altamente inquinanti utilizzati per la costruzione di pannelli solari e pale eoliche. In breve: i nodi stanno arrivando tutti al pettine, oltretutto in un momento in cui a governare, non solo a Bruxelles, sono delle personalità completamente avulse dal sentimento e dalle aspirazioni dei popoli che dovrebbero guidare.

Prepariamoci dunque ad un periodo di instabilità, di sommovimenti sociali e di ristrettezze economiche. 

Comunque restiamo ottimisti. Gli europei hanno una dura cervice e se due guerre mondiali non sono riuscite a farci mettere la testa a posto non è detto che questa ulteriore disfatta non segni l’inizio di una rinascita. Può il buon Dio, che ha voluto porre la sua casa a Roma, lasciare che il mondo precipiti nella barbarie, facendo a meno dell’Europa e della sua bimillenaria testimonianza?

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